giovedì 13 Novembre 2025

MainStreet Partners  ha condotto un’analisi su 1.400 fondi volta a capire come gli asset manager stiano mettendo in atto la sostenibilità.

Analisi MainStreet Partners, Omojola: “L’asset management ridefinisce la sostenibilità”

A presentare i risultati della ricerca è Annie Omojola, Research Analyst di MainStreet Partners: “Negli ultimi dodici mesi abbiamo analizzato oltre 1.400 fondi per comprendere come gli asset manager stiano affrontando concretamente l’ESG e la sostenibilità – spiega Omojola -. I risultati mostrano un mercato in rapida maturazione, dove le strategie tradizionali basate sulle esclusioni restano diffuse ma i temi sostenibili proiettati al futuro e l’innovazione promossa dai dati stanno guadagnando terreno.

Dalle esclusioni alle opportunità

Lo screening negativo rimane l’approccio più comune, adottato da quasi un fondo su tre.

Questi prodotti escludono società coinvolte in settori controversi. Il predominio di questa strategia non sorprende: si tratta di una delle pratiche ESG più antiche e applicate, che fornisce ai gestori un quadro chiaro per limitare i rischi reputazionali e rispettare le richieste minime degli investitori.

Tuttavia, questa strategia è difensiva più che proattiva. Invece di cercare nuove opportunità o promuovere un cambiamento positivo, infatti, si concentra su ciò che non va incluso in portafoglio. È efficace nel ridurre certi rischi ma non persegue attivamente obiettivi di sostenibilità né genera impatti più ampi.

In netto contrasto, gli approcci “Sustainable” e “Thematic”, che insieme rappresentano la seconda quota più ampia, riflettono una mentalità più propositiva. Questi fondi si concentrano su temi come biodiversità, economia circolare, inclusione ed energia pulita, spesso collegandosi agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite. È interessante notare come i fondi con un’esposizione multi-tematica superino oggi quelli focalizzati su un singolo SDG, segnalando un passaggio verso la diversificazione e la generazione di opportunità.

Attivi e passivi, due percorsi verso l’integrazione

Esiste una chiara distinzione tra strategie attive e passive.

Oltre la metà degli ETF e dei fondi indicizzati rientra nelle categorie “Improvement” o “Best-in-Class”. Ciò è logico, poiché l’ottimizzazione si adatta bene a portafogli che possono essere orientati verso società con punteggi ESG elevati, basse emissioni di carbonio o percorsi allineati all’Accordo di Parigi.

I fondi attivi, al contrario, si concentrano più spesso su screening negativi e strategie sostenibili, dove il giudizio qualitativo, la costruzione narrativa e la convinzione del gestore hanno un ruolo più forte.

Per le società di gestione, questo divario apre due percorsi strategici: da un lato, i fondi passivi possono ampliare la propria offerta tematica oltre la semplice ottimizzazione dei punteggi; dall’altro, i fondi attivi possono rafforzare le competenze interne in materia di sostenibilità ed estendere la copertura tematica o geografica.

Quanti fondi sono davvero sostenibili? Secondo il nostro framework proprietario, pochi.

Solo il 20% dei fondi analizzati soddisfa la definizione di sostenibilità di MainStreet Partners.

Per qualificarsi, i fondi devono mostrare un’intenzionalità chiara verso la sostenibilità, una governance efficace, attività di stewardship e risultati concreti, evitando allo stesso tempo pratiche che causano danni significativi.

All’interno di questo gruppo, la maggior parte adotta un approccio ampio agli SDG o multi-tematico, con una forte attenzione ai temi ambientali e climatici. Tuttavia, permangono aree ancora poco esplorate, come l’inclusione digitale, la mobilità sostenibile e la transizione sociale.

Trovare la sostenibilità nei mercati di oggi

L’analisi per asset class racconta una storia interessante.

Il panorama dei fondi sostenibili è dominato dalle azioni Large Cap globali, il che riflette la liquidità e la domanda da parte degli investitori. Tuttavia, la scarsità di opzioni sostenibili in segmenti come obbligazioni governative globali, credito high-yield ed azioni dei mercati emergenti è di natura strutturale.

Nel segmento high-yield, gran parte dell’universo è concentrata in settori come petrolio e gas, carbone, gioco d’azzardo e finanza ad alta leva, spesso esclusi dai mandati ESG e sostenibili, riducendo così le possibilità di investimento.

Sebbene l’emissione di green bond sovrani resti modesta rispetto alla dimensione del mercato obbligazionario globale, sta però crescendo costantemente, il che evidenzia un potenziale di lungo periodo per questa asset class.

Per le azioni dei mercati emergenti (in particolare fondi focalizzati su singoli Paesi come India o Cina), le sfide principali riguardano la trasparenza, la governance e la proprietà statale. Ciononostante, il loro ruolo centrale nella transizione energetica – dalle rinnovabili alle catene di fornitura per veicoli elettrici e infrastrutture verdi – li rende un’opportunità interessante nel lungo periodo. Miglioramenti nella trasparenza e una crescente domanda di diversificazione da parte degli investitori potrebbero progressivamente aprire questi segmenti.

La strada da seguire

L’investimento ESG e sostenibile sta entrando in una nuova fase.

Le esclusioni continueranno a rappresentare la base di partenza ma la differenziazione dipenderà sempre più dall’innovazione – nei temi, nelle asset class e nelle regioni. Per i gestori, il messaggio è chiaro: la sostenibilità non è più solo gestione del rischio ma creazione di valore.

La prossima generazione di fondi sostenibili sarà definita non da ciò che esclude ma da ciò che rende possibile.

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