Nel 2022 i protesti iscritti nel Registro informatico sono stati 255.202, di cui 224.899 cambiali (88,1%) e 30.303 assegni (11,9%).
Istat: in calo il numero dei protesti in tutta Italia, in aumento nel Nordovest. Il ricorso alle cambiali più diffuso nelle Isole
Il loro valore monetario complessivo raggiunge un ammontare superiore ai 242 milioni di euro: circa 157 milioni riguardano le cambiali (64,8%) e circa 85 milioni gli assegni (35,2%).
I soggetti protestati sono 70.860: 50.297 persone (71,0%) e 20.563 imprese (29,0%).
Rispetto al 2021 i valori sono tutti in calo: numero dei protesti -7,7%, valore monetario -11,8%, soggetti protestati -19,0% (di cui persone -18,1%; imprese -21,0%).
Ancora in diminuzione il numero dei protesti
I protesti hanno assunto rilevanza statistica dalla fine degli anni Venti (oltre un milione di protesti l’anno)i , crescendo soprattutto a partire dagli anni successivi alla Seconda guerra mondiale fino a toccare i livelli più alti alla fine degli anni Sessanta (oltre 16 milioni all’anno).
Dai primi anni Settanta iniziano a diminuire, scendono sotto il milione dal 2014 e sotto i 500 mila nel 2018. Nel 2022 sono 255.202 (-7,7% rispetto al 2021 e -78,6% rispetto al 2013, primo anno della nuova serie storica). Negli anni più recenti, focalizzandoci sugli anni della pandemia, il calo è più deciso nel 2020 (-38,7% rispetto al 2019) ed è recuperato soltanto in parte nel 2021 (+9,3% rispetto al 2020).
I dati rilevati in questo biennio vanno però letti tenendo conto dei provvedimenti legislativi sulla sospensione dei termini di scadenza di cambiali, vaglia cambiari e ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva, adottati in risposta all’emergenza sanitaria da Covid-19 .
Per capire meglio l’evoluzione del fenomeno occore dunque attendere la fine degli effetti di tali norme. Nel 2022 il calo ha interessato tutto il Paese, con variazioni rispetto al 2021 che oscillano da -18,8% nel Sud a -1,7% nel Centro; fa eccezione il Nord-ovest che segna un aumento del 4,2%. Il calo si osserva in quasi tutte le regioni con differenze accentuate: da -31,3% in Calabria a -1,8% in Liguria.
Soltanto Lombardia e Lazio hanno variazioni positive (rispettivamente +8,1% e +5,7%). Le cambiali protestate coprono l’88,1% dei protesti (224.899), raggiungono quote più elevate al Sud (98,8%), nel Nord-est (98,6%) e nelle Isole (97,7%) e risultano associate più alle persone (139.732; 62,1% delle cambiali protestate) che alle imprese. Gli assegni sono 30.303, l’11,9% del totale dei protesti, con quote più alte al Centro (27,1%) e nel Nord-ovest (14,9%). Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Province Autonome di Bolzano/Bozen e di Trento non presentano assegni protestati. Diversamente dalle cambiali, gli assegni sono più a carico delle imprese (16.293, il 53,8% degli assegni protestati).
In un’ottica di lungo periodo, la contrazione continua a interessare entrambi i tipi di “effetto”: di più gli assegni (-86,9%) rispetto al 2013, contro il -76,6% delle cambiali. Nel 2022, tuttavia, il calo riguarda esclusivamente le cambiali (-11,6% rispetto al 2021), con fluttuazioni massime al Sud -18,5% e minime nel Nord-ovest -0,3%. Tra le regioni, il calo maggiore riguarda la Basilicata (-30,9%), il minore la Liguria (-1,4%); in controtenza l’andamento della Lombardia (+2,8%).
