Il PIL mondiale si manterrร in moderata espansione, decelerando di poco nel 2025 Nello scenario di crescita globale preso a riferimento nel rapporto di previsione delย Centro studi di Confindustria. si sconta un rallentamento negli USA, quasi del tutto bilanciato dalla migliore dinamica nellโEurozona e dalla crescita negli emergenti. Per gli USA si ipotizza, infatti, un soft landing, con la crescita che, dal +2,5% del 2023, rallenta al +2,3% nel 2024 e al +1,5% nel 2025. La dinamica degli emergenti รจ rivista poco al rialzo nel 2024 rispetto alle attese di aprile, grazie a migliori andamenti per alcune economie, tra cui Argentina, Turchia, Polonia e Russia. Se perรฒ si guarda alle prime cinque economie emergenti, in primis Cina e India, la dinamica รจ in leggero rallentamento dal 2023.
Confindustria: Pil +0,8% 2024, nel 2025 +0,9%
ร ampio il gap di crescita dellโEurozona rispetto agli altri due grandi player mondiali: dal pre-pandemia (fine 2019) alla metร del 2024 il PIL dellโArea Euro รจ aumentato del +3,9% rispetto al +10,7% degli Stati Uniti e al +22,8% della Cina. Anche nellโanno in corso il ritmo di crescita europeo (+0,2% nel 2ยฐ trimestre sul 1ยฐ) resta nettamente inferiore a quello di USA e Cina (+0,7% entrambi). LโEuropa, infatti, รจ alle prese con il forte calo degli investimenti e il rallentamento dei consumi delle famiglie, entrambi legati agli alti tassi di interesse. Lโindice di fiducia delle imprese industriali รจ recessivo da 19 mesi e ha toccato il punto piรน basso da agosto 2020. Solo nella seconda metร dellโanno prossimo lโallentamento della politica monetaria, che tornerร neutrale a fine 2025 (-200 punti base da giugno scorso a fine 2025), esplicherร in modo incisivo i suoi effetti, insieme al recupero del potere dโacquisto delle famiglie.
Il commercio mondiale di beni รจ tornato in espansioneย nei primi sette mesi del 2024, dopo la battuta dโarresto nel 2023 ed รจ atteso consolidarsi, tornando ai ritmi pre-pandemia. Ciรฒ grazie a una domanda piรน robusta alimentata dal rientro dellโinflazione, che sostiene il potere dโacquisto e la fiducia delle famiglie, e dalla discesa dei tassi di interesse nelle principali aree, che permetterร una graduale risalita del credito e una migliore dinamica degli investimenti. Lโandamento della domanda globale รจ trainato dagli acquisti allโestero degli Stati Uniti (primo paese importatore mondiale) e dalle vendite della Cina (pri- mo esportatore mondiale).
Continuano i segnali di decouplingย In Cina รจ in atto un progressivo calo dellโimport che contrasta con la robusta crescita dellโexport e dellโattivitร industriale. Si tratta di segnali da un lato di una domanda interna debole, dallโaltro dello spostamento allโinterno dei confini nazionali di processi produttivi a monte delle supply chain e, quindi, di minore dipendenza dagli input esteri. Aumentano, inoltre, i segnali di decoupling tra Cina e Stati Uniti (minor peso degli acquisti incrociati) e, piรน recentemente, tra Cina e Unione Europea; con- temporaneamente, si rafforzano le connessioni commerciali UE-USA.
Persistono vari fattori che alimentano le tensioni globaliย e hanno effetti negativi su prezzi delle commodity e scambi:ย tassi ancora elevati, prezzi ener- getici superiori al pre-2022, guerre in Ucraina e Medio Oriente (costo dei noli per le rotte Asia-Europa e Asia-USA molto al di sopra dei livelli del 2023, piรน che raddoppiato nel caso di quelle atlantiche), crescenti misure protezionistiche (a ritmo piรน del doppio rispetto a quelle varate prima del 2020), elevata incertezza nei rapporti multilaterali, alimentata anche dalle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Allโenergia e alle guerre, in Europa si aggiunge la crisi dellโautomotiveย che sta indebolendo lโattivitร industriale, soprattutto in Germania.
