Nel 2022 la retribuzione lorda annua per dipendente, ricondotta ad anno intero e tempo pienoi, è pari in media a 37.302 euro.
Le lavoratrici dipendenti guadagnano 6mila euro in meno dei lavoratori (33.807 euro contro 39.982). Lo comunica l’Istat.
Stipendi 2022, Istat: “Divario salariale di genere, le donne guadagnano in media il 5,6% in meno degli uomini”
La retribuzione annuale risulta massima, pari a 38.760 euro, nel comparto dell’Industria in senso stretto e raggiunge il valore minimo di 32.202 euro nel settore delle Costruzioni.
Nelle unità economiche a controllo pubblico (controllo economico prevalente di tipo pubblico) la retribuzione lorda annua è pari a 39.670 euro e in quelle a controllo privato (controllo economico prevalente di tipo privato) è di 36.034 euro.
Anche con riferimento alla retribuzione media oraria (riferita al mese di ottobreii), pari a 16,4 euro, le donne vengono retribuite circa un euro in meno rispetto agli uomini (rispettivamente 15,9 e 16,8 euro).
Il differenziale retributivo di genere (Gender Pay Gap o GPG), calcolato come differenza percentuale tra la retribuzione oraria media di uomini e donne rapportata alla retribuzione oraria degli uominiiii, nel 2022 è pari al 5,6%.
Le retribuzioni orarie più elevate (19,6 euro sul totale, 18,6 per le donne e 21,2 per gli uomini) si registrano nel macrosettore degli Altri servizi e sono dovute alla presenza, al suo interno, del settore dell’Istruzione (che occupa circa un terzo dei dipendenti del macrosettore) dove, per il personale docente, il numero di ore di servizio (nominale) risulta particolarmente bassoiv. Le Costruzioni sono invece il settore con le retribuzioni orarie più basse (13,7 euro) sia per le donne sia per gli uomini (rispettivamente 13,1 e 13,8 euro).
D’altra parte il GPG raggiunge i valori più elevati nei Servizi di mercato (il 14,1%) e nell’Industria in senso stretto (il 13,2%).
Infine, la retribuzione oraria è di 20,4 euro nelle unità economiche a controllo pubblico e di 14,4 euro in quelle a controllo privato.
Divari retributivi per livello di istruzione più marcati tra gli uomini
La retribuzione media annua cresce all’aumentare del titolo di studio del lavoratore, in tutti i settori di attività economica e indistintamente per uomini e donne (Figura 1).
Rispetto a un lavoratore che possiede al più un livello di istruzione secondaria inferiore (in passato la licenza media), chi possiede il titolo di istruzione secondaria di secondo grado (diploma) percepisce il 18,5% in più e il divario sale al 58,8% per chi ha raggiunto un livello di istruzione terziaria (laurea e oltre).
La retribuzione media annua più elevata si registra tra i lavoratori con almeno la laurea nel comparto dell’Industria in senso stretto (56.404 euro), mentre la retribuzione più bassa si rileva tra i lavoratori con al più la licenza media nel comparto dei Servizi di mercato (27.067 euro).
I divari retributivi più marcati per livello di istruzione, nel comparto Servizi, si osservano per i Servizi di mercato: i dipendenti con un diploma percepiscono il 25,3% in più di chi ha al massimo la licenza media e il divario sale all’87,9% per chi ha conseguito la laurea; di contro, il comparto degli Altri servizi è quello con i divari più contenuti e le differenze scendono rispettivamente all’11,8% (per i diplomati) e al 39,6% (per chi ha conseguito una laurea).
Se si considera anche il genere, la retribuzione media annua più bassa è quella delle donne con al più la licenza media (26.003 euro), la più alta è quella degli uomini con livello di istruzione terziaria (56.104 euro). A parità di livello di istruzione, i dipendenti uomini hanno retribuzioni medie annue sempre superiori alle donne, con un divario che aumenta al crescere del livello di istruzione: si ferma al 19,9% tra i dipendenti con al massimo la licenza media, sale al 20,5% se l’istruzione è secondaria superiore e raddoppia, raggiungendo il 39,9%, per l’istruzione terziaria.
Il rendimento del titolo di studio in termini retributivi è diverso per uomini e donne, soprattutto se si tratta di dipendenti con istruzione terziaria. Se infatti la retribuzione delle donne diplomate è del 20,2% superiore a quella delle donne con al più la licenza media (un divario del tutto simile a quello degli uomini, pari al 20,7%), quella delle donne con istruzione terziaria lo è del 54,2%, una differenza decisamente inferiore a quella rilevata per gli uomini (79,9%).
