il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, è intervenuto stamattina alla conferenza internazionale ‘Ten Years with the Euro’, organizzata dalla Commissione Europea e dalla banca centrale lettone (Latvijas Banka) per celebrare il decimo anniversario dell’adozione dell’euro in Lettonia. Le sue parole:
Banca d’Italia, Panetta: “L’euro è una difesa collettiva contro tensioni geopolitiche. Ue deve emettere bond sovrani comuni”
Sono lieto di partecipare a questa conferenza sul ruolo dell’euro nel decimo anniversario della sua adozione in Lettonia. Ma ci sono anche altre importanti ricorrenze da celebrare: venticinque anni fa nasceva l’euro, nel gennaio del 1999, e alla fine di quello stesso anno venivano avviati i negoziati per l’adesione della Lettonia all’Unione europea (UE).
Ciascuno di questi eventi rappresenta una tappa nel lungo processo di integrazione europea avviato nel dopoguerra. L’Unione economica e monetaria (UEM) è uno degli elementi più ambiziosi di questo progetto: l’euro rappresenta un importante risultato del percorso tuttora in atto e, al tempo stesso, un potente simbolo di successo.
Dato il ruolo che svolgo, e considerata la mia formazione, potreste aspettarvi che io oggi analizzi il ruolo internazionale dell’euro da una prospettiva puramente monetaria. Ma non è quello che farò.
La finanza è uno strumento al servizio del benessere collettivo, e l’euro non fa eccezione: gli obiettivi e le implicazioni della moneta unica vanno ben oltre la sfera monetaria. Il successo dell’euro come valuta di riserva internazionale influenza il ruolo dell’Europa nel panorama economico e finanziario mondiale; incide sulla nostra collocazione geopolitica, sulla nostra autonomia strategica. Si tratta di questioni che non vanno sottostimate, soprattutto nell’attuale contesto internazionale.
Nel mio intervento odierno analizzerò tre temi principali. Esaminerò innanzi tutto perché il ruolo internazionale dell’euro è per noi così importante. Illustrerò poi come tale ruolo sia mutato nel tempo. Discuterò infine cosa possiamo fare per rafforzarlo.
Perché ci dovremmo preoccupare del ruolo internazionale dell’euro? Prima del febbraio del 2022 molti avrebbero risposto a questa domanda con argomenti puramente economici.
Per un paese, emettere una moneta ampiamente utilizzata a livello internazionale comporta sia vantaggi sia rischi. Si tratta di fattori cruciali per una banca centrale nel suo ruolo di garante della stabilità monetaria e finanziaria. Vediamoli brevemente.
Prima della crisi finanziaria globale i vantaggi erano generalmente ricondotti a tre elementi: il signoraggio di cui beneficia la banca centrale, e quindi in ultima analisi i contribuenti del paese che emette la valuta di riserva; i minori costi di transazione e di copertura dai rischi per gli investitori che utilizzano la valuta; infine il cosiddetto “privilegio esorbitante”, secondo il quale – in presenza di una forte domanda di titoli privi di rischio – il paese emittente può finanziarsi a costi minori rispetto alle altre economie, ottenendo di conseguenza un rendimento più elevato sulle proprie attività nette sull’estero. I principali rischi erano invece associati alla maggiore volatilità degli aggregati monetari e dei flussi di capitali internazionali in relazione a variazioni esogene della domanda e della propensione al rischio da parte degli investitori.
La crisi finanziaria globale ha in parte modificato queste valutazioni. Da un lato, è divenuto evidente che il “privilegio esorbitante” può divenire un “onere esorbitante” quando insorgono tensioni internazionali e l’economia dominante si ritrova, suo malgrado, a fungere da banca globale e a subire un brusco apprezzamento della propria valuta. Dall’altro lato, una valuta di riserva internazionale attenua gli effetti che gli shock al tasso di cambio generano sull’inflazione interna, rendendo la volatilità del cambio meno preoccupante. Inoltre, in un mondo integrato dal punto di vista finanziario essa può rafforzare la trasmissione della politica monetaria, generando esternalità ed effetti di retroazione positivi.
