lunedì 15 Dicembre 2025

Pur essendo prematuro trarre delle conclusioni definitive, l’implementazione dei dazi voluta dall’Amministrazione Trump sembra non aver inciso sulle nostre vendite all’estero né verso gli Stati Uniti né verso gli altri mercati internazionali.

Cgia: nei primi 9 mesi l’export italiano in risalita (+3,6%)

Anzi, se consideriamo anche le tensioni geopolitiche e le difficoltà del commercio mondiale, nel terzo trimestre di quest’anno siamo balzati al quarto posto tra i Paesi che compongono il G20 per esportazioni di merci, per un valore di quasi 190 miliardi di dollari. Secondo l’OCSE, dopo aver superato il Giappone (184 miliardi), ora ci precedono solo la Cina (944,6), gli USA (547,8) e la Germania (453,8)2. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

 

Torna ad aumentare l’export

Dopo la contrazione del 2024 sul 2023 (-3,3 miliardi di euro, pari a 0,5 per cento), nei primi nove mesi del 2025, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le esportazioni italiane nel mondo sono tornate a crescere e hanno registrato un incremento di 16,6 miliardi di euro (+3,6 per cento) (vedi Graf. 1).

 

 

Bene le vendite anche negli USA

Anche le nostre vendite verso il mercato statunitense hanno segnato un risultato positivo: dopo la contrazione 2024 su 2023 (-2,2 miliardi di euro pari al -3,3 per cento) sempre nei primi 9 mesi di quest’anno l’export negli States è tornato ad aumentare di 4,3 miliardi di euro (+9 per cento), passando da 48,1 a 52,4 miliardi di euro (vedi Tab. 1). È verosimile che questo risultato derivi dal fatto che i consumatori americani — siano essi famiglie o imprese — abbiano “anticipato” gli acquisti di merci italiane prima dell’entrata in vigore dell’aumento delle tariffe doganali avvenuta l’estate scorsa. Tale ipotesi trova un’ulteriore conferma nella variazione registrata nello scorso mese di agosto, che ha evidenziato un calo del 21,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Tuttavia, questa interpretazione è stata “sconfessata” nel mese successivo: a settembre, infatti, la variazione su base annua del nostro export è salita del 34,7 per cento (vedi Graf. 2), contraddicendo così l’idea che l’incremento delle tariffe doganali avrebbe provocato un crollo verticale delle esportazioni italiane negli USA.

 

I dazi statunitensi non hanno frenato le nostre merci

In attesa di disporre di un arco temporale medio-lungo che consenta un’analisi meno congiunturale degli effetti commerciali derivanti dai dazi imposti dall’Amministrazione Trump, si può ipotizzare che l’incremento delle esportazioni italiane nel mercato statunitense, in particolare a settembre, sia attribuibile anche alla combinazione di due fattori. In primo luogo, i consumatori statunitensi potrebbero aver continuato ad acquistare i prodotti italiani nonostante l’aumento dei prezzi; considerando che il 92 per cento delle merci italiane vendute negli USA appartiene a una fascia qualitativa medio-alta[1], potrebbe essere pressoché impossibile sostituire il made in Italy con qualsiasi altro prodotto di pari livello. In secondo luogo, le imprese italiane potrebbero aver difeso o addirittura incrementato le loro quote di mercato negli States, compensando l’incremento del prezzo finale dei propri manufatti causato dall’aumento delle tariffe doganali, attraverso una riduzione dei margini di profitto.

 

Dollaro svalutato del 12 per cento rispetto all’euro

Come abbiamo riportato più sopra, le politiche protezionistiche messe in atto dal Presidente Trump potrebbero condizionare nel medio-lungo periodo il commercio estero anche del nostro Paese sia per gli effetti diretti (mancate esportazioni), sia per quelli indiretti (riduzione margine di profitto delle imprese che continueranno a vendere nel mercato USA, trasferimento delle imprese o di una parte delle produzioni verso gli USA, il trade diversion[2], etc.). Oltre a queste due fattispecie non va sottovalutata anche quella congiunturale (legata alla svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro). Ricordiamo, infatti, che dall’inizio di quest’anno il dollaro si è deprezzato nei confronti dell’euro di 12 punti percentuali. Nonostante ciò, se nei primi 9 mesi le nostre vendite nel mercato statunitense sono aumentate del 9 per cento, questo vuol dire che il risultato ottenuto è stato significativamente importante. Dazi, crisi internazionali e svalutazione del dollaro non hanno fermato il nostro export. Tuttavia, vogliamo ribadirlo ancora una volta, è sicuramente prematuro formulare valutazioni definitive su questo fenomeno; anche se i primi dati statistici a disposizione fotografano una situazione estremamente positiva.

 

Bene le esportazioni di navi, medicinali e preziosi. Male gioielli e auto

Prendendo in esame i primi 50 gruppi di prodotti esportati che rappresentano il 90 per cento del totale, nei primi 9 mesi del 2025 gli incrementi di vendita nei mercati di tutto il mondo hanno interessato, in particolare, la nostra produzione di navi e imbarcazioni (+51,6 per cento), i medicinali e i preparati farmaceutici (+37,6), i metalli preziosi[3] (+32,4) e gli aeromobili (+25,5). Male, invece, la gioielleria (-14,7 per cento), i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (-13,6) e le auto (-10) (vedi Tab. 2).

 

Boom di vendite nel mondo per Palermo, Vibo Valentia e Sud Sardegna

Sempre nei primi tre trimestri di quest’anno, a livello provinciale spiccano gli incrementi di vendita nei mercati internazionali delle merci prodotte a Palermo (+160,6 per cento), a Vibo Valentia (+151,2), nel Sud Sardegna (129,5) e a Trieste (+118,7). In affanno, invece, Caltanissetta (-24,2 per cento), Isernia (-27,3) e Crotone (28,1) (vedi Tab. 3).

 

Crescita record di export in USA per Trieste. Seguono Enna e Vibo Valentia. Firenze è quella che esporta di più

Nei primi 9 mesi di quest’anno, l’incremento record dell’export verso gli Stati Uniti ha visto primeggiare Trieste. Nel capoluogo giuliano la crescita è esplosa del 1.080 per cento, passando da quasi 107 milioni di euro di esportazioni riconducibili ai primi 9 mesi del 2024, a quasi 1,3 miliardi nello stesso periodo di quest’anno. La produzione di navi e imbarcazioni è il settore che ha trainato questa impennata. Seguono la provincia di Enna che ha visto aumentare le vendite del 582,4 per cento, grazie all’agroalimentare (miele, legumi, confetture di frutta, formaggi, funghi, etc.) e Vibo valentia con il +434,5 per cento. Anche per la provincia calabrese a spingere all’insù le vendite nel mercato a stelle e strisce è stato l’agroalimentare (salumi, formaggi, vino e olio). La provincia italiana più “proiettata” nel mercato statunitense è Firenze. Tra gennaio e settembre di quest’anno il capoluogo regionale toscano   ha esportato negli USA prodotti per 5,7 miliardi di euro (+30 per cento). La voce merceologica più importante riguarda i medicinali e i preparati farmaceutici (vedi Tab. 4).

 

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