Oltre che al crescere del titolo di studio, le retribuzioni annue crescono all’aumentare dell’età del lavoratore, in misura maggiore per i dipendenti uomini. Rispetto alla retribuzione dei lavoratori più giovani (tra i 14 e i 29 anni), quella degli over50 tra gli uomini è superiore del 65,5%, differenza che si ferma al 38,6% tra le donne.
Infine, le retribuzioni annue dei dipendenti con contratto a termine sono inferiori, mediamente, del 31,8% a quelle di chi ha un contratto a tempo indeterminato (rispettivamente pari a 26.392 e 38.692 euro). Se si considera anche il genere, il divario retributivo tra uomini e donne aumenta nel passaggio tra contratto a tempo determinato – più diffuso tra le donne – e contratto a tempo indeterminato: nel primo caso le donne hanno una retribuzione annua inferiore del 6,3% a quella degli uomini, differenza che diventa del 15,6% in caso di contratto a tempo indeterminato.
Meno ore retribuite nell’anno per le donne
In Italia, le ore mediamente retribuite per dipendente nel corso del 2022, ottenute come somma di ore ordinarie e ore di lavoro straordinario, risultano pari a 1.693, salgono a 1.732 nel Nord-est, a 1.723 nel Nord-ovest e a 1.713 nel Centro e scendono a 1.595 nel Sud e a 1.581 nelle Isole.
Le ore retribuite per le donne sono inferiori a quelle degli uomini del 15,1% – in media sono 1.539 a fronte delle 1.812 ore degli uomini – anche per effetto della maggiore diffusione di contratti con orario part–time. Nelle imprese con almeno 10 dipendenti, infatti, la percentuale di lavoratrici part–time, sul totale degli occupati, è più che doppia rispetto a quella degli uomini (12,3%, contro 5,2%) (Figura 2).
Al Sud e nelle Isole, le ore retribute sono inferiori a quelle del resto del Paese sia per uomini sia per donne e la differenza di genere aumenta, rispettivamente al 17,9% e al 17,1%, nonostante la quota di uomini in part–time, circa doppia rispetto alle altre ripartizioni, sia inferiore a quella femminile di soli 2,4 punti percentuali nel Sud e di 4,2 punti nelle Isole.
Nel Nord-est e nel Nord-ovest il numero di ore mediamente retribuite è alto anche tra le donne, malgrado la marcata diffusione di contratti part–time soprattutto nel Nord-est (pari al 14%); la differenza con le ore retribuite degli uomini è inferiore alla media nel Nord-ovest, dove si attesta al 14,3%.
Nei Servizi le ore mediamente retribuite (1.620) sono circa 300 in meno rispetto all’Industria (1.891) e la componente part–time tra le donne è decisamente più alta (15%, contro 6,1% tra gli uomini), contribuendo alla differenza di genere nelle ore mediamente retribuite (nei Servizi si attesta al 14,2%).
Nel comparto industriale, il settore Industrie tessili e quello della confezione di articoli di abbigliamento, pelli ed accessori mostrano il numero di ore retribuite mediamente più basso (1.802 ore), il settore Fabbricazione di mezzi di trasporto quello più alto (1.971 ore); tra i Servizi di mercato, quelli di alloggio e di ristorazione si attestano a 1.374 ore, valore di circa 450 ore inferiore a quello registrato nei Servizi di informazione e comunicazione (1.825 ore). Infine, il settore dell’Istruzione si caratterizza per un basso numero di ore (1.266) e una netta prevalenza femminile e si contrappone al valore elevato osservato per l’Amministrazione Pubblica e Difesa e Assicurazione Sociale Obbligatoria (1.822 ore), quest’ultimo caratterizzato da una componente maschile decisamente maggioritaria.
Le ore annue retribuite crescono all’aumentare dell’età: rispetto ai lavoratori anziani (50 anni e più di età), le ore retribuite dei più giovani (età compresa tra 14 e 29 anni) sono inferiori del 10,6% (-12,3% se uomini,
-10,7% se donne). A seconda dei macrosettori economici di appartenenza, il divario generazionale varia tra il 7,1% e il 15,1% per le donne e tra il 9,7% e il 15,6% per gli uomini. Differenze significative si osservano anche a livello territoriale: le ore retribuite ai lavoratori con meno di 30 anni sono inferiori a quelle degli over50 di una percentuale che varia tra il 7,7% (nel Nord-est) e il 18,3% (nelle Isole) per le donne e tra il 9,8% (nel Nord-est) e il 17,8% (nel Sud) per gli uomini.
