Friday 22 November 2024

“L’introduzione dell’euro digitale servirà a garantire concorrenza e privacy”.  E’ quanto riferito dal Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, intervenendo su “The cost of not issuing a digital euro” alla conferenza “The macroeconomic implications of central bank digital currencies” organizzata dal Centre for Economic Policy Research (CEPR) e dalla Banca centrale europea (BCE). Le sue parole:

Panetta: “Introduzione euro digitale servirà a garantire concorrenza e privacy”

“Sono lieto di essere con voi oggi per analizzare gli effetti che le monete digitali emesse dalla banca centrale (Central Bank Digital Currencies, CBDC) possono determinare da un punto di vista sia macroeconomico sia delle politiche pubbliche.

Sono certo che la conferenza stimolerà un intenso dibattito su cosa ci dobbiamo attendere dall’eventuale emissione della moneta digitale di banca centrale.

Ciò nonostante, nel mio intervento vorrei concentrarmi sullo scenario controfattuale, ossia su cosa accadrebbe qualora si decidesse di non emettere le CBDC. Vorrei farlo utilizzando l’euro digitale come esempio. Porrò quindi l’accento sui costi di una eventuale decisione di non emettere l’euro digitale.

Nel corso della storia le trasformazioni monetarie sono scaturite dall’interazione tra innovazione tecnologica, mutamenti nelle preferenze delle persone e cambiamenti nell’assetto istituzionale dell’economia.

Nel primo Rinascimento le città-Stato italiane videro fiorire il commercio e l’innovazione finanziaria. L’introduzione delle lettere di cambio e del sistema delle banche corrispondenti affrancò i mercanti dai pericoli insiti nel trasporto di quantità ingombranti di monete d’oro e di argento e favorì l’avvento di metodi di pagamento più sicuri, che a loro volta agevolarono il commercio internazionale. La copiosa ricchezza delle città-Stato italiane poté quindi creare le necessarie premesse per lo splendore del Rinascimento italiano.

Oggi ci troviamo di nuovo a un punto di svolta nell’evoluzione della moneta. Lo scenario economico sta cambiando in modi inediti. L’innovazione digitale ha inaugurato una nuova epoca, che potrà aprire la strada a enormi opportunità. Questi cambiamenti incidono inevitabilmente sui pagamenti e sulla moneta, che al pari delle nostre economie stanno diventando digitali.

Molte banche centrali in tutte le aree del mondo si stanno preparando a questa nuova era digitale, riconoscendone opportunità e sfide. Esse sono oggi impegnate nello studio di una eventuale emissione di un loro strumento di pagamento digitale da affiancare al contante, compiendo un passo logico nell’evoluzione della moneta di banca centrale.

Un’indagine condotta nel 2022 dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) ha evidenziato che 80 banche centrali delle 86 interpellate (ovvero il 93 per cento di esse) stanno svolgendo attività di qualche natura sul tema della CBDC (attività di ricerca, proof of concept, progetti pilota, simulazioni). Fra di esse vi è la Banca centrale europea (BCE), il cui Consiglio direttivo ha recentemente deciso di avviare la fase di preparazione del progetto relativo alla propria CBDC, ossia l’euro digitale.

Da lungo tempo le banche centrali forniscono mezzi di pagamento affidabili, che rappresentano un bene pubblico e un’àncora di stabilità per il sistema finanziario e monetario. Per quale motivo dunque esse dovrebbero ora rinunciare a svolgere un tale compito nella nuova era ed essere gli unici soggetti a non offrire una versione digitale del loro prodotto?

Vi sono osservatori che rilevano con scetticismo che l’emissione di monete digitali di banca centrale sarebbe di fatto inutile. Alcuni ritengono che l’euro digitale non avrebbe sufficiente successo, ritenendo che esso non potrebbe offrire benefici che i metodi di pagamento esistenti non offrano già. Allo stesso tempo, altri temono che un euro digitale potrebbe invece avere troppo successo ed entrare in competizione con i depositi bancari tradizionali, generando instabilità.

Questi timori di segno opposto richiedono un’attenta valutazione e risposte chiare.