Diversiย fattoriย influirannoย positivamenteย sullaย dinamicaย dellโeconomiaย italia-na nel biennio: la ripresa del commercio internazionale, tra la seconda parte del 2024 e, in particolare, il 2025; lโallentamento della politica monetaria che avrร effetti positivi sulle scelte di investimento delle imprese e di consumo delle famiglie progressivamente e soprattutto nel 2025; un moderato rafforzamento della crescita dellโArea euro, sostanzialmente in linea con quello previsto per lโeconomia italiana; un miglioramento del reddito disponibile reale delle famiglie per via dellโulteriore espansione occupazionale, del rientro dellโinflazione e del progressivo recupero dei salari reali; lโimplementazione del PNRR (9,5 i miliardi spesi finora questโanno sui 42,2 programmati) che, sebbene si assuma una spesa solo parziale delle risorse pianificate (metร questโanno e due terzi il prossimo, per un totale di circa 60 miliardi su oltre 100 programmati), darร un contributo importante alla crescita. Agiranno in senso contrario, la persistente fragilitร dellโeconomia tedesca, primo mercato di sbocco dellโexport italiano (-5,4% lโexport italiano nei primi sette mesi del 2024); le tensioni globali e il venir meno, soprattutto il prossimo anno, della spinta degli incentivi allโedilizia.
Rallenta la crescita in Italia a seguito della revisione Istatย Le previsioni CSC per lโeconomia italiana sono riviste al ribasso, rispettivamente di 1 e 2 decimi di punto allโanno, rispetto a quelle incluse nel rapporto dello scorso aprile: il PIL รจ previsto crescere del +0,8% nel 2024 e del +0,9% nel 2025. Un ritmo di crescita, comunque, piรน alto di quello registrato dallโItalia, in media, nei decenni pre-pandemia.
In base alla recente ampia revisione Istat dei dati di contabilitร nazionale, lโI-talia nel 2023 รจ cresciuta di +0,7%, non di +0,9% come stimato in precedenza. Inoltre, sebbene la dinamica del PIL nei primi due trimestri del 2024 sia rima- sta invariata, la peggior chiusura del 2023 determina lโazzeramento dellโereditร statistica nel 2024 (in precedenza pari a +0,2).
La crescita del PIL dal lato dellโofferta questโanno viene dai serviziย (+0,6% nel 2ยฐ trimestre dopo un forte aumento anche nel 1ยฐ di +0,8%),ย in calo tutti gli altri settori. Nel 3ยฐ trimestre 2024, lโattivitร nei servizi รจ in rallentamento ma dovrebbe rafforzarsi nella parte finale dellโanno e poi nel 2025 grazie alla moderata inflazione, allโaumento del reddito disponibile reale delle famiglie e al miglioramento delle condizioni di accesso al credito al consumo. Le costruzioni dal lato abitativo stanno risentendo fortemente della riduzione degli incentivi nel 2024 e ne risentiranno in misura ancora maggiore nel 2025 quando verranno meno altre agevolazioni fiscali. Quelle di tipo non abitativo, invece, dovrebbero beneficiare delle risorse del PNRR e di impieghi bancari meno one- rosi. Nel biennio prevarrร comunque lโeffetto del calo delle abitazioni.
La produzione industriale nel 2023 รจ diminuita del 2,4% e, nei primi otto mesi del 2024, di unโulteriore 3,2% (rispetto ai mesi corrispondenti del 2023).ย Nel 3ยฐ trimestre rimane negativa, con una riduzione dello 0,5% acquisita ad agosto. A livello settoriale, emergono performance molto differenti con una crescita di altri mezzi di trasporto, riparazioni e installazioni (con un incremento del +8,0% e del +5,3% nei primi otto mesi dellโanno rispetto ai primi otto mesi del 2023), alimentari e carta (+2,7% e +1,9%), mentre pesa la contrazione dellโautomotive (-17,9%), degli articoli in pelle (-15%) e dellโabbigliamento. Il valore aggiunto dellโindustria in senso stretto รจ previsto recuperare il prossimo anno (-0,8% nel 2024, in linea con lโacquisito, +1,0% nel 2025), grazie alla ripresa della domanda, interna ed estera, comunque modesta, tra fine anno e inizio 2025.