Gli assegni protestati sono in aumento del 36,7% con una dinamica disomogenea sul territorio. Crescono nel Centro (+52,9%) e nel Nord-ovest (+41,1%), calano nelle Isole (-51,9%), al Sud (-37,9%) e nel Nord-est (-19,6%). Differenziata la situazione regionale: forte crescita nel Lazio (+54,1%), Piemonte (+50,0%) e Lombardia (+41,6%), tendenza opposta nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (-100,0%), Calabria (-90,6%), Friuli Venezia-Giulia (-90,0%) e Umbria (-63,0%).
Rispetto al 2021 diminuiscono soprattutto i protesti associati alle imprese (-22,0% contro -3,5% dei protesti associati alle persone). Il calo riguarda esclusivamente le cambiali per entrambi i soggetti (rispettivamente -27,8% e -5,8%). Gli assegni, invece, aumentano in entrambi i casi, con variazioni più consistenti per quelli associati alle persone (+40,1% contro +17,6).
In aumento i tassi di protesti
Il calo dei protesti dipende da molti fattori. L’utilizzo dei titoli di credito come mezzi cambiari per il pagamento dilazionato di una certa somma di denaro, su base fiduciaria, ha subito sostanziali modifiche legate alla trasformazione dell’intero sistema creditizio.
In particolare, tra le innovazioni informatiche nelle pratiche di pagamento di individui, famiglie e imprese, sono stati introdotti sistemi come le carte di pagamento: carte di credito, carte di debito, carte prepagate, carte a spendibilità limitata. In questo quadro, le cambiali emesse, calcolate sulla base delle marche da bolloiv rilasciate dall’Agenzia delle Entrate, passano da 7.037.318 nel 2021 a 6.175.396 nel 2022 (-12,2%; -45,4% rispetto al 2013, quando erano 11.315.535).
Diminuisce anche anche il tasso di utilizzo delle cambiali: 105 le cambiali emesse ogni 1.000 abitanti nel 2022 contro 119 del 2021 (-11,9%; -44,2% rispetto al 2013, quando erano 188 ogni 1.000 abitanti). Rispetto alla cambiale, l’uso dell’assegno è molto più diffuso, ma anch’esso in calo.
Secondo quanto rilevato dalla Banca d’Italia, gli assegni emessivi passano da 76.150.772 nel 2021 a 67.803.163 nel 2022 (-11,0%; -69,1% rispetto al 2013, quando erano 219.550.952). In confronto al 2021, il tasso di utilizzo degli assegnivii nel 2022 registra una flessione simile a quella delle cambiali: da 1.288 a 1.150 (-10,7%) gli assegni emessi ogni 1.000 abitanti. Sul lungo periodo, la contrazione è più consistente per i tassi di utilizzo degli assegni: -68,4% rispetto al 2013, quando erano 3.640.
Nel 2022 sono protestate 36,4 cambiali ogni 1.000 emesse, nel 2021 erano 36,1 ogni 1.000 emesse (+0,8%). Il tasso di assegni protestati è di 0,4 ogni 1.000 emessi (+53,6% rispetto al 2021, quando erano 0,3). Considerando un arco di tempo più lungo, nell’arco di 10 anni sono però più che dimezzati sia il tasso di cambiali che il tasso di assegni protestati, nel 2013 erano rispettivamente 85,0 cambiali protestate ogni 1.000 emesse e 1,1 assegni protestati ogni 1.000 emessi.
La riduzione della circolazione di cambiali e di assegni e del loro uso non sembra essere sufficiente, da sola, a spiegare la consistente diminuzione dei protesti. La flessione dei tassi delle cambiali protestate è infatti più ampia dei tassi di utilizzo delle cambiali stesse.
Su questa dinamica in ribasso sul lungo periodo dei tassi di cambiali e assegni protestati ha inciso anche l’attività di pubblicità realizzata dal Registro informatico dei protesti – REPRviii e, per gli assegni, anche l’esercizio di controllo da parte di altri organismi, come la Centrale di allarme interbancaria (CAI)ix. L’attività di pubblicità e di vigilanza sui soggetti protestati, infatti, ha lo scopo di tutelare chiunque abbia rapporti economici con il protestato.