Elevate le differenze per età e livello di istruzione nella retribuzione oraria
La retribuzione oraria, pari in media a 16,4 euro, mostra differenze molto marcate tra generazioni e per titolo di studio. Tra i giovani under30 la retribuzione media oraria (11,9 euro) è del 36,4% inferiore a quella dei dipendenti over50 (18,7 euro) e del 24,7% inferiore a quella di coloro che hanno un’età compresa tra i 30 e i 49 anni (15,8 euro).
I dipendenti meno istruiti (con un titolo di studio al più secondario inferiore) hanno una retribuzione oraria pari in media a 12,4 euro, inferiore del 17,3% a quella dei dipendenti con istruzione secondaria superiore (tra i quali è pari a 15 euro) e del 43,6% a quella dei dipendenti con istruzione terziaria (22 euro).
I dipendenti con contratto a tempo determinato percepiscono il 24,6% in meno rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato (la retribuzione è rispettivamente di 12,9 e 17,1 euro) e coloro che hanno un regime orario ridotto mostrano una retribuzione oraria che in media è inferiore del 30,6% a quella di chi ha un regime orario a tempo pieno.
Osservando le differenze per classe di anzianità lavorativa in azienda, la retribuzione oraria maggiore si registra dai 30 anni di anzianità (21,6 euro l’ora), attestandosi a 1,6 volte la retribuzione oraria di chi ha meno di 5 anni di anzianità. L’aumento più significativo si ha nel passaggio da 0-4 ai 5-9 anni di anzianità (+17%) e tra 5-9 e 10-14 anni di anzianità (+16,5%). La retribuzione oraria degli uomini supera sempre quella delle donne, per qualsiasi anzianità lavorativa, pur aumentando per entrambi al crescere degli anni di lavoro.
Le retribuzioni medie orarie più basse caratterizzano il Sud (15,7 euro), immediatamente seguito dal Nord- est (15,9 euro); quelle più alte si registrano nel Centro (17 euro).
Infine, la retribuzione media oraria aumenta al crescere della dimensione dell’unità economica: le più piccole (tra i 10 e i 49 dipendenti) hanno la più bassa retribuzione media oraria (12,8 euro l’ora), mentre le più grandi (con almeno 1000 dipendenti) hanno quella più alta (19,2 euro l’ora).
La retribuzione oraria media delle donne è del 5,6% inferiore a quella degli uomini
In Italia, nel 2022, il GPG, ovvero il differenziale di genere nelle retribuzioni orarie medie, si attesta al 5,6% (Figura 4): la retribuzione oraria media maschile è pari a 16,8 euro e quella femminile a 15,9 euro. Il gap tende ad ampliarsi tra i laureati (16,6%), tra i quali la retribuzione media oraria è di 20,3 euro per le donne e di 24,3 euro per gli uomini, ma anche tra i dipendenti con al più l’istruzione secondaria inferiore (15,2%), sebbene su livelli retributivi orari decisamente più bassi (11,1 euro per le donne e 13,1 euro per gli uomini). Il GPG più contenuto (10,7%) si osserva tra chi ha conseguito un titolo di studio secondario superiore, titolo più diffuso sia tra gli uomini che tra le donne, in corrispondenza di retribuzioni orarie di 14 euro per le diplomate e di 15,7 euro per i diplomati.
Il gap salariale aumenta tra le professioni con una ridotta presenza femminile: nel gruppo dei Dirigenti, raggiunge un valore del 30,8% in corrispondenza delle retribuzioni orarie più alte, sia per le donne (34,5 euro) sia per gli uomini (49,8 euro); segue il gruppo delle Forze Armate (27,7%), con valori della retribuzione oraria pari a 16,9 euro e 23,4 euro rispettivamente, e quello degli Artigiani e operai specializzati (17,6%), per i quali le retribuzioni orarie ammontano a 10,6 euro per le donne e 12,8 euro per gli uomini.
Tralasciando il Personale specializzato addetto all’agricoltura, alle foreste e alla pesca, che nel campo di osservazione della rilevazione ha una ridotta rappresentatività, il più basso GPG si registra nelle Professioni intellettuali e scientifiche (8,4%) e nelle Professioni non qualificate (9,3%), caratterizzate anche da retribuzioni orarie particolarmente basse (10 euro per le donne e 11 euro per gli uomini).
Il gruppo delle Professioni intellettuali e scientifiche, infine, si caratterizza per elevati livelli retribuitivi (secondi solo a quelli dei dirigenti, attestandosi a 23,4 euro tra le donne e a 25,5 euro tra gli uomini), un basso livello del GPG (8,4%) e una marcata presenza di lavoratrici donne.