L’euro digitale sarebbe una versione digitale del contante. Esso sarebbe utilizzabile gratuitamente in tutta l’area dell’euro per qualsiasi pagamento digitale, sia online sia offline; assicurerebbe il massimo livello di privacy e consentirebbe agli utenti di regolare i pagamenti all’istante in moneta di banca centrale. Potrebbe essere utilizzato per le transazioni da persona a persona (P2P), presso i punti vendita, nel commercio elettronico e nelle operazioni con le amministrazioni pubbliche. Nessuno strumento di pagamento digitale offre contemporaneamente tutte queste possibilità.

L’euro digitale colmerebbe questa lacuna. Inoltre, le sue caratteristiche impedirebbero che la sua introduzione possa innescare tensioni finanziarie e fornirebbero incentivi adeguati a tutte le parti interessate. Esso contribuirebbe all’inclusione finanziaria promuovendo integrazione, innovazione e resilienza nel mercato europeo dei pagamenti.

Ma voglio soprattutto sottolineare che i timori che vengono talora espressi trascurano un elemento fondamentale.

Valutare i potenziali vantaggi e svantaggi delle monete digitali di banca centrale partendo dall’assunto che in futuro il panorama dei pagamenti non cambierà è altamente fuorviante. Un tale assunto ignorerebbe il fatto che le nostre economie del XXI secolo operano in costante evoluzione, come dimostrano i ripetuti shock tecnologici che hanno interessato vari settori dell’economia – si pensi ad esempio alla rapida diffusione che sta registrando l’intelligenza artificiale generativa. È difficile pensare che il settore dei servizi finanziari sarà risparmiato dalla rivoluzione digitale. A fronte della prevedibile diminuzione nell’uso del contante, le grandi società tecnologiche (le cosiddette Big Tech) hanno già cominciato a espandersi nel mercato dei pagamenti, e stanno rivolgendo la propria attenzione su altri servizi finanziari, facendo leva sull’ampiezza della loro clientela e sul carattere globale della loro operatività. È all’interno di questo quadro che dobbiamo valutare i vantaggi dell’euro digitale.

Oggi esaminerò innanzi tutto le principali carenze del mercato europeo dei pagamenti digitali e il rischio che esse siano esacerbate dal tentativo delle aziende che operano mediante grandi piattaforme tecnologiche di assumere una posizione dominante, utilizzando uno scenario controfattuale in cui l’euro digitale non sarebbe emesso. Spiegherò quindi i benefici che l’euro digitale offrirebbe nell’assicurare un sistema di pagamento digitale competitivo, innovativo, aperto e sicuro, garantendo nel contempo i più elevati standard di tutela della privacy. Esaminerò infine come i potenziali rischi che l’euro digitale potrebbe generare per il settore finanziario possano essere evitati attraverso un’attenta definizione dei suoi presìdi di sicurezza.

Lo scenario controfattuale: la ricerca di una posizione dominante da parte delle società tecnologiche, in mancanza di un euro digitale

La rapida digitalizzazione dei pagamenti è una tendenza diffusa, recentemente resa più rapida dalla pandemia di COVID-19. Nell’area dell’euro la percentuale dei pagamenti effettuati dai consumatori online o mediante dispositivi mobili è triplicata tra il 2019 e il 2022.

È evidente che i consumatori apprezzano l’efficienza e la comodità dei pagamenti digitali. Questa trasformazione, tuttavia, comporta diverse sfide per il mercato europeo dei pagamenti.

I bonifici e gli addebiti diretti paneuropei funzionano grazie a infrastrutture e sistemi di pagamento europei, al contrario di quanto avviene per i pagamenti effettuati con carte e per alcune tipologie di pagamento online, il cui utilizzo sta crescendo molto rapidamente. Ciò significa che, con l’avanzare della digitalizzazione, i pagamenti paneuropei sono in misura crescente nelle mani di operatori esteri, accentuando la nostra dipendenza dalle infrastrutture di pagamento da essi fornite.

Un numero ristretto di società internazionali occupa infatti una posizione dominante nel campo dei pagamenti nazionali e transfrontalieri effettuati con carta e online. Le reti di pagamento gestite dai circuiti di carte internazionali sono utilizzabili esclusivamente mediante i terminali di cui tali circuiti dispongono presso i punti vendita. Questa situazione crea barriere all’ingresso e all’espansione, scoraggiando i potenziali concorrenti dal realizzare nuove reti di pagamento.