Il nome del debitore iscritto nel REPR è pubblico ed è di semplice consultazione da parte di chiunque abbia a che fare con l’eventuale debitore. Inoltre tali servizi di vigilanza per gli assegni comportano effetti più restrittivi per i soggetti protestati in termini di accesso al credito e ai mezzi di finanziamento bancario, rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente in caso di pubblicità del protesto mediante il REPRx .
Più numerose le cambiali nelle Isole ma più protesti nel Nord-ovest
A livello di ripartizione territoriale il ricorso alle cambiali è più diffuso nelle Isole (142 cambiali emesse ogni 1.000 abitanti), seguono Sud e Centro (rispettivamente 123 e 114). A livello regionale le cambiali sono più diffuse in Umbria (188 ogni 1.000 abitanti) e, a seguire, Sicilia (163), Campania (154), Lazio (142) e Veneto (133). Nel Nord-ovest si riscontra il tasso d’uso di cambiali più basso (82 cambiali emesse ogni 1.000 abitanti).
Anche il più alto tasso di cambiali protestate (56,4 ogni 1.000 cambiali emesse) è nel Nord-Ovest, mentre il più basso si osserva nel Nord-est (20,7 cambiali protestate ogni 1.000 emesse) e, in particolare, tra le regioni, nel Veneto (11,5 cambiali protestate ogni 1.000 emesse nel 2022). Gli assegni, anche quelli protestati, sono più diffusi al Centro (1.264 emessi ogni 1.000 abitanti; 1,1 protesti ogni 1.000 assegni emessi, erano 0,6 nel 2021).
A livello regionale gli assegni si utilizzano soprattutto in Liguria (1.628 assegni ogni 1.000 abitanti; 1.896 nel 2021), Sardegna (1.484), Toscana (1.457) e Puglia (1.425). Il Lazio è, invece, la regione con i tassi più alti di assegni protestati (2,5 ogni 1.000 emessi; erano 1,4 nel 2021), seguito dalla Lombardia (1,1).
Nel Nord-est si registrano i tassi più bassi: 890 assegni emessi ogni 1.000 abitanti e sostanzialmente nulli gli assegni protestati. Nello specifico, i più bassi tassi di utilizzo sono nelle Province Autonome di Bolzano/Bozen e di Trento (rispettivamente 152 e 426 ogni 1.000 abitanti). Le Province Autonome e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non presentano assegni protestati. Tassi di assegni quasi nulli in Friuli Venezia-Giulia, Umbria, Marche, Calabria, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria, Veneto, Toscana e Campania.
Cambiali: mancato pagamento soprattutto per mancanza di istruzioni
A partire da questo comunicato l’Istat amplia l’offerta informativa riguardante il fenomeno dei protesti, rendendo disponibili i dati riguardanti la motivazione del mancato pagamento del protesto e il tempo intercorso tra la data di emissione e la data di levata del protesto stesso. La Circolare del Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato n. 3512/C del 30.4.2001 regolamenta le causali di mancato pagamento, distinguendo gli elenchi in “rifiuto pagamento assegni bancari” e “motivi rifiuto pagamento vaglia cambiari e tratte accettate” (e relativi codici). Nel 2022 l’82,9% delle cambiali (186.552) sono protestate perché “Il domiciliatario non paga per mancanza di istruzioni” (codice CM1), con quote comprese tra il 96,0% nel Nord-ovest e il 72,2% al Sud e quote massime in Lombardia (99,1%) e nulle in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste. Per il 6,9% (15.592) e per il 2,3% (5.064) delle cambiali, il protesto è levato, rispettivamente, con i codici CG1 – “Assente/chiuso: lasciato avviso” e CI1 – “Riferirà (familiare, dipendente, portiere, altro)”. La motivazione indicata dal pubblico ufficiale inerente il lasciato avviso raggiunge nelle Isole il 14,8% di tutte le motivazioni, mentre è lo 0,6% nel Nord-ovest. A livello regionale è massima in Basilicata (30,0%), mentre non si è registrata né in Liguria né nella Provincia Autonoma di Trento. Il protesto lasciato ai familiari o altri soggetti è più frequente al Sud (4,8%), con valori più alti in Campania (7,2%).