Uno dei fattori che nel nostro Paese concorre fortemente a determinare il differenziale salariale di genere è l’effetto di composizione tra il comparto a controllo pubblico (l’insieme delle istituzioni pubbliche e delle imprese a prevalente controllo pubblico) e quello a controllo privato (l’insieme delle unità economiche, imprese e istituzioni, private sulle quali il controllo privato è totale o prevalente). Se infatti il GPG nel comparto a controllo privato è pari al 15,9%, nel comparto a controllo pubblico scende al 5,2%. In quest’ultimo le donne sono la maggioranza (55,6% dei dipendenti), hanno un elevato livello di istruzione e la più alta retribuzione oraria: tra le laureate la retribuzione oraria arriva a 23 euro ed è di ben 6,9 euro superiore a quelle delle laureate nel comparto privato; tra gli uomini la differenza si riduce a 4,1 punti, con retribuzioni orarie pari a 26,6 euro nel pubblico e a 22,5 euro nel privato.
Retribuzioni orarie elevate caratterizzano il settore Attività finanziarie e assicurative
La retribuzione oraria presenta una elevata variabilità tra i dipendenti e il valore mediano, pari a 13,35 euro l’ora, è inferiore di circa 3 euro rispetto a quello medio. Tra i lavoratori dipendenti, il 10% che guadagna di meno viene retribuito al massimo con 8,8 euro l’ora (valore del primo decile), mentre la retribuzione oraria del 10% che guadagna di più supera i 26,6 euro (valore del nono decile); il rapporto tra i valori dei suddetti decili indica una significativa variabilità, essendo il secondo oltre tre volte il primo.
Nel dettaglio, la presenza di retribuzioni particolarmente elevate caratterizza il settore Attività finanziarie e assicurative, in cui si registra il valore più elevato del nono decile (39,6 euro), del valore medio (25,9 euro) e anche del primo decile (14,6 euro), con una variabilità inferiore alla media (il valore del rapporto si ferma a 2,7). Una elevata variabilità retributiva associata alla presenza di retribuzioni orarie particolarmente elevate, contraddistingue i settori Istruzione, Sanità e assistenza sociale, Attività professionali, scientifiche e tecniche, Servizi di informazione e comunicazione, per i quali il valore del nono decile è oltre tre volte quello del primo.
La variabilità della retribuzione oraria, misurata dal rapporto tra decili, aumenta all’aumentare del livello di istruzione: tra i dipendenti con al massimo la licenza media il rapporto tra il nono e il primo decile è pari a 2,2, sale a 2,7 per chi ha un diploma e arriva a 3,4 per chi ha conseguito la laurea.
Il 10,7% dei dipendenti è a bassa retribuzione oraria (low-wage earners)
A livello europeo i low-wage earners, ossia i dipendenti a bassa retribuzione oraria, sono definiti come coloro che hanno una retribuzione oraria uguale o inferiore ai due terzi del valore mediano nazionale. Nel 2022, in Italia, tale soglia corrisponde a 8,9 euro l’ora.
L’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione è pari al 10,7%, è più alta tra le donne (12,2% contro 9,6% degli uomini), i giovani (fino a 29 anni, 23,6%) e i dipendenti con titolo di studio inferiore al diploma (18%); quote decisamente elevate si osservano anche tra chi esercita professioni non qualificate (33,3%) e tra chi lavora nelle attività commerciali e nei servizi (17,5%).
La percentuale più bassa di low-wage earners si rileva tra i dipendenti delle Professioni intellettuali e scientifiche (1,3%) e tra i Dirigenti (1,7%), tra i dipendenti con livello di istruzione terziaria (3,3%) e tra gli ultra cinquantenni (7,2%).
Il 10,7% dei dipendenti è a bassa retribuzione oraria (low-wage earners)
A livello europeo i low-wage earners, ossia i dipendenti a bassa retribuzione oraria, sono definiti come coloro che hanno una retribuzione oraria uguale o inferiore ai due terzi del valore mediano nazionale. Nel 2022, in Italia, tale soglia corrisponde a 8,9 euro l’ora.
L’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione è pari al 10,7%, è più alta tra le donne (12,2% contro 9,6% degli uomini), i giovani (fino a 29 anni, 23,6%) e i dipendenti con titolo di studio inferiore al diploma (18%); quote decisamente elevate si osservano anche tra chi esercita professioni non qualificate (33,3%) e tra chi lavora nelle attività commerciali e nei servizi (17,5%).
La percentuale più bassa di low-wage earners si rileva tra i dipendenti delle Professioni intellettuali e scientifiche (1,3%) e tra i Dirigenti (1,7%), tra i dipendenti con livello di istruzione terziaria (3,3%) e tra gli ultra cinquantenni (7,2%).