Nel complesso, si ritiene che i vantaggi macroeconomici derivanti dall’emissione di una valuta di riserva superino ampiamente i rischi. Le stime ricavate dai dati statunitensi sono indicative a tale riguardo.
Studi recenti mostrano che nei decenni passati il Tesoro statunitense ha emesso obbligazioni a lungo termine a un tasso inferiore – in misura compresa nel tempo tra 30 e 70 punti base – rispetto a titoli con analoghe caratteristiche emessi da operatori privati. Ciò ha generato ricavi da signoraggio dello stesso ordine di grandezza di quelli ottenuti sulla emissione di moneta da parte della banca centrale degli Stati Uniti. Con riferimento all’area dell’euro, assumendo che il minor costo di emissione sia 50 punti base, il reddito da signoraggio è stimabile in circa 0,5 punti percentuali del prodotto interno lordo ogni anno. Questi numeri hanno una valenza puramente indicativa, ma ciò nonostante possono offrire un’idea dell’ordine di grandezza dei guadagni potenziali9.
Ma la recente aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ci ha ricordato che i vantaggi pecuniari costituiscono solo una parte della storia, e che l’altra parte, assai rilevante, riguarda più la politica che l’economia monetaria. In un mondo attraversato da forti incertezze di natura politica, un paese che emette una valuta internazionale – che non ha quindi bisogno di ricorrere ad altre valute per effettuare pagamenti e operazioni finanziarie – è meno esposto alle pressioni di carattere finanziario provenienti da altre nazioni, incluse quelle ostili.
Una valuta internazionale costituisce un fondamentale pilastro dell’autonomia strategica del paese emittente. Essa è assimilabile a una polizza assicurativa, apparentemente inutile in condizioni normali ma estremamente preziosa quando emergono tensioni internazionali. La sua valenza strategica appare oggi con chiarezza agli occhi di tutti i cittadini europei.
I paesi che emettono una valuta internazionale possono far leva sul proprio potere finanziario per incidere sugli sviluppi geopolitici a livello globale. Tale potere va tuttavia utilizzato con saggezza, in quanto i rapporti internazionali sono parte di un “gioco ripetuto”: l’utilizzo di una valuta a mo’ di arma potrebbe ridurne l’attrattività e stimolare l’uso di monete alternative.
Il caso della valuta cinese renminbi è particolarmente significativo. Le autorità cinesi stanno apertamente promuovendo il ruolo della loro moneta in ambito internazionale, incoraggiandone l’impiego da parte di altre nazioni, incluse quelle destinatarie di sanzioni da parte dalla comunità internazionale in seguito all’invasione dell’Ucraina. La maggior parte delle esportazioni cinesi in Russia, così come gran parte delle forniture di petrolio russo alla Cina, sono oggi fatturate in renminbi. Inoltre, nell’ultimo triennio è raddoppiata la quota degli scambi commerciali mondiali regolata in renminbi. Per effetto di questi andamenti, alla fine del 2023 il renminbi è divenuto la seconda valuta più utilizzata al mondo per le transazioni commerciali internazionali, scavalcando l’euro, e la quarta valuta più usata nei pagamenti su scala mondiale, superando lo yen.
La crescente frammentazione politica che osserviamo a livello mondiale non sembra sinora aver dato luogo a una sistematica frammentazione anche dal punto di vista valutario. Ma non possiamo escludere l’eventualità che negli anni a venire la politica influenzi in misura crescente la configurazione del sistema finanziario internazionale. E viceversa.
2. L’evoluzione dell’euro dalla sua introduzione
Quale è stato il percorso compiuto dall’euro nei suoi primi venticinque anni di vita?
Tra il 1999 e il 2022 la quota dei portafogli internazionali denominata in euro ha oscillato fra il 17 e il 25 per cento. Il ruolo dominante del dollaro statunitense non è stato scalfito. Ad esempio, attualmente sono denominate in euro il 20 per cento delle riserve valutarie a livello mondiale, a fronte di una quota del dollaro superiore di circa tre volte.