Assegni: per lo più protestati per “mancanza totale o parziale di fondi”
Nel 2022 il 66,7% degli assegni (20.215) è protestato per “Mancanza totale o parziale di fondi nel momento in cui il titolo viene presentato per il pagamento” (codice A20), cioè per un difetto di provvista, secondo l’Art.2, legge n.386 del 1990, con quote che vanno dal 71,6% nel Nord-est al 55,9% nelle Isole e, a livello regionale, dal 100% delle motivazioni indicate in Friuli Venezia-Giulia al 15,6% di quelle registrate in Calabria. Il 24,0% degli assegni (7.278) è protestato perchè “emesso [dal correntista] in data posteriore a quella di iscrizione in archivio effettuata dal trattatario ai sensi degli articoli 9 e 10-bis, lettera a), della legge n. 386 del 1990” (codice A12), cioè per mancanza di autorizzazione, secondo l’art. 1, legge n. 386 del 1990. Questo codice rappresenta il 28,8% di quelli indicati nelle Isole e il 9,6% di quelli dichiarati nel Nord-est, con quote comprese tra il 46,9% in Calabria e quote nulle in Friuli Venezia-Giulia. Al 4,5% degli assegni (1.362) è levato un protesto poiché reca “una firma di traenza illegibile e non corripondente allo specimen” xi (codice A32). In questo caso si tratta di un assegno recante una firma non riferibile al correntista ma non denunciato come smarrito o rubato. Tale motivo di mancato pagamento segna quote comprese tra il 4,9% nel Centro (dove raggiunge il 10% in Umbria) e lo 0,8% nelle Isole.
Protesto entro un anno dalla sua data di emissione per sei titoli su 10
Nel 2022 il 60,4% dei titoli (154.138) iscritti nel Registro Informatico dei Protesti (REPR) è stato protestato entro un anno dalla sua data di emissione (di questi il 5,6% entro un mese, il 54,8% in un arco di tempo che va da uno a 12 mesi). Al 20,6% e all’8,9% dei titoli (rispettivamente 52.651 e 22.759 protesti) è stato levato un protesto in una data compresa tra 13 e 24 mesi e tra 25 e 36 mesi dalla data di emissione.
Una quota dei titoli iscritti al REPR (pari al 10,0%) risulta protestato in un periodo di tempo che supera i 36 mesi dalla data di emissione. Il tempo che intercorre tra la data di emissione e la data di levata del protesto è differente per tipo di “effetto”. Il dato va letto anche tenendo conto della diversa normativa relativa alle modalità e alla tempistica di utilizzo delle cambiali e degli assegni in caso di mancato pagamento. Per il 55,1% delle cambiali il protesto perviene entro un anno dalla sua data di emissione, il 23,4% tra 13 e 24 mesi e il 10,1% tra 25 e 36 mesi.
Una quota pari all’11,4% delle cambiali iscritte nel REPR è protestata in un periodo di tempo superiore a 36 mesi dalla data di emissione. Tutti gli assegni, invece, sono protestati entro l’anno (in particolare, il 43,4% entro un mese dalla sua data di emissione e il 56,6% in una data compresa tra 1 e 12 mesi). Per le cambiali, il tempo medio intercorso tra la data di emissione e la data di levata del protesto è di 17 mesi, con valori superiori alla media nazionale nel Nord-ovest e nel Nord-est (rispettivamente 19 e 18 mesi) e inferiore al Sud (15 mesi), con fluttuazioni a livello regionale comprese tra un massimo di 22 mesi in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e un minimo di 11 mesi in Molise.
