Lโartigianato moda in Italia, che comprende tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature, si conferma un pilastro dellโeconomia nazionale, con circa 40.000 imprese artigiane attive nel 2024: le imprese artigiane, pur rappresentando il 41,7% delle 96.000 realtร del settore moda, generano un fatturato stimato di circa 21 miliardi di euro, pari al 25-30% del totale settoriale, ma con una flessione dellโ8,1% rispetto al 2023, dovuto a congiuntura economica sfavorevole, aumento dei costi e contrazione dellโexport (-5,3% nel 2024). Costi energetici (+10,4%) e contraffazione (1,7 miliardi di perdite) pesano sui risultati. La digitalizzazione, adottata solo dal 15% delle artigiane, resta una sfida chiave per la competitivitร .
Unimpresa: “L’artigianato moda vale 21 miliardi (-8%). Necessari sostegni mirati”
ร quanto emerge da unย report del Centro studi di Unimpresaย secondo cui lโartigianato moda italiano si concentra nei distretti del Nord e Centro, con Lombardia, Toscana e Veneto che rappresentano oltre il 60% del fatturato nazionale (12,9 miliardi) e il 57% delle imprese artigiane. La Toscana spicca per produttivitร , con il fatturato medio per impresa piรน alto, mentre regioni come Campania e Puglia faticano a causa di mercati meno remunerativi. Il settore dellโartigianato moda, pur resiliente in alcune nicchie di lusso, affronta sfide comuni come il calo dellโexport, lโaumento dei costi energetici (+10,4% a marzo 2025) e la contraffazione, che sottrae 1,7 miliardi di annui alle artigiane, soprattutto in Lombardia e Toscana.
La ricerca verrร illustrataย oggi nel corso del convegno โMade in Italy ed Eccellenze Fragiliโ, evento dedicato al rilancio delle microimprese artigianali della moda, che si svolgerร alle ore 17.00, al Palazzo dal Lago a Cles (via Trento 1), in provincia di Trento, alla presenza di istituzioni, scuole, imprenditori e rappresentanti del settore. Il convegno gode del patrocinio del Ministero delle Imprese, della Casa del Made in Italy di Trento e Bolzano, dellโUniversitร degli Studi di Trento, dellโUNESCO e del Comune di Cles.
ยซCโรจ la necessitร di politiche mirate per sostenere la competitivitร dellโartigianato moda, valorizzando le eccellenze regionali e affrontando le fragilitร strutturali. Oggi assistiamo a una crescente disconnessione tra i grandi nomi del lusso e le fondamenta artigiane che li rendono possibili. Se da un lato celebriamo operazioni industriali ambiziose, dallโaltro trascuriamo quelle migliaia di microimprese che rappresentano lโanima piรน autentica del Made in Italy. Le botteghe artigiane non sono solo presidi di cultura produttiva, ma anche un modello economico sostenibile, radicato nei territori, capace di creare occupazione e mantenere vive competenze uniche al mondo. La veritร รจ che lโartigianato sta pagando un prezzo altissimo: tra aumento dei costi, calo dellโexport e concorrenza sleale, molte imprese rischiano di scomparire nel silenzio. ร tempo di scelte politiche coraggiose: servono incentivi fiscali, investimenti nella formazione tecnica, supporto alla transizione digitale e strumenti per proteggere il passaggio generazionale. Senza queste leve, continueremo ad applaudire i successi del lusso su scala globale, ma perderemo, pezzo dopo pezzo, il tessuto che li rende possibili. Il Made in Italy non puรฒ essere una vetrina da esportare, se non tuteliamo ciรฒ che la rende credibile: la qualitร artigiana. Difendere le microimprese della moda significa salvaguardare una storia collettiva di lavoro, sacrificio e bellezza, che non possiamo permetterci di archiviare per perseguire la sola logica del profitto. LโItalia non ha bisogno solo di marchi forti: ha bisogno di mani che sappiano ancora creareยปย commenta il presidente di Unimpresa Moda, Margherita de Cles.