Considerate le dimensioni delle economie sottostanti, l’euro sembra essere caratterizzato da un potenziale tuttora inespresso, dato che l’economia degli Stati Uniti e quella dell’area dell’euro hanno all’incirca la stessa dimensione .
Un esame dei dati aiuta a capire perché l’euro non ha guadagnato terreno sui mercati internazionali.
Il peso dell’euro a livello globale ha registrato un calo significativo durante la crisi finanziaria e la crisi del debito sovrano, fra il 2009 e il 2015, quando l’area dell’euro è stata colpita da shock asimmetrici affrontati con misure inadeguate. In quella fase le politiche di bilancio sostennero l’economia per un periodo limitato, per poi orientarsi verso un consolidamento fiscale prociclico attuato mediante interventi non coordinati tra i diversi paesi membri e nel complesso incoerenti con le politiche di bilancio che sarebbero state necessarie per l’economia europea. Il risultato fu un’inutile frammentazione dell’Europa, che finì divisa tra un “nucleo centrale” e una “periferia”, generando profonde divergenze economiche, sociali e politiche. Emerse il timore che l’area dell’euro potesse disgregarsi sotto tali pressioni; come era facile prevedere, le politiche procicliche e i messaggi contrastanti delle diverse autorità non bastarono a rassicurare gli investitori.
Fu il whatever it takes del Presidente Mario Draghi che invertì la tendenza nei mercati finanziari, rendendo chiaro a tutti che l’euro avrebbe superato quelle tensioni.
Guardiamo ora ai giorni nostri.
Fra il 2020 e il 2022 l’Europa è stata colpita da una serie di shock ampi e persistenti. La pandemia e l’invasione dell’Ucraina hanno compresso sia la domanda sia l’offerta di beni e servizi e sollevato incertezze per molti aspetti maggiori di quelle registrate dieci anni prima, durante la precedente crisi. Questi eventi hanno frenato l’attività produttiva e gli scambi commerciali.
Gli shock hanno però colpito un sistema istituzionale europeo dotato di strumenti di intervento più efficaci rispetto al passato. Essi sono stati inoltre contrastati con interventi risoluti e coordinati a livello sia europeo sia nazionale. Anche per questi motivi, gli shock non hanno avuto alcun impatto sul ruolo internazionale dell’euro, che negli anni più recenti ha mantenuto le proprie posizioni e in alcuni ambiti di mercato si è persino rafforzato.
Trarre conclusioni di carattere generale da eventi sporadici può essere avventato. Ma è evidente che in questi diversi episodi di crisi hanno svolto un ruolo cruciale sia la natura degli shock, sia le risposte fornite dalle autorità monetarie e fiscali.
L’area dell’euro è vulnerabile agli shock che frammentano l’economia e i mercati finanziari europei lungo i confini nazionali, soprattutto quando difficoltà di coordinamento intralciano o addirittura impediscono una risposta efficace di politica economica. L’Europa è però perfettamente in grado di resistere a shock, anche profondi, se resta unita e reagisce in tempi rapidi, con interventi decisi e politiche appropriate.
Se è vero, come affermato da Jean Monnet, che l’Europa «sarà forgiata nelle crisi», è altresì vero che non tutte le crisi e non tutte le risposte sono uguali.
3. Rafforzare il ruolo internazionale dell’euro
Come possiamo quindi rafforzare il ruolo internazionale dell’euro? La creazione di una valuta internazionale è un fenomeno complesso, che richiede diversi ingredienti. La dimensione dell’economia reale è certamente un elemento essenziale, ma non sufficiente.
Il successo di una valuta richiede almeno altri tre fattori.
3.1 Un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche
Il primo ingrediente, il più ovvio, è la stabilità macroeconomica.
Gli investitori stranieri che investono in attività denominate in euro stanno a tutti gli effetti investendo sulla nostra economia e si aspettano un “dividendo” in termini di crescita economica e bassi tassi di inflazione.