Per gli assegni, il tempo medio tra emissione e levata del protesto è di un mese, senza differenze nelle varie aree geografiche ma con valori inferiori ai 30 giorni nelle regioni Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Puglia e Basilicata.
Nel caso di protesti (cambiali e assegni) associati alle persone, il tempo medio intercorso tra la data di emissione e la data di levata del protesto è di 18 mesi, con valori superiori alla media nazionale nel Nord-ovest e Nord-est (entrambi 19 mesi) e inferiori al Centro e al Sud (rispettivamente 15 e 17 mesi); i valori regionali sono compresi tra i 22 mesi in Friuli Venezia-Giulia e i 12 mesi in Molise.
Quando il protesto è associato a un’impresa, i tempi medi sono più brevi (12 mesi a livello nazionale), con valori superiori nel Nord-est (16), Isole (15) e Sud (13) e valori inferiori al Centro (9 mesi). A livello regionale le differenze sono più marcate: vanno dai 28 mesi in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ai sette mesi nel Lazio.
Il quadro che emerge va osservato tenendo conto che il 2022 risente ancora delle conseguenze dei provvedimenti normativi intervenuti nel 2020 e 2021, in concomitanza della emergenza sanitaria da Covid-19, circa la sospensione e la proroga dei termini di scadenza dei protesti.
In calo il tasso di persone e di imprese protestate
Spostando l’attenzione dai protesti ai soggetti protestati, si osserva innanzitutto una diminuzione dei tassi di persone e di imprese protestate.
Nel 2022 le persone protestate sono 50.297, il tasso di persone protestate è di 0,9 ogni 1.000 abitanti residenti (nel 2021 era di 1 ogni 1.000 abitanti residenti).
Considerando il genere, il tasso di uomini protestati è quasi il doppio rispetto a quello delle donne (1,1 su 1.000 uomini contro 0,6 su 1.000 donne), inoltre diminuisce ma meno rispetto alle donne (nel 2021 era 1,3 per gli uomini e 0,8 per le donne). Sono 20.563 le imprese protestate, 4,5 su 1.000 imprese attive nell’anno precedente (nel 2021 5,9 imprese protestate ogni 1.000 attive).
Il più alto tasso di persone protestate in Campania e di imprese in Calabria
I più alti tassi di persone protestate si registrano al Sud e nelle Isole (entrambi 1,1 ogni 1.000 abitanti; erano, rispettivamente 1,4 e 1,3 ogni 1.000 abitanti nel 2021).
La Campania è la regione dove si osserva il più alto numero di persone protestate rispetto alla popolazione (1,3 ogni 1.000 abitanti); seguono la Calabria e la Sicilia (entrambe 1,2 ogni 1.000 abitanti residenti).
A livello di ripartizione i tassi distinti per genere confermano quanto già osservato per il complesso delle persone: vengono protestati al Sud e nelle Isole, rispettivamente, 1,5 e 1,4 uomini ogni 1.000 e 0,8 donne su ogni 1.000. Nel 2021 erano, rispettivamente, 1,8 e 1,7 per 1.000 uomini e 1,0 su 1.000 donne in entrambe le aree geografichexiii .
A livello regionale i tassi degli uomini protestati sono più alti in Campania (1,8), mentre i valori massimi per le donne si hanno in Campania, Lazio, Calabria e Sicilia (0,9). Il Sud e le Isole segnano il primato anche per quanto riguarda l’alto tasso di imprese protestate, entrambi con 7,7 ogni 1.000 attive nell’anno precedente xiv (anche nel 2021 il Sud e le Isole registravano, rispettivamente, i tassi più alti, con i valori 9,8 e 9,1).
