Christine Lagarde, Presidente della BCE, รจ intervenuta in occasione del 34ยฐ Congresso bancario europeo a Francoforte. Le sue parole:
Bce, Lagarde: “Europa perde terreno, urgente unione mercati capitali. Il 45% degli europei non si fida degli intermediari finanziari”
“Nellโintervento tenuto lo scorso anno in occasione di questa conferenza ho affrontato il tema della frammentazione dei mercati dei capitali in Europa e dellโurgente necessitร di integrarli.
La mia argomentazione si fondava principalmente sul fatto che lโEuropa fosse alle prese con trasformazioni contraddistinte da un elevato fabbisogno di finanziamento, che non saremmo riusciti ad affrontare senza mobilitare il capitale privato in modo molto piรน efficace.
Ho sostenuto la necessitร di una โsvolta kantianaโ nel nostro approccio allโunione dei mercati dei capitali per passare dallโarmonizzazione dal basso verso lโalto a unโintegrazione che muovesse nella direzione opposta.
Ma, con le parole di Martin Luther King, โora ci troviamo di fronte al fatto che il domani รจ oggiโ. E nel frattempo lโurgenza di integrare i nostri mercati dei capitali รจ aumentata.
Dallo scorso anno lโarretramento dellโEuropa in termini di innovazione รจ emerso con ulteriore chiarezza. Il divario tecnologico tra gli Stati Uniti e lโEuropa รจ ormai innegabile.
Anche il contesto geopolitico รจ diventato meno favorevole, con crescenti minacce al libero scambio provenienti da tutte le parti del mondo. Essendo la piรน aperta tra le principali economie, lโUE risulta piรน esposta a queste tendenze.
Lโunione dei mercati dei capitali รจ al centro di tutte queste sfide.
ร un elemento fondamentale affinchรฉ la nostra economia diventi piรน dinamica e tecnologicamente avanzata. Sebbene le banche svolgano un ruolo essenziale nellโeconomia europea, sappiamo che servono mercati dei capitali integrati per finanziare le prime fasi di unโinnovazione pionieristica.
Ed รจ altrettanto fondamentale per accrescere la nostra capacitร di tenuta a fronte della frammentazione dellโeconomia mondiale. I mercati dei capitali sono lโanello mancante che consentirebbe ai cittadini europei di convertire i loro ingenti risparmi in maggiore ricchezza, permettendo loro in ultima analisi di spendere di piรน e rafforzare la nostra domanda interna.
Tuttavia, lโurgenza crescente non รจ stata accompagnata da progressi tangibili verso lโunione dei mercati dei capitali, soprattutto perchรฉ la sua attuazione continua a essere definita in modo sommario.
Dal 2015 sono state presentate oltre 55 proposte normative e 50 iniziative non legislative, ma questโampia produzione รจ andata a scapito del livello di profonditร . Ha determinato la frammentazione del progetto secondo interessi nazionali, in base ai quali specifiche iniziative sono state viste come una minaccia.
Per realizzare una โsvolta kantianaโ occorre pertanto ridefinire le prioritร del progetto, facendo emergere le inefficienze principali del sistema e individuando un numero minore di iniziative maggiormente efficaci.
Credo che il problema centrale dellโunione dei mercati dei capitali UMC sia la presenza di ostacoli in tre passaggi fondamentali lungo il โcanale di collegamentoโ tra risparmiatori e innovatori:ย lโingresso, la diffusione e lโuscita.
In primo luogo, i risparmi europei nonย entranoย nei mercati dei capitali in quantitร sufficiente perchรฉ si concentrano in depositi a basso rendimento.
In secondo luogo, quando raggiungono i mercati dei capitali, i risparmi restano intrappolati in compartimenti stagni nazionali senzaย diffondersiย nellโeconomia europea.
In terzo luogo, dopo essere stati distribuiti mediante i mercati dei capitali, i risparmi inย uscitaย non si dirigono verso imprese e settori innovativi, a causa di un ecosistema di venture capital poco sviluppato.
Questi tre ostacoli richiedono soluzioni diverse, ma devono essere considerati come un unico problema, in quanto si rafforzano a vicenda. Un minor numero di societร ad alto potenziale di crescita si traduce in una riduzione delle valutazioni azionarie e della liquiditร nei mercati dellโUE nonchรฉ in minori rendimenti per i risparmiatori.