LA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE IMPRESE
Secondo il Centro studi di Unimpresa, la distribuzione regionale dellโartigianato moda evidenzia una forte concentrazione nel Nord e Centro Italia, con differenze marcate in termini di numero di imprese, occupazione e fatturato, riflesse nelle specificitร dei distretti produttivi e nelle vocazioni artigianali locali. La Lombardia si afferma come leader indiscussa, ospitando 9.000 imprese artigiane (22,5% del totale nazionale) e generando un fatturato di circa 5,5 miliardi, pari al 26,2% del comparto artigianale moda. La regione beneficia dei distretti di Milano, centro nevralgico della moda di lusso, e Como, rinomato per il tessile di alta gamma, con un fatturato medio per impresa di 610.000 euro, tra i piรน elevati dโItalia.
Lโoccupazione regionale conta circa 30.000 addetti, sostenuta da produzioni sofisticate e da una forte proiezione internazionale, che rende la Lombardia meno vulnerabile al calo della domanda interna. Segue la Toscana, con 6.500 imprese artigiane (16,3% del totale) e un fatturato di 4,2 miliardi (20% nazionale), distinguendosi per la sua resilienza economica. Il distretto di Firenze-Prato, cuore della pelletteria di lusso, e Santa Croce sullโArno, leader nella concia, trainano il settore, con un fatturato medio per impresa di 645.000 euro, il piรน alto in Italia, grazie alla domanda di marchi internazionali. Le imprese toscane impiegano circa 25.000 addetti, di cui il 70% in microimprese, e mostrano un calo del fatturato limitato (-6% rispetto al 2023), sostenuto dallโexport verso Usa e Asia. Il Veneto, con 6.000 imprese artigiane (15% del totale), contribuisce con 3,2 miliardi di fatturato (15,2% nazionale), concentrandosi su calzature sportive e di qualitร (distretto di Montebelluna) e abbigliamento casual (Treviso).
Il fatturato medio per impresa, pari a 533.000 euro, riflette una solida base produttiva, con circa 20.000 addetti impiegati. Nonostante un calo dellโ8-10% nel 2024, in linea con la media nazionale, il Veneto mantiene una buona performance export (+2,8% verso lโEuropa), che mitiga lโimpatto della crisi interna. LโEmilia-Romagna, con 4.000 imprese artigiane, genera un fatturato di 2,1 miliardi (10% nazionale), grazie alla maglieria e sartoria dei distretti di Carpi e Bologna. Con un fatturato medio di 525.000 euro per impresa e circa 15.000 addetti, la regione mostra stabilitร , ma risente di un calo degli ordinativi (-10% nel Q4 2024), legato alla contrazione della domanda interna. Allo stesso modo, le Marche, con altre 4.000 imprese artigiane, producono 2 miliardi di fatturato (9,5%), concentrato nel distretto calzaturiero fermano-maceratese, noto per produzioni di alta gamma per brand di lusso. Qui, il fatturato medio di 500.000 euro e 15.000 addetti evidenziano un settore specializzato, ma vulnerabile al calo dellโexport di calzature (-8,5%), con una flessione del fatturato del 9%.
Al Sud, la Campania si distingue con 3.500 imprese artigiane, che generano 1,3 miliardi (6,2% nazionale), principalmente nella concia (Solofra) e pelletteria (Napoli). tuttavia, il fatturato medio di 370.000 euro, tra i piรน bassi, e un calo del 12% riflettono la dipendenza da mercati interni deboli e un export in difficoltร (-8,4% per pelli), con circa 12.000 addetti impiegati. La Puglia, con 2.500 imprese, contribuisce con 900 milioni (4,3%), focalizzata su calzature e abbigliamento (Barletta), ma con un fatturato medio di 360.000 euro e 8.000 addetti, risente della domanda interna stagnante e di produzioni meno di nicchia.
