sabato 2 Agosto 2025

Nel corso del 2024 sono enormemente aumentati i tavoli presso lโ€™unitร  di crisi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy: sono 105.974 i lavoratori coinvolti da crisi industriali per i quali sono ad oggi aperti confronti al Mimit. A gennaio erano 58.026.

Vertenze, Cgil: “Nel 2024 raddoppiati i lavoratori coinvolti in crisi industriali, oltre 118mila”

A questi si aggiungono 12.336 gli addetti di piccole e medie aziende che hanno perso il lavoro, vertenze che non sono neppure arrivate alle istituzioni. Questo รจ il dato censito nel diario della crisi di Collettiva.it. Complessivamente si tratta di 118.310 lavoratori e lavoratrici. I settori maggiormente coinvolti sono lโ€™auto e la sua filiera, la chimica di base, il sistema moda, lโ€™industria della carta, lโ€™energia (phase out delle centrali a carbone).
Inoltre, vanno considerate anche le decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori di aziende in crisi che hanno tavoli aperti a livello regionale, per i quali non esiste una mappatura nazionale da parte delle istituzioni.

Uno scenario sconfortante, che rischia di essere aggravato a causa delle trasformazioni in atto. โ€œLe numerose vertenze aperte nel 2024 parlano di una incapacitร  totale del pubblico di indirizzare le politiche industriali in settori strategici e rilevanti per il Paeseโ€, dichiara la CGIL Nazionale. โ€œIl sistema delle imprese non รจ in grado, da solo, di competere e di rispondere alle sfide delle grandi transizioni, verde e digitale, che da potenziale volano per lโ€™economia rischiano di trasformarsi in unโ€™ulteriore occasione di impoverimento per il nostro sistema produttivo e industriale, con la conseguente crescita della precarietร  lavorativaโ€.

Anche quando le crisi si chiudono positivamente, spesso il saldo occupazionale รจ negativo: il ridimensionamento dellโ€™impresa, del suo indotto e delle aziende della fornitura, รจ la costante di tutte le ultime reindustrializzazioni targate Governo Meloni. E sovente lโ€™attivitร  industriale intrapresa da chi โ€œsalvaโ€ lโ€™azienda in crisi finisce per essere tecnologicamente e strategicamente piรน povera. Insomma, soluzioni tampone, ma tutte accomunate dalla sostanziale deindustrializzazione e perdita di qualitร  delle produzioni.

Negli ultimi giorni alcune importanti vertenze si sono aggiunte a un quadro giร  drammatico. Solo per fare alcuni esempi, fra i piรน significativi:

Beko (metalmeccanico elettrodomestici, c.d. โ€œbiancoโ€) 4.400 addetti;

Bellco (biomedicale) 500 addetti;

Eni Versalis (chimica di base) 8.000 diretti piรน 24.000 dellโ€™indotto;

Coin e Conbipel (commercio) 2000 + 1400 addetti;

Meta System (metalmeccanica, indotto auto) 700 addetti;

Giano, Gruppo Fedrigoni (cartiera) 300 fra diretti e indotto.

O, ancora, i 494 licenziamenti di Almaviva (telecomunicazioni) al 31 dicembre.

Occorre considerare che le Istituzioni (Ministero e Regioni) sono solite affrontare unicamente la crisi del sito industriale dellโ€™azienda โ€œmadreโ€, e non dellโ€™intera filiera produttiva, che spesso vede un numero di addetti altrettanto elevato, o superiore, rispetto ai diretti: lavoratori in somministrazione e in appalto, logistica, mense, pulizie civili industriali, manutentori meccanici. Ad esempio, per Beko, oltre a chi lavora alle dirette dipendenze della multinazionale turca, la crisi riguarda anche le aziende della gomma plastica (guarnizioni, vaschette e cassetti), del vetro, dei cablaggi, che forniscono parti necessarie al processo produttivo della stessa.

Se fosse confermato quanto preannunciato dal Ministro Urso nelle scorse settimane circa il fatto che le crisi di aziende sotto i 250 dipendenti verrebbero โ€œscaricateโ€ sulle Regioni (la maggioranza delle quali non ha nemmeno strutture organizzate per affrontare le crisi di impresa), sarebbe ancora piรน chiaro che questo Governo non intende minimamente tutelare i lavoratori di aziende che delocalizzano, disinvestono, chiudono. Cosรฌ saranno i lavoratori gli unici a pagare le scelte delle multinazionali e dei fondi che possiedono le aziende nel nostro Paese.

โ€œQuesta situazione โ€“ sottolinea la Cgil โ€“ รจ il frutto di decenni di mancata programmazione e di assenza di politiche industriali, che hanno lasciato solo al mercato il tema dello sviluppo, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. A conferma di ciรฒ, i dati sulla produzione industriale, che conserva il segno meno da 21 mesiโ€.

โ€œLe trasformazioni in atto nellโ€™industria e nei mercati โ€“ sostiene la Confederazione โ€“ impongono politiche pubbliche di reindustrializzazione del Paese, politiche di tutela sostenute da un ammortizzatore dedicato alle crisi e politiche occupazionali che reimpieghino i lavoratori espulsi dai processi produttivi delle aziende in crisi, attraverso la loro riqualificazione professionale, in attivitร  compatibili con la transizione. E, ove ciรฒ non sia possibile, in progetti e piani di reimpiego a sostegno della collettivitร , in settori messi sempre piรน a dura prova nella crisi climatica e ambientale che stiamo attraversando: messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico, messa a norma del patrimonio immobiliare pubblico in chiave antisismica, tutela dellโ€™edilizia residenziale pubblica, manutenzione straordinaria delle cittร โ€.

 

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