Siย fermanoย questโannoย (+0,5%)ย eย scenderannoย lโannoย prossimoย (-1,3%)ย gliย investimenti, dopo la robusta crescita degli anni scorsi (+21,5% nel 2021, +7,5% nel 2022 e +8,5% nel 2023). Nella prima metร del 2024 hanno frenato a causa dellโazzeramento del contributo di quelli in abitazioni, ma ha inciso anche il contributo negativo di quelli in impianti e macchinari. Nella seconda parte dellโanno la dinamica รจ attesa diventare negativa per la caduta dellโedilizia residenziale, che si acuirร nel 2025 quando anche gli altri incentivi edilizi saranno scaduti o torneranno alle aliquote ordinarie, e nonostante lโimpatto positivo del taglio dei tassi di interesse. Il calo (-15%) riporterร nel 2025 gli investimenti in abitazioni su un livello a metร tra quelli del 2021 e del 2022, corrispondente ai valori del 2008. Agiranno a parziale compensazione le spese connesse allโimplementazione del PNRR, che rafforzeranno gli investimenti in fabbricati non residenziali, e la ripresa degli investimenti in impianti e macchinari, giร dalla seconda parte del 2024, che riguarderร gli investimenti ritardati dallโattesa di Transizione 5.0, misura che presenta alcune difficoltร applicative (la dimostrazione del risparmio energetico, la non chiara definizione delle regole di cumulo con altre misure finanziate da risorse europee e lโesclusione dallโincentivo di una parte del sistema produttivo in ottemperanza al principio delย Do No Significant Harm). Su tutte le componenti degli investimenti, inoltre, agiranno positivamente sia il taglio dei tassi di interesse che le migliori prospettive economiche.
Reddito disponibile in risalita ma consumi frenati dalla ricostituzione del risparmio speso negli anni scorsi. La spesa delle famiglie per beni e servizi รจ tornata sui livelli pre-Covid grazie allโottima crescita registrata nel 2023 (+1,0% in media dโanno). Nella prima metร del 2024 รจ cresciuta ancora anche se in misura molto limitata (in media, +0,2% a trimestre). Sta risalendo lentamente anche la spesa per i beni, diminuita lo scorso anno (-1,3% in media).
Il reddito disponibile delle famiglie in termini reali ha registrato un lieve calo nel 2023 (-0,2% annuo) ma nella prima metร del 2024 รจ cresciuto (+2,2% ac- quisito al 2ยฐ trimestre) grazie al protrarsi dellโespansione dellโoccupazione, al rafforzamento della dinamica salariale e alla moderata inflazione. Lโelevata propensione al risparmio, arrivata molto oltre i valori โnormaliโ (10,2% nel 2ยฐ trimestre, rispetto a 7,9% nel periodo 2015-2019) sta frenando i consumi e riflette lโintenzione delle famiglie di ricostituire il risparmio speso negli anni scorsi (a causa dellโalta inflazione) e lโincerto contesto geopolitico. In prospettiva, le famiglie dovrebbero tendere gradualmente a normalizzare il tasso di risparmio, aumentando i consumi. Inoltre, il taglio dei tassi giร avviato e atteso proseguire, agirร favorevolmente sia sui prestiti sia riducendo i costi per le famiglie, con effetti positivi che saranno piรน evidenti soprattutto nel 2025.
La dinamica annua dei prezzi al consumo in Italia (0,7% annuo a settembre, al +1,1% nel 2024) รจ la piรน bassa tra le principali economie europeeย (+1,7% nell’Eurozona) e si mantiene molto sotto lโobiettivo BCE del +2,0%. Per questa ragione, in Italia i tassi di interesse ancora alti risultano piรน restrittivi che altrove in termini reali. Nel 2025, lโinflazione in Italia รจ attesa risalire in parte, tendendo ad avvicinarsi ai valori della misura core, cioรจ poco sotto il +2,0%.
