Mettendo a confronto i costi energetici delle piccole con quelli delle grandi imprese, emerge un differenziale โspaventosoโ che penalizza enormemente le prime. Se per le bollette dellโenergia elettrica gli artigiani, gli esercenti, i negozianti e i piccoli imprenditori pagano il 55 per cento in piรน delle grandi industrie manifatturiere e/o commerciali, per quelle del gas addirittura il doppio. A denunciarlo รจ lโUfficio studi della CGIA. Con i prezzi di luce e gas che da tre anni a questa parte hanno subito degli aumenti importanti, perdura la penalizzazione nei confronti delle realtร produttive di piccola e piccolissima dimensione che, ricordano dalla CGIA, quelle con meno di 20 addetti, ad esempio, costituiscono il 98 per cento delle imprese presenti nel Paese. Sono tante, ma anche in termini occupazionali giocano un ruolo da protagoniste; al netto dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, infatti, danno lavoro al 60 per cento circa degli addetti presenti in Italia.
Bollette gas, Cgia: le piccole imprese pagano il doppio delle grandi
Va comunque sottolineato che il divario di costo tra grandi e piccole imprese รจ sempre esistito e tale situazione รจ presente anche negli altri Paesi europei. Tuttavia, a differenza dei nostri principali competitor commerciali dโOltralpe, il peso delle piccole imprese italiane sullโeconomia nazionale non ha eguali. Pertanto, la penalizzazione delle nostre micro e piccole aziende รจ la piรน โinsopportabileโ dโEuropa.
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Il divario sul gas
Nel 2024 le piccole aziende hanno pagato il gas mediamente 99,5 euro a Megawatt-ora (MWh) e le grandi 47,9 euro. Rispetto al 2022[1], quando il differenziale era del 33 per cento, negli anni a venire la forbice รจ tornata ad allargarsi, sebbene i prezzi della materia prima siano scesi. Resta inteso che anche negli anni che hanno preceduto lโinizio delle ostilitร tra la Russia e lโUcraina, il disallineamento era molto rilevante, ancorchรฉ il prezzo di mercato della materia prima fosse molto piรน basso di adesso (vedi Graf. 1). Rispetto ai nostri principali concorrenti commerciali, solo la Francia presenta un costo del gas, pari a 103,9 euro al MWh, superiore al nostro. Germania (95 euro) e soprattutto la Spagna (48,5 euro) beneficiano di costi inferiori. Per le nostre grandi imprese, invece, il confronto รจ meno impietoso; solo in Germania il costo del gas รจ superiore al nostro (vedi Tab. 1).
โข Il differenziale sullโenergia elettrica
Lโanno scorso lโenergia elettrica รจ costata alle piccole aziende italiane 218,2 euro al MWh, contro i 140,4 euro al MWh che sono stati pagati dalle realtร piรน grandi. Come per il gas, negli ultimi anni anche le bollette della luce hanno visto aumentare la forbice tra grandi e piccole imprese. Nonostante i costi record, nel 2022 i prezzi erano allineati, successivamente il gap รจ continuato ad aumentare, cosรฌ come era avvenuto prima dellโinizio della guerra nellโEst Europa. Nei confronti dei piรน importanti paesi europei, solo le piccole imprese della Germania pagano piรน delle nostre, mentre le grandi imprese italiane subiscono un prezzo pressochรฉ uguale a quello tedesco, ma ben superiore ai costi subiti da tutti gli altri.
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Perchรฉ i piccoli pagano troppo
In Italia a gonfiare i prezzi delle bollette della corrente delle imprese sono, in particolare, i costi di rete (trasporto e gestione del contatore), le tasse e gli oneri di sistema[2] che nelle piccole aziende hanno una incidenza pari mediamente al 40 per cento del costo totale. Una quota che nelle grandi imprese scende al 17 per cento. Certo, ci sono anche delle ragioni oggettive che โgiustificanoโ questo gap di costo.ย Le industrie, ad esempio, comprano lโenergia in grandi volumi, spesso si avvalgono di broker che sono in grado di negoziare tariffe piรน basse con i fornitori. Tendenzialmente, le piccole imprese, invece, acquistano poca energia e non hanno molto margine di trattativa. Inoltre, le componenti fisse (come il trasporto, gli oneri di sistema, le accise, etc.), pesano di piรน sul consumo delle piccole imprese, che, a differenza delle grandi, usano meno energia ma pagano comunque quote fisse elevate.