Nel mio intervento odierno illustrerรฒ i principali ostacoli individuati in ciascun ambito e presenterรฒ alcune proposte operative per superarli”.
Ingresso nei mercati dei capitali
“I cittadini europei destinano al risparmio una quota elevata del proprio reddito, pari nel 2023 a circa il 13%, a fronte dellโ8% circa negli Stati Uniti.
In genere perรฒ prediligono prodotti di risparmio liquidi e a basso rischio. In Europa circa 11.500 miliardi di euro sono detenuti sotto forma di contanti e depositi, ossia un terzo delle attivitร finanziarie totali delle famiglie. Lo stesso dato per gli Stati Uniti รจ pari ad appena un decimo.
Le conseguenze principali per la nostra economia sono duplici.
In primo luogo, la ricchezza delle famiglie europee รจ molto minore di quanto potrebbe essere. Dal 2009 la ricchezza delle famiglie statunitensi รจ cresciuta di circa il triplo rispetto a quella delle famiglie dellโUE.
In secondo luogo, il flusso di risparmio verso i mercati dei capitali รจ molto inferiore di quanto potrebbe essere.
Secondo lโanalisi della BCE, se le famiglie dellโUE dovessero allineare il proprio rapporto depositi/attivitร finanziarie a quello delle famiglie statunitensi, potrebbero essere reindirizzati fino a 8.000 miliardi di euro verso investimenti a lungo termine basati sul mercato, pari a un flusso di circa 350 miliardi allโanno.
Perchรฉ allora le persone non diversificano le proprie attivitร ?
Una questione fondamentale รจ che gli investimenti al dettaglio in Europa sono frammentati, opachi e costosi.
In molti paesi effettuare investimenti รจ complesso e comporta lโintermediazione di consulenti finanziari nei quali non sempre si ha fiducia. Il 45% dei consumatori dichiara di non avere la certezza che la consulenza ricevuta consideri principalmente i loro interessi.
E se le famiglie investono, spesso non lo fanno alle condizioni migliori. Gli investitori al dettaglio nei fondi comuni europei, ad esempio, pagano quasi il 60% in piรน di commissioni rispetto alle loro controparti statunitensi.
Molti europei finiscono quindi per investire automaticamente nel risparmio garantito.
Ma quando i mercati sono piรน competitivi e i consumatori possono scegliere tra unโampia gamma di prodotti di investimento adeguati, il comportamento cambia. Nei Paesi Bassi, in Svezia e in Danimarca le famiglie gestiscono le proprie attivitร in modo analogo a quelle statunitensi, detenendone solo il 10-20% sotto forma di attivitร liquide.
Pertanto, se vogliamo superare lโostacolo โallโentrataโ del canale di collegamento, รจ necessario che i risparmiatori europei dispongano di prodottiย accessibili,ย trasparentiย e aย costi sostenibili. A mio avviso, uno โstandard di risparmio europeoโ, ossia un insieme standardizzato di prodotti di risparmio a livello di UE, รจ il modo migliore per conseguire tali obiettivi.
Se adeguatamente ideati e distribuiti, tali prodotti risulterebberoย accessibili, sarebbero quindi semplici da comprendere, disponibili ovunque e offrirebbero una serie di opzioni di investimento. Dovrebbero essereย trasparenti, ossia concepiti in base a criteri chiari, quali la diversificazione, la struttura delle commissioni e la composizione del portafoglio.
E dovrebbero avereย costi sostenibili, in quanto i fornitori di servizi finanziari sarebbero in grado di offrire prodotti certificati a livello di UE con meno burocrazia, e la standardizzazione determinerebbe maggiore comparabilitร e concorrenza. Entrambi gli effetti dovrebbero ridurre le commissioni.
Lโattrattiva dello standard europeo dovrebbe inoltre essere rafforzata dallโarmonizzazione degli incentivi fiscali in tutti i paesi.
Sarebbe il mercato a decidere la direzione dei risparmi, non i governi. Ma, a seconda delle preferenze dei risparmiatori, potrebbero essere offerti prodotti a sostegno delle prioritร europee, come il finanziamento dellโinnovazione e della transizione verde”.
Diffusione in tutta Europa
“Per sfruttare appieno il potenziale innovativo dellโEuropa, occorre che i finanziamenti confluiscano verso le idee migliori. E data la natura della tecnologia digitale, che spesso richiede ingenti investimenti iniziali, รจ necessario che i volumi di tali flussi siano consistenti.