In calo, atteso, le ore lavorate per occupato, a parziale rientro del forte allungamento degli orari osservato negli scorsi anni e alla luce di una serie di fattori, sia congiunturali (rallentamento dellโattivitร edile e debolezza del settore industriale) sia strutturali (ricomposizione dellโattivitร e dellโoccupazione verso i servizi, caratterizzati da orari di lavoro piรน corti). Ciรฒ porterร a un lieve miglioramento della produttivitร del lavoro: +0,6% quella per ora lavorata nel 2025, dopo i cali registrati negli anni precedenti (-0,6% nel 2024 e -1,5% nel 2023). Questo soprattutto nellโindustria, dove pare essersi esaurito il fenomeno dellโoccupazione senza crescita osservato dal 2022 (e sta crescendo il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni), e nei servizi, dove รจ in atto dal 2022 una ricomposizione a favore dei settori a piรน alta produttivitร (informazione e comunicazione e attivitร professionali, scientifiche e tecniche e servizi di supporto). In media dโanno, come giร nel 2023, anche nel 2024, lโoccupazione in termini di unitร equivalenti (ULA) crescerร a un ritmo piรน sostenuto rispetto allโattivitร economica (+1,4% per le ULA contro il +0,8% del PIL). Giร dalla metร di questโanno, tuttavia, e nel 2025 le ULA sono attese avanzare ad un ritmo inferiore rispetto al PIL (mentre il numero di occupati continuerร ad aumentare come il PIL).
La dinamica retributiva nominale, insieme al rientro dellโinflazione, permetterร un graduale recupero delle retribuzioni reali, che avanzeranno del +4,3% nel biennio 2024-2025, dopo il -6,7% nel 2022-2023. La risalita รจ giร iniziata nel 2023, trainata dal settore privato, dove le retribuzioni reali per ULA nel 2ยฐ trimestre 2024 avevano recuperato il 40% della perdita di potere di acquisto generata dallโimpennata dellโinflazione (-5,0% sul 1ยฐ 2021, da un punto di minimo di -8,3% a fine 2022). Ciรฒ grazie allโaccelerazione delle retribuzioni contrattuali che รจ avvenuta prima ed รจ stata piรน ampia nellโindustria (dove la copertura dei CCNL รจ stata pressochรฉ completa nel biennio 2022-2023) e basata sul virtuoso meccanismo di adeguamento dei minimi tabellari definito tra le parti sociali nel 2009, che ha consentito un rientro piรน rapido dellโinflazione rispetto agli altri paesi europei. Al contrario, nel settore pubblico, a riflesso di due tornate di rinnovi dei contratti collettivi di lavoro in ampio ritardo, le retribuzioni reali pro-capite sono scese ancora di piรน con lโimpennata dei prezzi (-13,2% nel 1ยฐ trimestre 2023 sul 1ยฐ 2021) e hanno iniziato a recuperare solo dalla seconda parte del 2023, attestandosi a metร 2024 su un livello ancora di quasi 9 punti percentuali inferiore a quello di inizio 2021.
Sale ancora il CLUP nel settore manifatturiero italianoย sotto la spinta dellโaccelerazione salariale contemporanea alla contrazione della produttivitร del lavoro: +5,6% nel 1ยฐ semestre 2024 sul 1ยฐ 2023, dopo il +5,9% medio annuo nel 2023. Il miglioramento della produttivitร del lavoro nel 2025 smorzerร il ritmo di crescita del Clup, che comunque รจ atteso ancora in espansione di circa 3 punti, data la dinamica salariale sostenuta.