Negli anni scorsi la situazione non è mutata, malgrado l’avvio di iniziative di natura regolamentare e l’applicazione di norme a tutela della concorrenza. La decisione, assunta dalle banche europee, di abbandonare i progetti volti alla creazione di un sistema di carte su scala continentale offre una chiara indicazione riguardo alla posizione dominante detenuta dalle società estere. È sorprendente che, secondo analisi recenti, nell’UE il costo medio dei pagamenti effettuati con carta risulterebbe oggi più elevato rispetto al 2015, quando entrarono in vigore le norme volte a contrastare pratiche anti competitive nella fissazione delle commissioni interbancarie (interchange fee regulation). Tra il 2016 e il 2021 le commissioni applicate dai circuiti di carte internazionali sono quasi raddoppiate.

Di conseguenza, data anche la difficoltà di utilizzare il contante nel commercio elettronico, le soluzioni di pagamento che i consumatori hanno a disposizione, seppur ben funzionanti, potrebbero non rispondere appieno alle loro esigenze e preferenze in termini, ad esempio, di privacy e di possibilità di utilizzo a livello paneuropeo.

La situazione attuale comporta inoltre inutili complessità e costi, in quanto i consumatori sono costretti ad avvalersi di molteplici mezzi di pagamento a seconda dell‘operazione da effettuare e della controparte coinvolta. Secondo alcune indagini, i cittadini richiedono la disponibilità di un mezzo di pagamento universalmente accettato in Europa nei punti vendita sia online sia fisici.

Nella sostanza, lo stato attuale del mercato dei pagamenti digitali giustificherebbe già ora l’introduzione di uno strumento di pagamento pubblico, facilmente accessibile, in grado di tutelare la concorrenza, soddisfare le esigenze degli utenti e salvaguardare l’autonomia europea. È probabile che ciò diventi ancora più importante in futuro, in quanto l’ulteriore espansione delle grandi società tecnologiche nel mercato dei pagamenti renderebbe le preoccupazioni che ho precedentemente esposto ancora più intense e pressanti.

In particolare, tre possibili sviluppi meritano un’attenta considerazione.

Il primo è la spinta da parte delle società che operano mediante piattaforme tecnologiche ad assumere una posizione dominante. Queste società si stanno già espandendo nel settore finanziario, alterandone il funzionamento. La logica delle piattaforme si basa sulla vendita congiunta di vari beni e servizi (bundling), inclusi quelli finanziari, con l’obiettivo di ampliare il numero dei propri clienti e incrementare le esternalità di rete. Creando ecosistemi chiusi – i cosiddetti “walled gardens” – tali società limitano di fatto la concorrenza.

Non si tratta di un’idea fantasiosa. L’ipotesi che le piattaforme applichino pratiche discriminatorie al fine di favorire i propri prodotti è già stata al centro di molteplici cause in materia di antitrust. so 2010 la storica causa antitrust europea nota come “guerra dei browser” ha messo in luce la capacità concreta di tali società di limitare la concorrenza. Più di recente, la Commissione europea ha contestato ad Apple la decisione di impedire agli sviluppatori di applicazioni di wallet per pagamenti mobili l’accesso alle componenti hardware e software dei suoi dispositivi, con l’intento di favorire la propria soluzione di pagamento (Apple Pay).

È inevitabile che le piattaforme tecnologiche – forti di un numero di clienti assai ampio e di una elevata capacità di elaborazione di dati – in futuro estendano la propria attività ai servizi finanziari, al fine di attrarre nuovi clienti e con il rischio di ridurre la concorrenza. In Cina le grandi società tecnologiche come Ant Financial e Tencent hanno assunto il controllo dei settori dei pagamenti digitali e del commercio elettronico e offrono già oggi servizi di natura finanziaria. Tra il 2020 e il 2021 il credito erogato dalle grandi società tecnologiche in Cina è aumentato a un tasso medio del 37 per cento, superando di oltre 20 punti percentuali il ritmo di crescita del credito bancario.

Anche le società tecnologiche occidentali costituiscono sempre più una sfida per le istituzioni finanziarie, incluse le tradizionali banche commerciali. Negli Stati Uniti, il nuovo conto di risparmio di Apple, collegato alle sue soluzioni di pagamento, offre interessi 10 volte superiori rispetto alla remunerazione media dei depositi bancari e, dal suo avvio nel mese di aprile, ha raccolto depositi pari a oltre 10 miliardi di dollari. Anche X (in precedenza nota come Twitter) ha in programma di offrire una gamma completa di servizi finanziari e di pagamento. Amazon offre ai propri utenti in tutto il mondo servizi buy-now-pay-later, che consentono pagamenti differiti.