Il modo per garantire tale dividendo è quello di attuare politiche macroeconomiche credibili, efficaci e anticicliche. Anche un paese strutturalmente solido faticherebbe a mantenere un ruolo primario a livello internazionale se passasse da una recessione all’altra, o se registrasse in modo ricorrente periodi di alta inflazione o di deflazione.
È necessario combinare le diverse politiche macroeconomiche in maniera appropriata. La fase della cosiddetta “Grande Moderazione” è un ricordo lontano, e in futuro l’Europa si troverà inevitabilmente ad affrontare altre tensioni che richiederanno risposte congiunte delle politiche monetarie e di bilancio a livello europeo. La pandemia ci ha indicato come reagire a situazioni di questo tipo. La crisi dei debiti sovrani ci ha invece mostrato il modello da non seguire.
3.2 Il mercato dei capitali europeo
Il secondo requisito fondamentale è che in Europa i risparmiatori e i debitori possano interagire agevolmente. Al fine di trattenere il risparmio domestico e attrarre capitali internazionali, l’Europa ha bisogno di mercati di capitali efficienti, liquidi e integrati. È questa l’idea alla base sia del progetto di Unione dei mercati dei capitali (UMC) lanciato dalla Commissione europea nel 2015, sia del Piano d’azione varato dalla stessa Commissione nel 2020.
La UMC favorirebbe la diversificazione delle fonti di finanziamento delle imprese europee, stimolerebbe la condivisione dei rischi all’interno del settore privato e amplierebbe le opportunità di investimento per i risparmiatori sia domestici sia internazionali.
Nel complesso, i mercati dei capitali europei rimangono però poco sviluppati rispetto a quelli di altre maggiori economie avanzate. Nonostante gli sforzi di armonizzazione delle norme e di integrazione dei mercati nazionali attraverso l’attuazione della legislazione europea, i progressi verso un unico mercato dei capitali europeo sono limitati.
Negli ultimi venticinque anni in Europa il grado di integrazione finanziaria ha registrato una dinamica simile a quella del ruolo internazionale dell’euro. Dopo una progressiva crescita nei primi anni duemila, l’integrazione è scesa al suo valore minimo durante la crisi del debito sovrano. La tendenza positiva è poi ripresa nel 2012, a seguito degli annunci riguardanti la creazione dell’Unione bancaria e le operazioni monetarie definitive (OMT) della BCE. Con l’eccezione di un rallentamento temporaneo nel 2020, l’integrazione ha mantenuto il proprio slancio durante la pandemia.
La sincronia tra l’andamento dell’integrazione finanziaria e quello del ruolo internazionale dell’euro non è casuale: essa indica che l’euro può svolgere un ruolo maggiore nel mercato globale in presenza di una più stretta integrazione finanziaria all’interno della UEM.
I dati mostrano inoltre che il grado di integrazione finanziaria in Europa è oggi analogo a quello degli anni 2003-04. Si tratta di un risultato certamente inferiore alle aspirazioni iniziali della Commissione europea.
Come possiamo uscire da questo stallo? Non intendo passare in rassegna l’evoluzione della UMC. Voglio però sottolineare due problemi di fondamentale importanza per il suo sviluppo e quindi per il ruolo internazionale dell’euro.
Il primo riguarda la mancanza di un titolo sovrano privo di rischio emesso a livello europeo.
La disponibilità di un titolo comune europeo privo di rischio è necessaria per lo sviluppo delle principali attività finanziarie. Essa faciliterebbe la determinazione del prezzo di prodotti finanziari rischiosi, quali le obbligazioni societarie e i derivati, stimolandone l’espansione; renderebbe disponibile una forma di collaterale utilizzabile in ogni paese e in tutti i segmenti di mercato, da impiegare come garanzia nelle attività delle controparti centrali e negli scambi interbancari di liquidità, anche su base transfrontaliera; agevolerebbe la diversificazione delle esposizioni degli intermediari sia bancari sia non bancari; costituirebbe la base delle riserve internazionali in euro detenute dalle banche centrali estere.
