Con il crollo della produzione a livello internazionale si impennano a +42% i prezzi dell’olio extravergine di oliva che è il prodotto che ha fatto registrare i maggiori rincari nel carrello, seguito dallo zucchero che fa registrare un aumento del 38% e dalle patate che salgono del 26% con il crollo dei raccolti e l’addio ad una patata su quattro. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sui dati Istat sull’Inflazione a settembre che registra anche una decisa frenata dei prezzi al dettaglio delle verdure con l’aumento che scende dal +20,1% del mese scorso al +13,8% a fronte di una sostanziale stabilità della frutta che cresce del +9,6%.
Inflazione, Coldiretti: frenano la corsa i prezzi delle verdure
Sull’aumento dei prezzi dell’olio di oliva pesano i risultati della scarsa raccolta all’estero, in particolare nella penisola iberica che è il primo produttore ed esportatore mondiale in una situazione in cui – spiega Coldiretti – sono straniere 3 bottiglie su 4 consumate in Italia e le importazioni italiane di olio d’oliva dall’estero hanno segnato il record del secolo per un valore di oltre 2,2 miliardi di euro nel 2022 con un incremento di quasi il 20% nei primi sei mesi del 2023 secondo l’elaborazione Coldiretti su dati Istat.
Anche per lo zucchero l’Italia a fronte di un consumo di oltre 1,7 milioni di tonnellate, l’Italia – continua la Coldiretti – ha una produzione di appena 150mila tonnellate, ridotta drasticamente con la chiusura di ben 17 zuccherifici su 19 negli ultimi venti anni, con oltre 4 pacchi su 5 che arrivano dall’estero, le cui quotazioni condizionano l’intero mercato.
A influenzare i prezzi delle patate è il fatto che, a fronte del crollo delle produzioni nazionali, le importazioni di patate straniere – sottolinea la Coldiretti – sono esplose con un aumento del 27% degli arrivi che superano il record del mezzo miliardo di chili nel primo semestre dell’anno. Il risultato – precisa la Coldiretti – è che gli agricoltori italiani hanno registrato un crollo delle produzioni, non compensate da aumenti adeguati dei prezzi all’origine anche per effetto dell’aumento dei costi energetici, mentre i prezzi al dettaglio stanno mettendo in grossa difficoltà i consumatori. Infatti – continua la Coldiretti – a fronte delle quotazioni alla produzione agricola pari in media a 0,54 euro al chilo secondo l’Ismea al dettaglio per i consumatori i prezzi salgono però a valori compresi tra 1,10-2,30 euro al chilo.
Aumentare la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero investendo in innovazione e tecnologia per difendere i raccolti dai cambiamenti climatici, rappresenta – sostiene la Coldiretti – una scelta importante per contenere i prezzi ed alzare la qualità dell’alimentazione. L’opportunità offerta dal Pnrr per l’agroalimentare italiano – evidenzia Coldiretti – va nella direzione auspicata di “raffreddare” il carovita che pesa sulle tasche degli italiani e sui costi delle imprese. Gli accordi di filiera per sostenere la produzione in settori cardine, dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura sono infatti un’occasione unica che – conclude la Coldiretti – non va sprecata per crescere e garantire una più equa distribuzione del valore lungo la filiera, dal produttore al consumatore.
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