Tuttavia, anche il secondo passaggio del canale di collegamento, ossia la diffusione dei capitali in tutta Europa, รจ ostacolato.
In Europa il capitale รจ bloccato allโinterno dei confini nazionali oppure รจ diretto verso gli Stati Uniti. Se si considerano ad esempio le azioni e partecipazioni, oltre il 60% degli investimenti delle famiglie europee avviene allโinterno del proprio paese. Gli investitori istituzionali sono molto piรน attivi nei mercati statunitensi che in quelli dellโUE.
Sono molte le ragioni alla base di questa segmentazione dei mercati europei, ma una causa fondamentale รจ che le nostre infrastrutture dei mercati finanziari presentano unโestrema frammentazione.
Nel 2023 vi erano 295 sedi di negoziazione nellโUE, nonchรฉ 14 controparti centrali e 32 sistemi di deposito accentrato[7]. Negli Stati Uniti vi sono solo due societร di compensazione titoli e un sistema di deposito accentrato.
Sebbene molti di questi soggetti appartengano a gruppi transfrontalieri paneuropei, gli scambi nazionali rimangono in gran parte a sรฉ stanti, fatta eccezione per alcune sinergie tecniche come i portafogli ordini consolidati.
Tale frammentazione genera elevati costi di transazione per le negoziazioni transfrontaliere, determinando, secondo lโanalisi della BCE, una maggiore preferenza degli investitori per i titoli del proprio paese.
Ne deriva una minore liquiditร per investitori, emittenti e borse valori. Rispetto alle controparti dellโUE, negli Stati Uniti il volume medio giornaliero delle negoziazioni per societร รจ 1,3 volte superiore per i titoli a grande capitalizzazione e due volte superiore per i titoli a media capitalizzazione.
A cosa รจ dovuta questa frammentazione?
La ragione principale รจ che i quadri giuridici allโinterno dellโUE non sono uniformi e tutti i tentativi di armonizzazione significativi sono ostacolati da interessi di parte.
Abbiamo un mosaico di norme nazionali in materia societaria, fiscale e di strumenti finanziari, con obblighi diversi relativi a operazioni societarie, servizi di custodia e segnalazione.
Le autoritร nazionali tendono ad esacerbare questo problema anzichรฉ ridurlo. Ad esempio, alcuni Stati membri impongono il ricorso a sistemi di deposito accentrato nazionali per lโemissione di titoli ai sensi del diritto nazionale o per il regolamento delle emissioni primarie di titoli di Stato.
Questo panorama variegato costituito da autoritร e regimi diversi limita fortemente la capacitร delle borse e dei sistemi di deposito accentrato di integrare le proprie piattaforme nazionali, anche allโinterno di gruppi transfrontalieri.
Si stanno compiendo alcuni passi avanti. LโEuropa va verso un sistema consolidato di pubblicazione comune che contribuirร a ridurre i costi di transazione. Tale sistema potrebbe ridurre i costi di negoziazione del 40-60% aumentando la trasparenza tra operatori e investitori.
Non risolverร perรฒ il problema fondamentale, ossia che il nostro approccio incrementale, incentrato sullโarmonizzazione di una moltitudine di leggi nazionali, procede semplicemente troppo a rilento.
Se guardiamo agli Stati Uniti, la convergenza legale spesso non avviene attraverso lโarmonizzazione totale delle leggi a livello statale, ma piuttosto mediante lโintroduzione di normativa a livello federale o con lโaffermarsi della legge di uno Stato come predominante. Ad esempio, quasi lโ80% di tutte le societร statunitensi che hanno effettuato operazioni di prima quotazione in borsa nel 2022 era registrato in Delaware.
In Europa, non riusciremo a progredire promuovendo lโordinamento giuridico di un paese rispetto a un altro. Per questo nellโintervento dello scorso anno ho proposta la creazione di una โSEC europeaโ, che potrebbe essere organizzata come rete di uffici negli Stati membri. Ma oltre a questo obiettivo ci sono anche altre opzioni percorribili.
Una possibilitร sarebbe lโadozione di un approccio a due livelli, come nel caso delle norme in materia di concorrenza o della vigilanza bancaria. I soggetti che soddisfano determinati criteri rientrerebbero automaticamente nella giurisdizione dellโUE, ma allโinterno di un quadro giuridico comune a livello europeo.