L’altro punto di attenzione connesso con la posizione dominante delle piattaforme tecnologiche è quello relativo alla privacy. Grazie al loro ruolo nei pagamenti, le grandi società tecnologiche hanno accesso a un enorme volume di dati sul reddito, le preferenze e le scelte di consumo dei clienti. Tali informazioni sono cruciali per il modello di attività di tali aziende, basato sui ricavi pubblicitari, sulla vendita di prodotti e servizi ad alta intensità tecnologica e sul commercio elettronico. Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle tecniche legate ai big data, l’incentivo ad accumulare dati è destinato a crescere.

Le forze di mercato da sole non sono in grado di soddisfare la domanda di pagamenti digitali garantendo al tempo stesso livelli di riservatezza socialmente sostenibili. Come ho appena ricordato, l’ampia disponibilità di dati ricavati dai pagamenti consente alle grandi imprese tecnologiche di utilizzare tecniche di determinazione dei prezzi che di fatto applicano condizioni diverse a diversi clienti (price discrimination) effettuare cross-selling dei propri prodotti e incrementare i margini derivanti dai servizi pubblicitari e commerciali.

Anche se la maggior parte dei consumatori non percepisce tali costi indiretti, molti sono diventati particolarmente attenti all’uso dei propri dati personali ottenuti dai pagamenti digitali, come dimostrano i risultati della consultazione pubblica effettuata dall’Eurosistema sull’euro digitale. I consumatori sono inoltre consapevoli del fatto che, in assenza di una forma digitale di contante, essi sarebbero privi di un’alternativa valida che garantisca il livello di riservatezza che essi desiderano.

La terza preoccupazione connessa con il ruolo preponderante delle piattaforme tecnologiche è che esse possano iniziare a emettere strumenti di pagamento digitali, mettendo a rischio il funzionamento del sistema dei pagamenti, la sovranità monetaria e la stabilità finanziaria.

Si tratta di una possibilità concreta, come dimostra la decisione di PayPal – impresa simile alle grandi Big Tech e dotata di una base di 450 milioni di utenti – di lanciare una propria stablecoin denominata in dollari.

L’emissione di valute proprie da parte delle grandi società tecnologiche punterà alla massimizzazione dei profitti piuttosto che al fine di conformare l’offerta di servizi di pagamento all’esigenza di garantire la stabilità monetaria e finanziaria. A seconda dell’entità dell’emissione, le stablecoin possono provocare la frammentazione del sistema dei pagamenti, in quanto i loro prodotti “a circuito chiuso” consentono di effettuare pagamenti soltanto agli utenti che aderiscono ai loro circuiti.

Inoltre, come ho sottolineato in passato, le grandi società tecnologiche – al contrario di quanto farebbe una banca centrale – potrebbero non tenere nel giusto conto il rischio che il loro ingresso nel settore finanziario possa generare discontinuità nell’offerta di prodotti alla clientela o deflussi eccessivi di depositi bancari. Esse potrebbero inoltre imporre modelli di remunerazione dei servizi finanziari non equilibrati e cercare deliberatamente di modificare la struttura del mercato a loro vantaggio.

In altre parole, in assenza di interventi da parte di autorità pubbliche, il ruolo crescente delle piattaforme tecnologiche nei servizi finanziari e di pagamento potrebbe avere un forte impatto negativo sul settore finanziario, destabilizzando il processo di intermediazione oggi prevalente.

Euro digitale: creare un futuro digitale sostenibile

Le misure regolamentari possono contribuire notevolmente a contrastare le ripercussioni negative e a preservare l’integrità del sistema dei pagamenti digitali, sebbene il contrasto delle pratiche anticoncorrenziali nel campo dei pagamenti sia un compito estremamente complesso, che richiederà un riesame degli strumenti disponibili e una cooperazione internazionale rafforzata, data la natura globale del fenomeno.

Dobbiamo tuttavia essere consapevoli del fatto che la normativa da sola non potrà sostituire il ruolo essenziale della moneta pubblica e la fiducia di cui gode.

Pensiamo, ad esempio, all’introduzione delle banconote in euro nel 2002, quando i cittadini europei hanno iniziato a contare, pagare, stipulare contratti e a stabilire i prezziin euro. Senza l’introduzione delle banconote cartacee, l’euro avrebbe potuto essere percepito come un semplice ancoraggio delle valute precedenti a un’unità di conto europea sintetica, e non come una moneta vera e propria, sostenuta da una fiducia solida, che è il fondamento dell’Unione economica e monetaria.