L’elenco potrebbe continuare, indicando che la scarsa disponibilità di titoli privi di rischio denominati in euro rappresenta il vincolo più importante allo sviluppo della UMC e quindi al rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro.
Le obbligazioni emesse nell’ambito del programma Next Generation EU sono un primo, positivo passo in questa direzione. Ma emissioni episodiche non bastano per determinare un punto di svolta: per facilitare lo sviluppo della UMC e rafforzare il ruolo internazionale dell’euro abbiamo bisogno di un’offerta stabile e regolare di titoli europei privi di rischio.
Il secondo problema è l’incompletezza dell’Unione bancaria europea.
L’istituzione del Meccanismo di vigilanza unico e quella del Meccanismo di risoluzione unico in risposta alla crisi finanziaria hanno rappresentato un importante cambiamento in questa direzione, ma si sono rivelate insufficienti a creare un mercato bancario unico.
Il settore bancario europeo si conferma frammentato lungo linee nazionali: nel 2021 le banche possedevano attività domestiche per un ammontare quattro volte superiore a quello delle attività che esse detenevano nei confronti di altri paesi dell’area dell’euro.
Dato il ruolo fondamentale delle banche in tutti i principali mercati dei capitali, ciò ostacola la creazione di un’autentica UMC. Le banche svolgono ovunque un ruolo primario in importanti segmenti quali la gestione del risparmio, la sottoscrizione di obbligazioni, le quotazioni in borsa, la consulenza finanziaria. Esse hanno di norma un ruolo essenziale nei mercati sia azionari sia a reddito fisso, spesso fornendo servizi di market making.
È pertanto difficile immaginare una UMC pienamente funzionante se le banche non sono in grado di operare liberamente in tutta l’area dell’euro.
Miglioramenti su questi fronti sono oggi più importanti che mai. Nei prossimi anni l’Europa si troverà a operare in un contesto politico internazionale più complicato rispetto al passato. Essa dovrà allo stesso tempo realizzare obiettivi ambiziosi in ambiti quali la difesa, la transizione digitale e la lotta ai cambiamenti climatici. Come ho sostenuto in altre occasioni, una vera e propria UMC aumenterebbe notevolmente le probabilità di successo.
3.3 I sistemi di pagamento e le infrastrutture di mercato
Il terzo elemento essenziale per rafforzare il ruolo internazionale dell’euro è la disponibilità di infrastrutture di pagamento e di mercato all’avanguardia tecnologica. Si tratta di una componente indispensabile per il funzionamento del sistema finanziario.
La digitalizzazione è senza dubbio la sfida che definisce la nostra epoca. Ha avviato trasformazioni profonde, che già oggi stanno determinando effetti assai ampi sulla nostra società. I pagamenti non fanno eccezione: la domanda di servizi di pagamento digitali è cresciuta notevolmente in tutto il mondo, soprattutto a seguito della pandemia.
In un tale contesto la moneta digitale di banca centrale (central bank digital currency, CBDC) può rivestire un ruolo importante. La buona notizia è che per molti aspetti l’Europa è all’avanguardia in questo settore.
Immagino che molti tra i presenti conoscano l’euro digitale, la moneta digitale di banca centrale al dettaglio attualmente allo studio dell’Eurosistema. Oltre a semplificare la vita dei cittadini europei, l’euro digitale offrirebbe opportunità a livello internazionale qualora fosse reso disponibile al di fuori dell’area dell’euro o impiegato per pagamenti in valuta.
Un discorso analogo vale per la moneta digitale di banca centrale all’ingrosso che, a differenza della versione al dettaglio, in Europa esiste già. Da decenni nell’area dell’euro opera con successo TARGET, l’infrastruttura gestita dall’Eurosistema che consente alle banche di effettuare sotto forma digitale transazioni finanziarie denominate in euro e regolate con moneta di banca centrale. L’Eurosistema sta ora studiando nuove soluzioni basate sulla tecnologia a registri distribuiti (distributed ledger technology, DLT) e la modalità per garantire l’interazione tra la DLT e l’infrastruttura TARGET esistente.