Unโaltra possibilitร sarebbe il ricorso al โ28oย regimeโ, che ci consentirebbe di definire un quadro giuridico specifico negli ambiti in cui i progressi hanno subito una battuta dโarresto. A margine dei vari regimi nazionali vi sarebbe quindi un regime giuridico dellโUE separato al quale le imprese possono aderire.
Ritengo che lโapproccio piรน realistico sia probabilmente combinare le diverse alternative.
Ad esempio, per evitare il complicato processo di armonizzazione normativa, potremmo prevedere un 28oย regime per gli emittenti di titoli. Questi beneficerebbero di un diritto unificato in materia societaria e di strumenti finanziari, che agevolerebbe il collocamento, la detenzione e il regolamento transfrontalieri.
ร tuttavia improbabile che tale regime funzioni per la vigilanza, in quanto potrebbe determinare unโapplicazione incoerente della regolamentazione nonchรฉ incentivi disallineati se i soggetti stessi scelgono la propria autoritร di vigilanza. Potremmo quindi ipotizzare un approccio a due livelli.
I prestatori di servizi finanziari che soddisfano una serie di criteri, come dimensioni o attivitร transfrontaliere, sarebbero sottoposti alla vigilanza europea. Le autoritร nazionali continuerebbero a vigilare sugli operatori nazionali piรน piccoli. La stretta collaborazione tra lโAutoritร europea degli strumenti finanziari e dei mercati e le autoritร nazionali sarร cruciale per il successo di tale approccio”.
Lโuscita dei capitali verso i settori innovativi
“Pur riuscendo a far circolare piรน liberamente i capitali in Europa, sarร necessario assicurare che, uscendo dal sistema finanziario, si dirigano verso settori e imprese innovativi. ร questo il terzo ostacolo lungo il canale di collegamento in Europa.
Nelle economie altamente innovative esiste in genere un ecosistema di investitori, quali angel investor e venture capitalist, che convogliano fondi verso start-up a elevato potenziale di crescita, fornendo in gran parte capitale di rischio. Ma tale ecosistema in Europa รจ molto meno sviluppato rispetto agli Stati Uniti. Gli investimenti in venture capital rappresentano appena un terzo di quelli statunitensi.
Il risultato รจ che le giovani imprese innovative incontrano difficoltร a crescere in Europa, soprattutto una volta raggiunta la fase di espansione in cui sono necessari maggiori finanziamenti. Unโimpresa media europea finanziata da venture capital riceve circa metร del sostegno rispetto a una controparte statunitense.
Dipendiamo inoltre ampiamente da venture capital estero per il finanziamento dellโinnovazione europea. Oltre il 50% dellโinvestimento in fase avanzata a favore di societร tecnologiche europee proviene dallโesterno dellโUE.
Come economia aperta, accogliamo investimenti da tutte le parti del mondo. Ma se gli imprenditori del settore tecnologico dellโUE ricevono per lo piรน finanziamenti esteri, รจ possibile che si crei un percorso vincolato.ย Potrebbero decidere in ultima analisi di quotarsi in borsa e ampliare la propria attivitร altrove, soprattutto nel mercato statunitense, configurando quella che chiamerei โunโuscita indesiderataโ.
Cosa possiamo fare per colmare questo deficit di finanziamento?
Agire dal lato della domanda รจ fondamentale. Gli imprenditori nel nostro mercato unico sono gravati da troppi ostacoli e oneri burocratici; abbiamo quindi poche imprese a elevato potenziale di crescita che gli investitori in venture capital vogliono finanziare. Le raccomandazioni contenute nelle relazioni di Letta e Draghi sul completamento del mercato unico sono essenziali affinchรฉ il venture capital svolga un ruolo piรน importante.
Ma รจ necessario agire anche dal lato dellโofferta. E poichรฉ partiamo da una situazione deficitaria, dobbiamo sfruttare tutta la flessibilitร di cui disponiamo allโinterno del sistema finanziario europeo per liberare i finanziamenti a favore dellโinnovazione. Tre modifiche concrete potrebbero fare la differenza.
In primo luogo, dato il naturale allineamento degli orizzonti di investimento, il nostro regime normativo dovrebbe consentire agli investitori a lungo termine di contribuire maggiormente alla crescita di lungo termine.