Lโexport di beni รจ rimasto stagnante nei primi sette mesi del 2024ย (-0,1% rispetto allo stesso periodo del 2023, dopo -1,2% lo scorso anno)ย a causa del calo della domanda europeaย (che assorbe il 52% dellโexport italiano). ร il risultato, infatti, di un aumento delle vendite nei mercati extra-UE (+1,8%), an- che grazie al +3,3% verso gli Stati Uniti (secondo paese di destinazione delle vendite italiane), e una diminuzione in quelli UE (-1,6%), con un calo del -5,4% verso la Germania (primo paese di sbocco).ย Nonostante ciรฒ, lโexport italiano ha registrato una dinamica migliore della propria domanda potenziale, guadagnando quote di mercato nei propri mercati di destinazione. Le importazioni italiane di beni sono in forte calo questโanno risentendo della debolezza della domanda interna di consumo e soprattutto di investimento, specie in macchi- nari, oltre che della stagnazione delle stesse esportazioni. Per questoย lโexport netto offre un forte contributo alla crescita del PILย nellโanno in corso (+1,2 punti percentuali) e resta marginalmente positivo nel prossimo anno (+0,1 punti) quando export e import di beni sono attesi ripartire a ritmi moderati favoriti da un miglioramento dellโattivitร manifatturiera mondiale e soprattutto europea (comunque sotto agli scambi mondiali). Significativa la contrazione degli acquisti dallโestero, questโanno, di beni energetici (gas e petrolio, pari allโ11% dellโimport italiano nel 2023), favorita da un precedente accumulo di scorte e da temperature invernali miti, ridotti di oltre un quinto, a prezzi costanti, rispetto allo stesso periodo del 2023, contribuendo per oltre la metร al calo dellโimport totale.
Lโottima performance dellโexport รจ il risultato di una serie di aggiustamenti avvenuti negli ultimi 10-15 anni: la contrazione della base produttiva tra il 2011 e il 2022 del -16% (67mila imprese) che ha interessato le classi micro-piccole mentre รจ aumentato il numero delle medie e grandi dal 2015; il riequilibrio della produttivitร comparativamente alle altre imprese europee dovuto principalmente alle imprese di piccola e media dimensione (tra i 10 e i 249 addetti) il cui vantaggio di efficienza nei confronti delle omologhe tedesche e francesi รจ quasi costantemente aumentato (il gruppo dei produttori โmiglioriโ รจ costituito da poco meno del 20% delle imprese manifatturiere italiane, che occupano piรน del 50% degli addetti e producono circa il 50% del valore aggiunto); lโaumento della quota di imprese esportatrici da meno del 21% nel 2011 a piรน del 22% nel 2022 perchรฉ le esportatrici sono diminuite meno delle altre, accompagnato anche da un aumento dellโexport medio per impresa indipendentemente dalla classe dimensionale di appartenenza.
I nodi della competitivitร .ย Nei prossimi anni diversi fattori mettono a rischio la crescita del Paese.
Il declino demografico accrescerร la carenza di lavoratori, che giร oggi รจ un problema: prima della pandemia vi erano difficoltร di reperimento per il 26% delle assunzioni previste (1,2 milioni), mentre nel 2023 la quota ha superato il 45% (quasi 2,5 milioni). Fattori quali la scarsa mobilitร interna, la fuga di cervelli, la carenza di lavoratori extra-UE tendono ad accrescere il problema. Sulla base delle proiezioni demografiche Istat, il saldo naturale della popolazione residente in Italia รจ previsto ridursi di 1,5 milioni tra lโinizio di questโanno e il 2028. Nonostante il saldo migratorio positivo con lโestero atteso pari a 1,2 milioni, la popolazione in etร lavorativa sarร di 850mila unitร inferiore. A paritร di tasso di occupazione, lโofferta di lavoro tra 5 anni si ridurrร di 520mila unitร . Una modesta crescita economica (del 4,9% cumulato nel 2024-2028) implicherebbe un fabbisogno di occupazione aggiuntiva di circa 815mila unitร . Il mismatch, quindi, potrebbe ampliarsi di 1,3 milioni unitร nel 2028. A livello territoriale, sarebbe piรน contenuto al Nord, comunque sotto la media nazionale al Centro, mentre si accentuerebbe nel Mezzogiorno. Difficile pensare di compensarlo con il solo aumento del tasso di occupazione, che dovrebbe salire di 3,7 punti percentuali. Assumendo un aumento del tasso di occupazione di due punti (obiettivo piรน verosimile sullโarco di un quinquennio), mancherebbero ancora 610mila unitร che dovrebbero essere reperite con un ampliamento degli ingressi di lavoratori stranieri di circa 120mila unitร in piรน allโanno, se si vuole evitare che la disponibilitร di lavoratori limiti la crescita dellโattivitร economica.