Ma non si sta lavorando unicamente alla realizzazione della moneta digitale di banca centrale. Le iniziative attualmente in corso al fine di modernizzare e potenziare le infrastrutture di mercato nella UE includono, ad esempio: il progetto finalizzato a collegare l’infrastruttura TIPS (TARGET Instant Payment Settlement, il meccanismo dell’area dell’euro per il regolamento dei pagamenti istantanei) con i sistemi di pagamento di altri paesi; lo sviluppo dello Eurosystem Collateral Management System; l’adozione del nuovo regolamento europeo sui mercati delle criptoattività (Markets in Crypto-Assets Regulation, MiCAR), che fornirà una cornice normativa all’ecosistema
di questi strumenti; l’introduzione della strategia dell’Eurosistema per la resilienza cibernetica delle infrastrutture dei mercati finanziari; la revisione del regolamento sulle infrastrutture del mercato dei capitali europeo (European Market Infrastructure Regulation, EMIR), al fine di arricchire l’offerta di servizi di compensazione da parte di operatori europei e di ridurre la dipendenza dalle controparti centrali di paesi terzi.
Oltre a rafforzare il ruolo internazionale dell’euro, queste iniziative daranno una spinta decisiva ai pagamenti transfrontalieri, oggi costosi, lenti e poco inclusivi.
4. Conclusioni
Per concludere, vorrei lasciare da parte le questioni tecniche e tornare alla visione di insieme.
L’ascesa e il declino delle valute globali sono spesso considerate fasi di cambiamenti strutturali che avvengono nel tempo in modo lento, ordinato. La storia ci dice però che non è così.
Nel secolo scorso il dollaro soppiantò la sterlina come principale valuta di fatturazione degli scambi commerciali internazionali all’indomani della prima guerra mondiale, eguagliando la valuta inglese intorno al 1929 anche nelle emissioni globali di obbligazioni. La sua ascesa si interruppe con la Grande Depressione, e le due valute convissero fino agli anni cinquanta al vertice di un sistema monetario bipolare.
Il successo – o la crisi – di una valuta internazionale è quindi un fenomeno complesso, discontinuo, non lineare e meno prevedibile di quanto si creda.
Il ruolo internazionale dell’euro non può pertanto essere considerato un fenomeno irreversibile. Nei prossimi decenni la moneta unica potrebbe mantenere il suo ruolo attuale, finire relegata ai margini del sistema monetario mondiale o assumere un rilievo globale ancora maggiore.
Per preservare e accrescere il ruolo internazionale dell’euro dobbiamo dotarci di strumenti di intervento in grado di garantire stabilità macroeconomica, di un mercato dei capitali
efficiente e integrato a livello europeo, di infrastrutture di pagamento e di mercato all’avanguardia tecnologica. Si tratta di elementi che ci consentirebbero di mettere a frutto i risultati sin qui conseguiti, rafforzando l’integrazione europea e avvicinando la UEM a una vera e propria unione monetaria, fiscale e infine politica.
Un tale progetto può apparire di difficile attuazione, ma è quello che i cittadini europei si aspettano dalle loro istituzioni: il ruolo internazionale dell’euro offre l’occasione per dimostrare di essere all’altezza della sfida.
La posta in gioco è molto alta: l’euro costituisce il fondamento dell’Unione economica e monetaria. Quest’ultima, a sua volta, rappresenta ben più di un mero accordo economico e finanziario. Essa simboleggia la determinazione con cui i paesi membri percorrono il cammino verso l’unificazione europea.
In una fase di tensioni geopolitiche, la UEM rappresenta altresì una sorta di clausola di difesa collettiva: ogni attacco rivolto a un suo membro colpisce la moneta unica, un elemento essenziale della nostra sovranità condivisa, ed equivale a un attacco a tutta l’Unione.
La UEM è lo strumento che generazioni di europei hanno costruito insieme per ottenere pace, libertà e prosperità. Incarna il desiderio di progredire e lavorare insieme sulla scena mondiale. Sono questi i motivi per cui merita il nostro sostegno incondizionato.