Tra le altre regioni del Nord, il Piemonte registra 1.800 imprese artigiane e un fatturato di 700 milioni (3,3%), grazie al tessile di qualitร di Biella, con un fatturato medio di 390.000 euro e 6.000 addetti. Il Lazio, con 1.500 imprese e 500 milioni (2,4%), si concentra sulla moda sartoriale di Roma, ma il fatturato medio di 333.000 euro e 5.000 addetti evidenziano una dipendenza dalla domanda locale, in calo del 10%. Il Friuli-Venezia Giulia (600 imprese, 150 milioni, 2.000 addetti) e il Trentino-Alto Adige (500 imprese, 120 milioni, 1.500 addetti) hanno un ruolo minore, con produzioni di nicchia e fatturati medi contenuti (250.000-240.000 euro).
Nel Centro-Sud, lโUmbria (800 imprese, 200 milioni, 3.000 addetti) si distingue per maglieria di qualitร , mentre lโAbruzzo (900 imprese, 250 milioni, 3.000 addetti) rimane limitato a piccole realtร artigiane. La Sicilia (1.200 imprese, 300 milioni, 4.000 addetti) e la Sardegna (350 imprese, 70 milioni, 1.000 addetti) si caratterizzano per produzioni tessili tradizionali, con fatturati medi bassi (250.000-200.000 euro). Basilicata e Calabria (entrambe 400 imprese, 80 milioni ciascuna, 1.200 addetti ciascuna) hanno un impatto economico minimo, cosรฌ come il Molise (200 imprese, 40 milioni, 600 addetti) e la Valle dโAosta (100 imprese, 20 milioni, 200 addetti), dove lโartigianato moda รจ marginale.
OPPORTUNITร E OSTACOLI
Il panorama dellโartigianato moda italiano nel 2024 si trova a un crocevia di opportunitร e ostacoli, con dinamiche che riflettono sia la resilienza delle sue eccellenze sia le pressioni di un contesto economico globale incerto. La concentrazione geografica delle imprese, che vede Lombardia, Toscana e Veneto generare oltre il 60% del fatturato nazionale, evidenzia il peso dei distretti produttivi storici, come quello di Firenze-Prato per la pelletteria di lusso o Montebelluna per le calzature, che continuano a sostenere lโexport verso mercati chiave come Stati Uniti e Asia. Tuttavia, il settore ha subito un calo complessivo del fatturato dellโ8,1% rispetto al 2023, una flessione aggravata da un export in contrazione del 5,3% nei primi sei mesi del 2024, particolarmente marcata per pelli (-8,4%) e tessile (-7,6%), con regioni come la Campania penalizzate dalla dipendenza da filiere meno di nicchia.
Lโaumento dei costi energetici, saliti del 10,4% a marzo 2025, e delle materie prime ha ulteriormente compresso i margini delle microimprese artigiane, specialmente in regioni come Puglia e Lazio, dove la domanda interna stagnante non compensa le difficoltร . Parallelamente, la contraffazione rappresenta una minaccia costante, con perdite stimate di 1,7 miliardi annui, che colpiscono duramente le artigiane di Toscana e Lombardia, custodi del prestigio del Made in Italy. Nonostante ciรฒ, emergono segnali di vitalitร : la Toscana, ad esempio, dimostra una resilienza superiore, con un calo del fatturato limitato al 6% grazie alla crescente domanda di prodotti sostenibili e certificati, mentre le Marche mantengono un posizionamento competitivo nelle calzature di alta gamma.
La digitalizzazione rimane una sfida cruciale, con solo il 15% delle artigiane che adotta tecnologie avanzate, un gap che rischia di penalizzare la competitivitร rispetto alle grandi imprese, specialmente nelle regioni meno strutturate come Sicilia e Calabria. Il futuro dellโartigianato moda dipenderร dalla capacitร di coniugare tradizione e innovazione, valorizzando le specificitร regionali per affrontare un mercato sempre piรน complesso.