In particolare, tutte le regioni del Mezzogiorno hanno tassi più elevati rispetto alla media nazionale: quello maggiore in Calabria (11,7), seguita dalla Sicilia (8,8) e dalla Campania (8,5). Nel Nord-est si osservano i valori più bassi dei tassi sia di persone protestate (0,5 ogni 1.000 abitanti residenti), sia di imprese (2,3 ogni 1.000 imprese attive).
Nello specifico regionale si riscontrano valori minimi nelle due Province Autonome per i tassi di persone (rispettivamente 0,2 a Bolzano/Bozen e 0,3 ogni 1.000 abitanti a Trento) e di imprese protestate (0,8 per Bolzano/Bozen e 1,4 per Trento).
Tra i protestati prevalgono i maschi, gli italiani e le persone tra 36 e 55 anni
Le persone iscritte nel REPR nel 2022 sono soprattutto uomini (61,4%; 30.901 maschi sul totale di 50.297 iscritti) quota lievemente in aumento rispetto all’anno precedente (+0,7 punti percentuali). L’84,2% del totale dei protestati è nato in Italia (42.332)
Gli stranieri (7.959, 15,8%) provengono in prevalenza da Romania (18,9%), Filippine (8,6%), Marocco (5,9%), Albania (4,5%) e Ecuador (4,0%). Fra i protestati stranieri la quota di donne è più consistente rispetto a quella rilevata fra i protestati italiani (43,4% contro 37,6%) ed è in diminuzione di 2 punti percentuali rispetto al 2021. Il 41% dei soggetti protestati nel 2022 ha un’età compresa fra 36 e 55 anni.
Nel 2021 la stessa classe di età rappresentava circa il 50% dei soggetti protestati. Nel 2022, dunque, rispetto al 2021, si osserva una maggiore distribuzione delle persone protestate nelle altre classi di età. Nel 2022 l’età media del complesso dei protestati è di 49 anni (49 per gli uomini e 50 per le donne).
Risulta leggermente inferiore nel Nord-est (48 anni) e lievemente superiore nel Nord-ovest e al Centro (50 anni). L’età media rimane invariata, rispetto al 2021, per il complesso dei soggetti protestati, mentre registra uno spostamento in avanti sia per gli uomini sia per le donne (nel 2021 era 48 anni per gli uomini e 49 per le donne).
I protestati italiani hanno un’età media di 50 anni (49 per gli uomini e 51 per le donne), mentre i nati all’estero hanno in media 46 anni, con differenze di genere più accentuate (44 anni per gli uomini e 48 per le donne).
In aumento la recidività dei protestati nel corso dell’anno
Nel 2022 il 63,2% delle persone iscritte nel Registro Informatico dei Protesti risulta protestato nel corso dell’anno per più titoli di credito. In particolare, più della metà (54,6%) di tutti i protestati lo è per un numero che varia fra due e sei titoli (27.461). Il 36,8% è protestato per un solo titolo di credito (18.503 persone).
La recidività aumenta nel 2022 di 13 punti percentuali rispetto al 2021. Quasi tutti i protestati nel 2022 (il 99,6%, 50.087 persone) risultano iscritti nel REPR per una sola tipologia di titolo di credito protestato (solo cambiale/tratta accettata o solo assegno).
Fra questi, l’87,8% è protestato per sola cambiale (una o più) e il 12,2% per solo assegno (uno o più). Al 99,1% delle persone iscritte nel REPR (49.845 in valore assoluto) risulta levato uno o più protesti da una sola Camera di Commercio, quota in leggero aumento rispetto al 2021: le persone protestate da più Camere di Commercio erano 2,7% nel 2021, contro lo 0,9% nel 2022.
In crescita anche la recidività delle imprese
Le imprese protestate hanno andamento analogo a quello delle persone. La maggioranza (il 60,1%, ovvero 12.350 su 20.563 imprese protestate nel 2022) è iscritta nel REPR per più titoli di credito protestati nell’anno. Anche per le imprese cresce la recidività nel 2022 (+12,4 punti percentuali rispetto al 2021).
