lunedì 8 Luglio 2024

Le imprese italiane si aspettano che i livelli record dell’inflazione continuino per almeno un altro anno, prima di vedere un calo. E’ quanto quanto emerge dall’indagine condotta dalla Banca d’Italia tra il 22 novembre e il 14 dicembre 2022 presso le imprese italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti.

Indagine Banca d’Italia, le imprese si attendono inflazione record a lungo

I giudizi sulla situazione economica generale e sulle proprie condizioni operative nel quarto trimestre del 2022 sono divenuti meno negativi rispetto al periodo precedente. Sono migliorate le attese sulla domanda nei prossimi mesi, sia totale sia estera, anche se le imprese continuano a segnalare difficoltà connesse con l’incertezza economica e politica e con gli elevati prezzi dell’energia.

L’accumulazione di capitale proseguirebbe nel 2023: le valutazioni di peggioramento delle condizioni per investire restano ampiamente superiori a quelle di miglioramento, ma il saldo negativo si è dimezzato rispetto alla precedente rilevazione.

L’occupazione continuerebbe a crescere nel primo trimestre dell’anno. Le attese sull’inflazione al consumo sono ulteriormente aumentate, raggiungendo l’8,1 per cento sui 12 mesi e attestandosi rispettivamente al 6,7 e al 5,7 per cento sugli orizzonti a 2 anni e tra 3 e 5 anni. La dinamica dei prezzi praticati dalle imprese rimarrebbe sostenuta nei prossimi 12 mesi, pur in attenuazione nelle costruzioni e soprattutto nell’industria in senso stretto. Sarebbe ancora sospinta principalmente dai rincari degli input produttivi e dalle più elevate attese di inflazione.

Nello scorcio del 2022 la quota di imprese che considera la situazione economica generale peggiore rispetto al trimestre precedente è diminuita al 47,0 per cento (da 77,9), largamente in favore dei giudizi di stazionarietà; il saldo tra risposte di miglioramento e peggioramento è risalito a -40,7 punti percentuali (Tavola 1). Ciò nonostante, permangono prospettive di una congiuntura debole: la grande maggioranza delle imprese (86,1 per cento) assegna una probabilità nulla o inferiore al 25 per cento alla possibilità che il quadro economico generale si evolva positivamente nel primo trimestre del 2023.

Il saldo fra le attese di miglioramento e di peggioramento delle condizioni operative nei prossimi tre mesi è passato a -17,6 punti percentuali, da -49,2 nella precedente rilevazione (Figura 1). Il miglioramento è diffuso fra aree geografiche e settori; è particolarmente marcato tra le imprese edili che operano nel comparto residenziale, per cui il saldo si è sostanzialmente azzerato (0,9 da -37,8). I principali ostacoli alle prospettive di crescita continuano a essere l’incertezza imputabile a fattori economici e politici e gli elevati prezzi dei beni energetici. Il saldo delle attese sulle proprie condizioni operative a tre anni è aumentato considerevolmente dai livelli storicamente bassi della precedente rilevazione (a 37,4 punti percentuali da 11,7).

Per il 41,6 per cento delle imprese nel quarto trimestre del 2022 i rincari energetici hanno arrecato difficoltà analoghe o superiori rispetto ai tre mesi precedenti (da 54,9 nella precedente rilevazione). I problemi rimangono più rilevanti per le aziende edili (60,0) e dell’industria in senso stretto (44,9) rispetto a quelle dei servizi (36,4). Per effetto degli elevati costi energetici, quasi due imprese su tre intendono alzare i prezzi di vendita nei prossimi tre mesi. L’aumento sarà di intensità marcata secondo, rispettivamente, il 10,2, il 10,8 e l’8,6 per cento delle imprese nei tre comparti (da 20,5, 26,5 e 14,9 nella rilevazione precedente). I problemi di approvvigionamento di materie prime e di input intermedi hanno interessato il 52,6 per cento delle aziende; rispetto al trimestre precedente la quota è in calo in tutti i settori.