Costi di alloggio troppo elevati rispetto a produttivitร e quindi salari, nelle diverse aree territoriali, frenano la mobilitร dei lavoratori.ย I costi di alloggio sono un fattore chiave nella decisione di trasferirsi per lavoro in unโaltra area geografica. In un mercato ideale, i costi di alloggio dovrebbero essere proporzionati al livello di produttivitร della regione e quindi ai salari medi. Prezzi delle case troppo alti rispetto alla produttivitร , anche in zone ad alta domanda di la- voro, creano una barriera per i lavoratori che potrebbero trasferirsi in tali aree. In Italia, questo problema si manifesta in maniera particolarmente evidente in alcune province come Milano, Como, Venezia, Bologna, Firenze e Roma, oltre che in generale nel Nord-Ovest e nel Centro Italia. Il risultato paradossale รจ che alcune aree geografiche con alta domanda di lavoro sperimentano carenze di personale, mentre altre aree con produttivitร piรน bassa e minori opportunitร lavorative soffrono di alti tassi di disoccupazione. Misure di sostegno per i canoni di locazione e un piano composito, volto a favorire la costruzione o riqualificazione di immobili a prezzi calmierati, potrebbero aiutare a ridurre questi squilibri e accrescere la mobilitร dei lavoratori.
I prezzi del gas e dellโelettricitร sono ancora piรน alti in Italia, sia rispetto agli altri grandi paesi europei come Francia e Germania, sia rispetto agli Stati Unitiย penalizzando la competitivitร delle imprese rispetto ai principali partner occidentali. Oltre agli interventi giร avviati, un utile contributo potrร venire dalla riforma del mercato elettrico, per separare il prezzo dellโelettricitร da quello del gas, cosรฌ come, nel lungo periodo, dallo sviluppo del nucleare.
Il crollo del settore dellโauto, tornato circa al livello di produzione di inizio 2013, data la sua rilevanza, mette a rischio la crescita italiana sia di breve che di medio-lungo periodo: -26,1% la produzione a luglio 2024 rispetto a luglio 2023 contro il -3,8% della produzione industriale totale; nel comparto autoveicoli propriamente detti il calo รจ ancora piรน profondo (-34,7%). Il fenomeno, seppur legato alla debolezza della domanda, non รจ solo congiunturale (รจ aumentato, sebbene di poco, lโimport di autoveicoli in Italia del +2,0% tendenziale). Cโรจ anche qualche cambiamento nelle abitudini che riduce la domanda: tra i giovani sarebbe piรน basso il desiderio di utilizzare unโautomobile rispetto alle precedenti generazioni; รจ in forte crescita ilย vehicle-sharing. Ma incide sicuramente anche il costo: in Europa nel 2023 lโautomobile elettrica piรน economica sul mercato era del 92% piรน costosa del corrispettivo piรน economico a combustione interna, a causa delle batterie, che incidono circa per il 40% sul totale dei costi; le differenze di prezzo aumentano man mano che si riduce la dimensione del veicolo. Prendendo a riferimento due motorizzazioni alternative di una stessa automobile di piccola taglia, su un arco di tempo di 10 anni, includendo tutti i costi, passare allโauto elettrica comporta un aggravio di spesa per un automobilista italiano pari a circa 5.700 euro, il 15% in piรน. Inoltre, i tempi di ricarica sono piรน elevati, lโautonomia di percorrenza notevolmente ridotta, la disponibilitร delle infrastrutture per la ricarica ancora limitata e la performance della batteria si riduce progressivamente. Lโassociazione tra le trasformazioni in corso e il crollo della produzione nel settore dellโauto non sembra essere casuale. Ma il settore รจ troppo rilevante per lโeconomia italiana ed europea: solo il settore โcoreโ rappresenta il 13% del fatturato manifatturiero europeo, il 6,3% della produzione manifatturiera italiana, un valore aggiunto di 15 miliardi e 170mila occupati in Italia. E senza contare tutto lโindotto domestico generato (con il quale il settore pesa il 5,6% del valore aggiunto complessivo secondo Anfia), che coinvolge soprattutto lโindustria dei prodotti in metallo ma anche la gomma-plastica, le attivitร metallurgiche, la fabbricazione di macchinari e le apparecchiature elettriche.