Va altresรฌ sottolineato che le grandi aziende energivore hanno agevolazioni fiscali e sconti su accise e oneri, riconosciuti per legge. Al netto di situazioni straordinarie, raramente le Pmi rientrano in queste categorie e acquistando lโenergia a prezzi di mercato, sono soggetti alle oscillazioni di prezzo, mentre le realtร di grandi dimensioni possono stipulare contratti pluriennali piรน stabili. Le piccole imprese, infine, sono piรน diffuse sul territorio di quelle di maggiore dimensione, anche in zone meno servite, e ciรฒ puรฒ contribuire a far aumentare i costi di distribuzione.
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I settori a rischio blackout
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I rincari delle bollette riguardano, in particolare, i settori energivori. Per quanto riguarda il consumo del gas, segnaliamo le difficoltร che in questi ultimi anni hanno colpito i comparti del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, lโalimentazione, la chimica etc. Per quanto concerne lโenergiaย elettrica, invece, rischiano il blackout le acciaierie/fonderie, lโalimentare, il commercio (negozi, botteghe, centri commerciali, etc.), alberghi, bar-ristoranti, altri servizi (cinema, teatri, discoteche, lavanderie, etc.).
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Tremano molti distretti produttivi
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Le difficoltร , fa sapere lโUfficio studi della CGIA, colpiscono molte imprese e conseguentemente anche tanti distretti produttivi che continuano a essere il motore dellโeconomia e dellโexport del Paese.
Dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina a soffrire tremendamente i rincari dei costi energetici sono stati:
- il cartario di Lucca-Capannori;
- le materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova;
- i metalli di Brescia-Lumezzane;
- il metalmeccanico del basso mantovano;
- il metalmeccanico di Lecco;
- le piastrelle di Sassuolo; la termomeccanica di Padova;
- il vetro di Murano.
Per adesso, segnali di un drastico peggioramento della situazione non ce ne sono, ma se le tensioni geo-politiche in corso dovessero precipitare, con una conseguente impennata dei prezzi delle materie prime, non รจ da escludere che queste realtร manifatturiere sia destinate a scivolare verso lโennesima crisi economica.
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Oltre 5 milioni di italiani in povertร energetica (PE). La metร รจ al Sud
Altra conseguenza drammatica riconducibile agli effetti del caro bollette รจ la condizione di difficoltร in cui versano molti italiani. I dati 2023 dellโOsservatorio Italiano sulla Povertร Energetica (OIPE)[3] sono evidentissimi. Quasi 2,4 milioni di famiglie italiane si trovano in povertร energetica (PE). Stiamo parlando di 5,3 milioni di persone che vivono in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate dโinverno, poco raffrescate dโestate, con livelli di illuminazione scadenti e con un utilizzo molto contenuto dei principali elettrodomestici bianchi[4]. I nuclei familiari piรน a rischio sono costituiti da un elevato numero di persone, che si trovano in condizioni di disagio economico e le abitazioni in cui vivono sono in cattivo stato di conservazione. A livello territoriale la situazione piรน critica si verifica in Calabria, dove il 19,1 per cento delle famiglie, composte da quasi 349mila persone, si trovava in condizioni di PE. Seguono la Basilicata (17,8 per cento) il Molise (17,6 per cento), la Puglia (17,4 per cento) e la Sicilia (14,2 per cento). Le regioni, invece, meno interessate da questo fenomeno sono il Lazio (5,8 per cento del totale delle famiglie), Friuli Venezia Giulia (5,6 per cento) e, in particolare, Umbria e Marche (entrambe con il 4,9 per cento). Due anni fa, il dato medio nazionale era pari al 9 per cento (vedi Tab. 3). Lโelaborazione dellโUfficio studi della CGIA ha consentito di mettere a confronto i risultati del 2022 con quelli del 2023 (vedi Graf. 3).
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Identikit del capofamiglia in PE: disoccupato, pensionato o lavoratore autonomo
Le principali condizioni professionali del capofamiglia che si trova in PE sono, in linea di massima, tre: disoccupato, pensionato solo e in molti casi, sottolinea la CGIA, quando lavora lo fa come autonomo. Va infine sottolineato che i nuclei piรน a rischio PE, soprattutto nel Sud, sono quelli che utilizzano il gas quale principale fonte di riscaldamento. Coloro che
invece utilizzano altri combustibili (bombole a gas, pellet, gasolio, legna, kerosene, etc.), presentano valori percentuali di rischio piรน contenuti. Nel ricordare che in Italia il 70 per cento circa degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, ovvero non ha nรฉ dipendenti nรฉ collaboratori familiari, moltissimi artigiani, tantissimi piccoli commercianti e altrettante partite Iva hanno pagato due volte lโimpennata delle bollette di luce e gas verificatasi negli ultimi tre anni. La prima come utenti domestici e la seconda come micro imprenditori per riscaldare/raffrescare e illuminare le proprie botteghe e negozi.