Il Consiglio nazionale dell’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), nella sua ultima riunione, elegge a grande maggioranza Antonio Di Bella (Varese) nel ruolo di Presidente nazionale in sostituzione di Emidio Deandri (Taranto) – che un paio di settimane fa è stato costretto ad abbandonare la carica per ragioni di salute dopo appena sei mesi dalla sua nomina – e che eserciterà la sua funzione sino al prossimo Congresso associativo che avrà luogo nel 2029.
ANMIL, Antonio Di Bella è il nuovo Presidente Nazionale
Pertanto, sarà lui a rappresentare da oggi l’ANMIL in un momento storico in cui l’Associazione rivendica con forza e determinazione una piena revisione della posizione delle vittime del lavoro e dei loro familiari, sempre più messi in difficoltà dai tagli alla spesa pubblica, dalle politiche dell’INAIL e dalla complessità del Servizio Sanitario Nazionale.
“Sono grato al Presidente Emidio Deandri che mi ha preceduto e so quanto ha sofferto in questi mesi. Ringrazio tutti i Consiglieri nazionali per la fiducia che mi hanno dimostrato e per la disponibilità a operare: farò del mio meglio per svolgere questa carica che mi onora enormemente e per farlo avrò bisogno dell’aiuto di tutti, nessuno escluso. Il cambiamento è iniziato – dichiara Di Bella – e ci impegneremo con tutte le nostre forze per portarlo avanti. Pur nelle difficoltà, interne ed esterne del momento, il dibattito in Consiglio nazionale ha dimostrato la volontà di continuare a operare per preservare e potenziare il ruolo dell’ANMIL nella tutela delle vittime degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, invalidi, orfani e superstiti, e portare avanti tutte le iniziative per la sicurezza e la prevenzione nei luoghi di lavoro la cui necessità è dimostrata anche dai dati relativi al 2024 resi noti dall’INAIL”.
La candidatura di Di Bella è stata proposta dallo stesso Deandri: “Purtroppo le mie condizioni di salute – ha detto il Presidente uscente – non mi consentivano di assolvere alle incombenze quotidiane che la guida dell’ANMIL richiedeva e richiede ed ho comunque accettato di restare nell’esecutivo per continuare a dare, come e quando la situazione me lo consentirà, il mio contributo nel processo di rinnovamento che abbiamo avviato”.
Nato a Viggiù (VA), Di Bella nell’ANMIL ha ricoperto numerosi ruoli e incarichi dirigenziali, dimostrando un impegno ed una dedizione straordinari, che affondano le radici sin dalla sua iscrizione alla Sezione associativa di Varese nel 1996.
È stato nel 1991, appena ventisettenne, che il Presidente è rimasto vittima di un grave incidente, mentre lavorava in un’azienda di lavorazione di serramenti e infissi in alluminio nel varesotto. La sega a nastro, con la quale stava armeggiando, era esposta e il suo movimento continuo non poteva essere bloccato, almeno secondo le indicazioni che gli erano state fornite dal datore di lavoro. Le tipologie di taglio erano determinate dal cambio di un pistone ed è stato proprio durante l’operazione di sostituzione di quel maledetto stantuffo che avvenne l’irrimediabile: la manica della sua giacca fu risucchiata dalla lama dell’apparecchio e con essa gli strappò testualmente l’intero braccio. Da quel momento in poi si dedicò totalmente alla vita associativa.
Grazie alla sua lunga esperienza di volontario in prima linea, è stato prima Delegato comunale e poi in ANMIL ha ricoperto i ruoli di Presidente territoriale, Consigliere regionale e nazionale e Componente di Comitato Esecutivo.
STORIA DI ANTONIO DI BELLA, INFORTUNATO SUL LAVORO
“Era il 3 maggio del 1991. Quel giorno stavo lavorando ad un macchinario per la lavorazione di serramenti e infissi in alluminio – racconta Antonio Di Bella, Presidente nazionale ANMIL -. La sega a nastro era esposta e il suo movimento continuo non poteva essere bloccato, almeno secondo le indicazioni che mi erano state fornite dal datore di lavoro. Le tipologie di taglio erano determinate dal cambio di un pistone ed è stato proprio durante l’operazione di sostituzione di quel maledetto stantuffo che avvenne l’irrimediabile: la manica della mia giacca fu risucchiata dalla lama dell’apparecchio e con essa mi strappò testualmente l’intero braccio. Chi chiamare? Ero solo in fabbrica, sprovvisto anche di un semplice pulsante per lanciare l’allarme, ma a volte nella sfortuna sembra apparire un segno di una inspiegabile provvidenza: casualmente stava passando di lì un mio collega che, accorgendosi della tragedia che si stava consumando, riesce a chiedere tempestivamente aiuto interrompendo il massacro. Della carneficina rimane un dolore disumano e la mano destra penzolante, attaccata all’avambraccio solo da un lembo di pelle, mentre ossa, articolazioni e muscoli sono totalmente lacerati e ormai più inutilizzabili. Avevo 27 anni, una moglie da un anno e tanti sogni spezzati. Oggi, a 33 anni dall’infortunio, ancora continuo la fisioterapia e la terapia psicologica a causa di un’ansia e della depressione post traumatiche da stress e che dal momento della tragedia non mi hanno più abbandonato, nonostante il costante amore di parenti e amici che hanno determinato comunque la mia rinascita di vita. Cosa è mancato perché si potesse evitare l’incidente? Sicuramente l’impreparazione sui rischi della mansione che stavo svolgendo, la conoscenza sulle corrette procedure da attuare, i dispositivi di protezione individuale del macchinario che all’epoca non erano contemplati. Il mio esordio in ANMIL risale a poco tempo dopo l’infortunio. Ho conosciuto una realtà preparata nella gestione delle invalidità da lavoro e un conforto nel relazionarmi con altri soci che portano anche loro sulla propria pelle i segni indelebili di una esperienza tragica. Da lì a poco ho voluto partecipare attivamente alla vita associativa per ricambiare in modo solidale il profondo bene ricevuto”.