Il sempre piรน stringente sistema ETS parallelamente allโoperativitร del CBAM accresce il rischio che alcune delle attivitร produttive regolate, che rappresentano il 9% del valore aggiunto manifatturiero sia in Italia sia nella media europea, vengano trasferite fuori dallโUE. LโUE ha fissato un limite massimo alle quote di emissioni totali consentite rivisto e ridotto su base annuale che porterร a ridurle del 62% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. La riduzione rilevante delle quote in circolazione e la possibilitร che operatori esterni al sistema possano acquistare sul mercato leย EU allowancesย hanno comportato un aumento molto significativo dei prezzi di acquisto delle quote: da inizio 2021 a oggi, il prezzo รจ aumentato del 42% determinando uno svantaggio competitivo per le imprese europee. Svantaggio giร evidente nel 2021, quando i prezzi del carbonio applicati alla produzione di acciaio, alluminio e cemento nei paesi UE sono stati generalmente superiori, spesso in modo so- stanziale, rispetto a quelli vigenti nei mercati di importazione ed esportazione, mentre era inferiore per paesi fuori dal sistema come gli Stati Uniti.
Secondo una semplice simulazione condotta dal Centro Studi Confindustria, lโeliminazione delle quote gratuite utilizzate nel 2022 dalle imprese italiane nellโambito dellโETS, prevista nel 2034, comporterebbe in media un incremento dei costi diretti di produzione del 3% per le imprese regolamentate. Lโincremento medio supererebbe il 5% per le imprese che producono derivati dalla raffinazione del petrolio e prodotti ottenuti dalla lavorazione di minerali non metalliferi (prodotti refrattari, cemento, calcestruzzo, gesso, vetro, ceramiche, ecc.), e il 7% per il 25% delle imprese piรน esposte. Se si considera inoltre lโeffetto, giร presente, dellโETS sul costo dellโenergia elettrica che determina uno svantaggio competitivo per lโintera UE, si comprendono le enormi criticitร di tale meccanismo e lโimpatto che potrebbe avere sulla propensione delle imprese a investire in Europa.
Lโentrata in vigore del CBAM dal 2026, che imporrร una tassa sul carbonio alle importazioni di un gruppo di prodotti ad alta intensitร di emissioni, quali ghisa, ferro, acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, elettricitร e idrogeno provenienti dai paesi extra-UE, presenta i medesimi rischi. Le importazioni UE da paesi extra-UE nei settori che saranno colpiti dallโimposta CBAM sono superiori al 4% del totale importato fuori dal mercato unico e alimentano un deficit commerciale di circa 15 miliardi di euro. LโItalia รจ, tra i principali paesi manifatturieri europei, quello con una esposizione maggiore, pari al 7,5% delle importazioni totali, e ha un deficit commerciale extra-UE di -5,0 miliardi in tali prodotti, pur registrando un surplus se si considerano gli scambi allโinterno del mercato unico. Poichรฉ le imprese europee competono in contesti dove il carbonio non viene prezzato (es. diversi stati USA) o ha un costo inferiore (es. Cina), si determinerร una perdita di competitivitร su tali mercati. Peraltro, lโapplicazione dellโimposta a monte della catena di produzione, in quanto colpisce beni che in molti casi rappresentano semilavorati o materie prime e non i prodotti finiti, finisce per penalizzare, di fatto, lโindustria europea che รจ, principalmente, unโindustria di trasformazione. Infine, oltre a essere facilmente eludibile, la sua applicazione richiede una serie di informazioni che accrescono lโonere amministrativo lungo tutta la catena di produzione, soprattutto per le piccole e medie imprese, e la mancanza di un metodo univoco di calcolo delle emissioni accresce il rischio di sanzioni per le imprese che non riusciranno a soddisfare i requisiti.