Ad esempio, i fondi pensione dellโUE destinano solo lo 0,02% delle attivitร totali al venture capital, rispetto a quasi il 2% attribuito dai fondi pensione statunitensi. E questa percentuale si applica a una base di attivitร molto piรน ampia: oltre il 140% del PIL negli Stati Uniti, contro circa il 30% nellโUE.
In secondo luogo, dovremmo sfruttare appieno le possibilitร offerte dalle nostre banche pubbliche di sviluppo, in particolare la Banca europea per gli investimenti (BEI), al fine di mettere in comune i rischi e attirare capitale privato.
Sono giร in cantiere iniziative di successo in tal senso. Lo scorso anno la BEI e sei Stati membri hanno lanciato la European Tech Champions Initiative, un fondo di fondi volto a convogliare i capitali di crescita in fase avanzata verso innovatori europei promettenti.
Finora questo fondo ha mobilitato 10 miliardi di euro in risorse pubbliche e private e ha sostenuto 16 scale-up tecnologiche. Si tratta di un dato significativo, se si considera che nel 2023 le scale-up europee hanno ricevuto circa 30 miliardi di euro di investimenti in venture capital.
Ma si puรฒ fare di piรน per sfruttare il potenziale della BEI e riuscire a recuperare terreno piรน rapidamente con le nostre controparti. In particolare, la BEI dovrebbe essere autorizzata a impiegare le proprie risorse con piรน efficacia e fornire una gamma piรน ampia di strumenti per sostenere le innovazioni pionieristiche, soprattutto nellโambito del sostegno alle start-up in fase iniziale.
In terzo luogo, dovremmo esaminare come sostenere lโinnovazione non solo mediante capitale di rischio, ma anche attraverso il debito. Pur dovendo aspirare in ultima analisi ad avere livelli di investimenti in venture capital pari a quelli degli Stati Uniti, lโEuropa dovrebbe nel frattempo sfruttare al meglio il sistema basato sulle banche di cui dispone.
Queste possono svolgere un ruolo nel finanziamento dellโinnovazione. Uno sviluppo interessante cui si รจ assistito in Europa nellโultimo decennio รจ stato lโaumento del venture debt, ossia prestiti che forniscono liquiditร alle start-up fra i cicli di finanziamento azionario. Nel 2022 sono stati destinati circa 24 miliardi di euro in venture debt, in aumento rispetto a circa 1 miliardo nel 2014.
Tuttavia, se le banche devono erogare piรน credito a settori piรน rischiosi, nel rispetto della normativa prudenziale, hanno bisogno di margine di bilancio per poterlo fare. Lo sviluppo della cartolarizzazione in Europa potrebbe svolgere un ruolo di supporto.
Attualmente le banche dellโUE prestano oltre 600 miliardi di euro alle societร immobiliari, ma meno di 100 miliardi alle imprese tecnologiche, anche se il contributo di ciascun settore al valore aggiunto reale รจ pressochรฉ identico. Gli strumenti che sarebbero in grado di facilitare un certo riequilibrio di queste esposizioni potrebbero sostenere lโattivitร innovativa in Europa”.
Conclusioni
“Si dice che Leonardo da Vinci abbia osservato: โSapere non รจ abbastanza, dobbiamo applicare. Volere non รจ abbastanza, dobbiamo fare.โ
Oggi i leader europei sono consapevoli dei problemi causati dalla frammentazione dei mercati dei capitali e sono disposti ad agire. Ma finora non siamo passati nรฉ allโapplicazione nรฉ allโazione.
La mancanza di progressi deriva sostanzialmente dalla definizione generica di unione dei mercati dei capitali e dallโapproccio legislativo frammentario che questa genera. Ciรฒ, a sua volta, fa sรฌ che il progetto sia vittima della โmorte dei mille tagliโ, in quanto interessi di parte ostacolano o edulcorano ogni atto legislativo.
Ho presentato oggi un quadro per riorientare i nostri sforzi, al fine di fornire il dettaglio e lโindirizzo di cui abbiamo bisogno per superare lo stallo.
ร questa la svolta kantiana di cui ho parlato lo scorso anno: un cambio di prospettiva per passare da molte piccole azioni a poche grandi azioni, prediligendo quelle che possiamo di fatto intraprendere e che daranno il contributo maggiore”.