Per le imprese industriali e dei servizi, i giudizi di miglioramento e di peggioramento della domanda complessiva nel quarto trimestre si sono equivalsi (il saldo è pari a -0,2 punti percentuali, da -3,7; Figure 2.1 e 2.2); per la domanda estera il saldo è lievemente salito (a 3,0 punti percentuali da nullo), rimanendo però su valori bassi. Per il primo trimestre del 2023, si attende un incremento delle vendite: le imprese che prevedono un aumento della domanda totale ed estera sono, rispettivamente, 10,4 e 15,1 punti percentuali in più di quelle che ne prefigurano una riduzione (i saldi erano negativi nella precedente rilevazione). Nelle costruzioni sono invece migliorati i saldi relativi all’andamento della domanda sia corrente (12,3, da 8,4; Figura 2.3) sia attesa (22,3 da 15,0).

Il saldo tra giudizi di miglioramento e peggioramento delle condizioni per investire nel quarto trimestre è rimasto ampiamente negativo, ma si è dimezzato rispetto alla precedente rilevazione (a -30,2 punti percentuali; Figura 3). Le condizioni di accesso al credito sono ritenute stabili da circa i tre quarti delle imprese, a fronte di un peggioramento per il 21 per cento (come nel trimestre precedente), mentre la posizione complessiva di liquidità è valutata sufficiente o più che sufficiente da oltre il 90 per cento del campione.

Nonostante i giudizi sfavorevoli sulle condizioni per investire, il saldo fra previsioni di aumento e diminuzione della spesa per beni capitali è rimasto positivo in tutti i settori segnalando una prosecuzione dell’accumulazione (13,8 punti percentuali, come nella scorsa rilevazione riferita al 2022). Nel primo semestre del 2023 la spesa per investimenti aumenterebbe rispetto al semestre precedente per circa il 37 per cento delle imprese, una percentuale più che doppia di chi ne prevede una riduzione (16,8 per cento).

La quota di imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi che prevedono di espandere il numero di addetti nel primo trimestre del 2023 è risultata superiore di 11,0 punti percentuali a quella di chi ne prefigura una riduzione, in miglioramento rispetto alla rilevazione precedente; nel comparto delle costruzioni la quota è rimasta sostanzialmente invariata (a 11,8 punti percentuali).

Le attese sull’inflazione al consumo sono cresciute in misura marcata sui diversi orizzonti di previsione, raggiungendo in tutti i comparti i livelli massimi dall’inizio della rilevazione nel 1999. Il tasso atteso di inflazione al consumo si attesta, in media, a 8,9 per cento tra sei mesi (da 7,5 nella precedente rilevazione), a 8,1 tra 12 mesi (da 6,9), a 6,7 tra 2 anni (da 5,7) e a 5,7 su un orizzonte compreso tra i 3 e i 5 anni (da 4,9). Sulla dinamica delle aspettative ha plausibilmente inciso il concomitante forte incremento dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo nei mesi finali dello scorso anno.

Rispetto a un anno prima, i listini sono stati rivisti al rialzo dell’8,4 per cento in media nell’industria in senso stretto (da 9,3 nella precedente rilevazione), del 3,6 nei servizi (da 3,0) e del 6,3 nelle costruzioni (da 6,8). Nelle attese delle imprese la crescita dei prezzi di vendita si attenuerebbe nei prossimi 12 mesi nell’industria (al 4,1 per cento da 6,1) e nelle costruzioni (al 5,3 da 6,5), mentre si accentuerebbe nei servizi (al 3,9 da 3,7). A questi ulteriori aumenti contribuirebbero principalmente i rialzi dei prezzi delle materie prime e l’andamento delle aspettative di inflazione, seguiti dal maggior costo degli input intermedi e del lavoro.

 

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