Nel 2022 quasi tutte le imprese presenti nel REPR hanno protesti per una sola tipologia di titolo di credito (98,4%, 20.226 unità). Fra le imprese con uno o più protesti per una sola tipologia di effetto, la porzione maggioritaria riguarda le imprese protestate per sole cambiali (72,0%, 14.567).
La quota di imprese protestate per soli assegni è invece minoritaria (28,0%, 5.659 unità), ma superiore a quella rilevata per le sole persone (pari a 12,2%) e in aumento di 10 punti percentuali rispetto al 2021.
Il 97,8% delle imprese iscritte al REPR nel 2022 (20.118) risulta protestata da una sola Camera di Commercio, quota lievemente superiore rispetto a quella registrata nel 2021 (+1,4 punti percentuali). Tra queste, il 59,2% delle imprese è protestata per più di un titolo di credito (+13,4 punti percentuali rispetto al 2021).
In calo ammontare dei protesti e importo medio di cambiali e di assegni
Il valore monetario dei titoli di credito protestati nel 2022 è di oltre 242 milioni di euro (-11,8% rispetto al 2021; nel 2013 il valore superava i due miliardi e mezzo di euro). Il 64,8% dell’ammontare complessivo protestato interessa le cambiali (circa 157 milioni di euro) e il 35,2% gli assegni (oltre 85 milioni di euro). Il valore monetario è sceso dal 2021 al 2022 più del numero di protesti: rispettivamente -11,8% e – 7,7%. Rispetto al 2013 i cali sono stati rispettivamente -91,0% e -78,6% (in ribasso il valore degli importi medi).
Nel 2022 l’importo medio per titolo di credito protestato è di 949 euro (-4,4% rispetto al 2021; -58,0 rispetto al 2013), con valori molto diversi a seconda del tipo di effetto e dell’area geografica di riferimento. Le cambiali sono protestate per un importo medio di 698 euro (-11,6% rispetto al 2021 e -58,6% rispetto al 2013), con valori che oscillano fra i 419 euro nelle Isole e i 918 euro al Sud. Gli assegni hanno un importo medio circa quattro volte più grande di quello delle cambiali (2.810 euro, -15,4% rispetto al 2021 e -39,4 rispetto al 2013), 2.485 euro nel Centro e 7.784 euro nel Nordest. Gli importi medi scendono se associati alle persone fisiche.
Questo vale per i protesti nel loro complesso (370 euro, -10,4% rispetto al 2021) e distinti per tipo di effetto: 209 euro in caso di cambiali (-19,9%) e 2.501 euro in caso di assegni (-26,4%). Per le imprese, gli importi medi risultano sempre più alti: 1.507 euro per i protesti nel loro complesso (-10,9% rispetto al 2021), 1.240 euro nel caso di cambiali (-15,9%) e raggiungono i 2.640 euro per gli assegni (-17,4%). A livello territoriale, le cambiali nel complesso (sia di persone fisiche sia di imprese) hanno importi medi più esigui nelle Isole (rispettivamente 145 euro e 758 euro) e più alti al Sud (rispettivamente 232 euro e 1.521 euro).
Per gli assegni, gli importi medi più bassi si registrano nelle Isole (1.712 euro) per le persone fisiche e al Centro (2.437 euro) per le persone giuridiche; quelli più corposi al Sud (16.121 euro) per le persone e nel Nord-est (4.911 euro) per le imprese. Gli importi medi elevati degli assegni protestati alle persone al Sud e al Nord-est vanno letti tenendo conto che si riferiscono a un numero esiguo di assegni (79 al Sud e 30 nel Nord-est).