Analogamente, senza l’emissione da parte della Banca centrale europea di una moneta digitale, che svolgerebbe la funzione di unità di conto e di àncora di convertibilità delle diverse forme di moneta digitale privata, si perderebbe agli occhi dei consumatori quel simbolo visibile che collega la moneta allo Stato. Ciò potrebbe compromettere la fiducia nella moneta e, in ultima analisi, la sovranità monetaria.

Inoltre, non è chiaro per quale motivo le banche centrali, con l’obbligo di adempiere il proprio mandato, debbano rimanere inattive di fronte alla digitalizzazione. I cambiamenti che riguardano la moneta e i pagamenti sono al centro dei compiti delle banche centrali. Nel panorama tecnologico odierno esse non possono limitarsi a fornire soltanto moneta cartacea. Hanno la responsabilità di soddisfare le esigenze dei cittadini, che preferiscono sempre di più i pagamenti digitali al contante fisico.

L’emissione di un euro digitale come forma digitale di contante garantirebbe che la moneta pubblica rimanga un’opzione a disposizione di tutti, fornendo uno strumento di pagamento pratico, di portata europea. Fornirebbe inoltre una rete di pagamento alternativa rispetto a quelle gestite dai principali fornitori di carte e soluzioni di pagamento online, rendendo più semplice e meno costoso, per gli intermediari vigilati, offrire nuovi servizi a livello europeo.

A fronte del rischio di potenziali turbative causate da poche grandi società tecnologiche che ambiscono a dominare il mercato dei pagamenti, i vantaggi dell’euro digitale appaiono ancora maggiori. Esso rivestirebbe un ruolo fondamentale soprattutto nel promuovere la concorrenza, tutelare la privacy e rafforzare la stabilità.

Vorrei iniziare dalla concorrenza. L’euro digitale avrebbe come obiettivo l’interesse pubblico, la promozione di standard aperti e volti a creare un sistema a beneficio di tutti, e non invece “walled gardens” al servizio di interessi privati. Esso eviterebbe la creazione di circuiti chiusi, offrendo a tutti i prestatori dei servizi di pagamento (Payment Service Providers, PSP) una piattaforma aperta per l’innovazione, immediatamente scalabile a livello europeo. Attualmente le soluzioni di pagamento innovative disponibili in molti paesi europei incontrano difficoltà nel raggiungere una dimensione paneuropea e ciò genera costi diretti per i cittadini, che non riescono a ottenere i servizi desiderati.

A differenza delle piattaforme digitali e delle soluzioni per i pagamenti elettronici, come Paypal, un euro digitale consentirebbe alle banche di mantenere la propria relazione con la clientela, promuovendo in tal modo l’innovazione nel settore bancario.

La riduzione del potere di mercato determinerebbe, in ultima analisi, minori oneri per commercianti e consumatori. A fronte del minore impiego di denaro contante e dell’espansione della quota di mercato delle società private che offrono pagamenti digitali, l’euro digitale consentirebbe anche alla clientela di beneficiare delle innovazioni in atto. Esso tutelerebbe inoltre il ruolo della moneta di banca centrale, preservando il signoraggio, ossia il profitto realizzato dallo Stato come emittente della valuta – a beneficio di tutti i contribuenti.

Il secondo principale vantaggio di un euro digitale consiste nella capacità di tutelare la riservatezza dei dati utilizzati nei pagamenti digitali. A tal riguardo, un notevole vantaggio è dato dal fatto che l’obiettivo principale del suo emittente – la BCE – è quello di massimizzare il benessere della collettività, non i suoi profitti.

Verrebbero stabiliti dei requisiti rigorosi in materia di privacy, sulla base di uno specifico quadro giuridico: ad esempio, la proposta legislativa dalla Commissione europea garantirebbe che la BCE non abbia accesso ai dati personali degli utenti. I pagamenti offline contribuirebbero anch’essi a tutelare la privacy, in quanto essi non richiederebbero alcuna validazione da parte di terzi, ma adotterebbero un sistema basato esclusivamente sui trasferimenti diretti dall’ordinante al beneficiario.

Il terzo maggiore vantaggio dell’euro digitale consiste nel suo contributo alla stabilità del sistema. A differenza dei problemi che potrebbero derivare dal tentativo delle grandi società tecnologiche di imporsi nel contesto dei pagamenti digitali (e potenzialmente in quello dei servizi finanziari più in generale, in un secondo momento) l’emissione di un euro digitale non causerebbe instabilità nel sistema finanziario. Al contrario, manterrebbe una sana concorrenza nel settore dei pagamenti digitali, promuovendo di conseguenza la tenuta complessiva del settore finanziario.

È importante notare che le caratteristiche con cui l’euro digitale è stato concepito consentirebbero alla BCE di preservare l’equilibrio tra le forme di moneta emessa dai privati – quali i depositi delle banche commerciali – e la moneta della banca centrale. È possibile calibrare alcune caratteristiche (come ad esempio l’ammontare massimo detenibile da ciascun utente sotto forma di euro digitale) al fine di evitare conseguenze indesiderate per la politica monetaria, la stabilità finanziaria e la disponibilità di credito all’economia reale.

Con ogni probabilità, l’eventuale introduzione dell’euro digitale si svolgerebbe con gradualità – come tipicamente avviene quando si introducono nuovi metodi di pagamento – al fine di ridurre il rischio di bruschi deflussi di depositi bancari. Tuttavia, per gestire in modo corretto la transizione e mitigare il rischio di tensioni, l’ammontare massimo detenibile potrebbe essere fissato inizialmente al di sotto del livello di equilibrio, per poi essere aumentato gradualmente fino al raggiungimento di tale livello. In ultima istanza, tale livello massimo non dovrebbe essere né troppo basso da limitare i vantaggi dell’euro digitale come strumento di pagamento, né troppo alto da sollevare rischi di deflussi eccessivi di depositi bancari.

Il massimale detenibile sarebbe determinato sulla base di analisi empiriche approfondite, effettuate mediante modelli teorici in grado di simulare gli effetti di strategie di transizione alternative. Una calibrazione adeguata dovrà inoltre tener conto delle diverse caratteristiche dei mercati bancari degli stati membri e degli intermediari vigilati.

Peraltro, occorre sottolineare che i rischi di fughe dai depositi sussistono già ora, in assenza di una moneta digitale emessa dalla banca centrale. I risparmiatori possono infatti trasferire quantità cospicue di depositi prelevando contante o intervenendo digitalmente, spostando le somme desiderate su un conto detenuto presso un altro intermediario. Le monete digitali di banca centrale potrebbero invece contribuire a ridurre i rischi di corsa agli sportelli. Esse potrebbero fornire informazioni in tempo reale su eventuali massicci deflussi di depositi bancari, consentendo una reazione più tempestiva da parte delle autorità in presenza dei primi segni di tensioni. Ciò contribuirebbe a stabilizzare le aspettative e a rafforzare la fiducia dei depositanti sulla tenuta del sistema.

Conclusioni

I temi da me sollevati sono assai difficili da analizzare mediante i modelli teorici che sono al centro della conferenza odierna. Essi rivestono però un’importanza fondamentale, e vanno tenuti presenti quando si analizzano gli effetti di una moneta digitale di banca centrale sul benessere dei cittadini, sulla crescita economica e sui rischi di instabilità.

Le banche centrali hanno il mandato di garantire la stabilità monetaria e finanziaria, e sono pertanto naturalmente inclini alla prudenza. Ma la prudenza non deve divenire inazione. Il costo economico e sociale di non emettere l’euro digitale potrebbe essere assai elevato.

Le monete digitali di banca centrale determinerebbero vantaggi rilevanti per il mondo dei pagamenti digitali. Con l’ulteriore espansione delle grandi società tecnologiche nel campo della finanza digitale, la disponibilità di moneta digitale di banca centrale, accompagnata da una efficace azione a tutela della concorrenza, rappresenta un elemento indispensabile per garantire una sana competizione e l’efficienza nel mercato dei pagamenti, la tutela della privacy e un ordinato funzionamento del processo di intermediazione finanziaria.

Nello svolgimento dei loro compiti istituzionali, consapevoli delle sfide future, le banche centrali dell’Eurosistema sono pronte ad affrontare – anche con la possibile emissione di un euro digitale – i rischi che la rivoluzione digitale comporta per la stabilità monetaria e finanziaria. Con l’obiettivo di volgere questa complessa fase di transizione a vantaggio del benessere collettivo”.

 

 

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