Importi medi più bassi per donne e stranieri
Nel 2022 l’importo medio per persona protestata è pari a 1.104 euro (+5,3% rispetto al 2021), con valori che, a livello di ripartizione geografica di residenzaxv del protestato, variano fra gli 854 euro nel Nord-est e i 1.293 euro al Sud e, a livello regionale, fra i 480 euro del Trentino Alto-Adige (453 euro la Provinca Autonoma di Trento e 521 euro quella di Bolzano/Bozen), seguito da Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (627 euro), Liguria (717 euro) e Friuli Venezia-Giulia (771 euro) e i 1.509 euro della Campania, seguita da Sardegna (1.424 euro), Lazio (1.359 euro) e Basilicata (1.345 euro).
I protesti delle donne hanno un valore medio più contenuto (1.000 euro) rispetto agli uomini (1.170 euro). Per gli stranieri i valori medi scendono ulteriormente (672 euro contro 1.185 euro per gli italiani), con distanze più marcate fra stranieri e italiani nella popolazione maschile (681 euro contro 1.253 euro) piuttosto che in quella femminile (660 euro per le straniere e 1.073 per le italiane).
Importi medi più alti per le persone più anziane e per gli uomini
Gli importi medi più alti sono associati a persone con un’età superiore ai 65 anni di età (2.083 euro), quelli più bassi riguardano le persone fra i 26 e i 35 anni (850 euro), seguite da quelle con un’età compresa tra i 35 e i 45 anni (947 euro). In tutte le classi di età gli uomini vengono protestati per importi medi più alti rispetto alle donne, con divari più consistenti quando hanno un età tra i 56 e i 65 anni. Gli uomini registrano importi medi più bassi solo nella fascia di età 18-25 anni (1.240 euro contro 1.462 euro per le donne).
Sono più bassi gli importi medi per i soggetti iscritti nel REPR per una sola tipologia di effetto (1.086 euro), in particolare se protestati per sole cambiali (652 euro contro 4.220 euro in caso di persone protestate per soli assegni). Per gli individui protestati sia per cambiali e sia per assegni (210 persone in tutto), l’importo medio è circa cinque volte più grande (5.381 euro) e flette dell’1,8% rispetto al 2021.
Alle persone protestate da più Camere di Commercio (452) è associato un importo medio più elevato (3.307 euro nel 2022; +105,1% rispetto al 2021), di quello registrato per le persone mandate in protesto da una sola Camera di Commercio. Per queste ultime l’importo medio è di 1.002 euro se protestate per un solo titolo (+8,3% rispetto al 2021) e 1.133 euro per più titoli (-1,2%).
Imprese protestate: importo medio più alto al Sud e più basso nel Nord-ovest
L’importo medio per impresa protestata nel 2022 è di 3.100 euro (+23,1% rispetto al 2021), con valori che a livello di ripartizione variano fra i 3.769 euro del Sud e i 2.450 euro del Nord-ovest e tra i 4.709 euro dell’Umbria e i 1.610 della Liguria a livello di regione.
Se il soggetto giuridico iscritto nel REPR è protestato per una sola tipologia di titolo di credito, l’importo medio per impresa è di 2.953 euro (+22,1% rispetto al 2021), leggermente inferiore se protestata per sole cambiali (2.383 euro contro 4.421 euro se protestata per solo assegno).
Per i soggetti giuridici protestati per più tipologie di titolo di credito, nel 2022 l’importo medio per impresa è quasi quattro volte superiore, 11.925 euro (+23,6% rispetto al 2021 quando era pari a 9.651 euro).
Nel 2022 l’importo medio per impresa, calcolato sul numero di imprese protestate per le quali sia stato levato un solo protesto da una sola Camera di Commercio nel corso dell’anno, è di 1.675 euro (+29,1% rispetto al 2021). Sale a 3.807 euro nel caso in cui il soggetto sia stato protestato più volte, ma sempre da una sola Camera di Commercio (+2,9% rispetto al 2021), mentre è pari a 10.475 euro, se lo è da più Camere di Commercio (+79,1% rispetto al 2021).