Nel 2023 il Pil in volume a livello nazionale è aumentato dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Il Mezzogiorno ha mostrato la crescita più rilevante (+1,5%), sostenuta dalla forte dinamica registrata nei settori delle Costruzioni (+7,3%) e dei Servizi finanziari, immobiliari e professionali (+2,8%). L’Industria è risultata stabile rispetto al 2022, mentre in Agricoltura la diminuzione del valore aggiunto è stata più contenuta di quella media nazionale (-2,1%, a fronte del -3,5% a livello nazionale).
Istat: Pil e occupazione crescono di più nel Mezzogiorno
Nel Nord-ovest il Pil è aumentato dello 0,7%, in linea con l’andamento medio nazionale. La crescita è stata guidata dalla dinamica positiva del valore aggiunto nei settori dell’Agricoltura (+4,8%, unica ripartizione in positivo), delle Costruzioni (+5,4%) e del Commercio, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (+1,7%). Si registra, invece, una flessione dell’1,9% nel valore aggiunto dell’Industria.
Nel Nord-est il Pil ha registrato una modesta crescita, pari allo 0,4%, segnata dall’andamento fortemente negativo dei settori dell’Agricoltura (-8,0%) e dell’Industria (-1,1%). Sono state ampliamente positive le performance realizzate nei settori delle Costruzioni (+6,1%) e del Commercio (+2,0%).
Sostanzialmente stabile è risultato il Pil nel Centro (+0,3% rispetto al 2022), sintesi di marcate flessioni del valore aggiunto in Agricoltura e Industria (rispettivamente, -8,2% e -3,1%) a fronte di un significativo incremento del valore aggiunto nelle Costruzioni (+8,6%) e negli altri settori dei servizi.
Nel 2023, i consumi finali delle famiglie sono cresciuti in volume dell’1,0% a livello nazionale. Le dinamiche nelle ripartizioni sono piuttosto simili, con incrementi di poco superiori alla media nazionale nel Centro e nel Nord-est (+1,1% rispetto al 2022) e leggermente inferiori nel Mezzogiorno (+0,9%).
Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie è cresciuto in valori correnti del 4,9% a livello nazionale. L’incremento più significativo si è osservato nel Nord-Ovest (+5,7% rispetto al 2022), quello più contenuto nel Centro (+3,9%). Sostanzialmente in linea con la media nazionale sono state le dinamiche del reddito disponibile nel Nord-est e nel Mezzogiorno (rispettivamente, +5,1% e +4,7%).
Pil in maggiore espansione in Sicilia e Abruzzo
A livello regionale la crescita del Pil in volume più consistente si è registrata in Sicilia e Abruzzo (+2,1% rispetto all’anno precedente), seguite da Liguria (+1,7%), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (+1,4%), Calabria (+1,3%), Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, Molise, Campania e Sardegna (+1,2%, in tutte le regioni) e Puglia (+1,1%).
In Lombardia si osserva un andamento del Pil in linea con la media nazionale (+0,7%) che è lievemente più positivo in Veneto (+0,9%).
Incrementi del Pil inferiori alla media nazionale si rilevano nel Lazio (+0,5%), in Basilicata (+0,4%) e in Piemonte e Marche (+0,3% in entrambe). Il Pil è risultato sostanzialmente stabile in Emilia Romagna e nella Provincia autonoma di Trento (+0,1%) e in Toscana e Umbria (-0,1%). La diminuzione del Pil più marcata si è registrata in Friuli-Venezia Giulia (-0,5%).
Quanto alla spesa per consumi finali delle famiglie, gli incrementi in volume più significativi sono stati stimati nella Provincia autonoma di Trento (+2,1%), in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (+1,9%, in entrambe), in Toscana (+1,6%) e in Sicilia (+1,5%); seguono Molise (+1,3%), Marche (+1,2%), Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Abbruzzo (+1,1%).
In linea con la variazione nazionale dei consumi finali delle famiglie in volume è stata la crescita in Liguria, Puglia e Basilicata (+1,0%) e, di poco inferiore, in Piemonte e Lazio (+0,9%). Più contenute le dinamiche rilevate in Sardegna (+0,8%), Friuli-Venezia Giulia (+0,6%), Umbria (+0,5%), Puglia e Calabria (+0,4% per entrambe).
Pil e consumi per abitante: si amplia il divario tra Mezzogiorno e Centro-nord
Con 44,7mila euro nel 2023 (41,8mila euro nel 2022), il Nord-ovest resta la ripartizione con il Pil per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il Nord-est, con 42,5mila euro (39,9mila nel 2022) e il Centro, con 38,6mila euro (36,6mila nel 2022). Il Mezzogiorno si conferma ultimo, con 23,9mila euro (22,3mila nel 2022), e si amplia ulteriormente il divario con il Centro-nord: la differenza del Pil per abitante nel 2023 sale a 18,3mila euro, dai 17,4mila euro del 2022 (era 16,2mila euro nel 2021).
La graduatoria regionale vede in prima posizione la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, con un Pil per abitante di 59,8mila euro, seguita da Lombardia (49,1mila euro), Provincia autonoma di Trento (46,4mila euro) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (46,3mila euro).
Il Lazio si conferma la prima regione del Centro, con un Pil per abitante pari a 41,8mila euro, seguita dalla Toscana (37,7mila) e, a una certa distanza, da Marche e Umbria (rispettivamente 33,2mila e 30,5mila euro).
Nel 2023 l’Abruzzo è la regione del Mezzogiorno con un Pil per abitante più alto (31mila euro), seguita da Basilicata (27,5mila), Molise (26,7mila) e Sardegna (26,3mila). La Calabria resta stabilmente all’ultimo posto della graduatoria, con 21mila euro, preceduta dalla Sicilia, con un valore del Pil per abitante di 22,9mila euro.
Nel 2023, in Italia, la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata pari a 21,2mila euro. I valori più elevati si sono registrati nel Nord-ovest (24,2mila euro) e nel Nord-est (23,8mila euro); segue il Centro, con 22,2mila euro, mentre il Mezzogiorno si conferma l’area con il livello di spesa più basso (16,7mila euro).
A un maggior livello di dettaglio territoriale, consumi finali pro-capite più elevati sono stati registrati in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (30,5mila euro), nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,6mila) e nella Provincia autonoma di Trento (26mila); quelli più contenuti si sono osservati, invece, in Campania (15,2mila euro), Puglia (16mila) e Sicilia (17mila).
L’occupazione aumenta in tutte le aree del Paese, ma di più nel Mezzogiorno
Nel 2023, a livello nazionale, l’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, è aumentato dell’1,9%. La crescita ha interessato tutto il Paese, ma la ripartizione più dinamica è stata il Mezzogiorno, dove il numero degli occupati è aumentato del 2,6% rispetto al 2022. Il Nord-est ha mostrato un incremento leggermente superiore alla media nazionale (+2,0%), mentre nel Nord-ovest e nel Centro gli incrementi sono stati più contenuti, rispettivamente dell’1,5% e dell’1,2%.
In tutte le ripartizioni il principale contributo alla crescita occupazionale è fornito dal comparto dei Servizi; a seguire l’Industria nel Mezzogiorno, nel Nord-est e nel Nord-ovest, e le Costruzioni nel Centro.
Nel Mezzogiorno la crescita occupazionale si osserva in tutti i settori economici, ma è legata soprattutto all’andamento nei settori dell’Industria (+3,5% rispetto al 2022) e dei Servizi (+2,8%), che hanno registrato, in quest’area, gli aumenti più consistenti. Da segnalare, inoltre, l’aumento degli occupati nelle Costruzioni (+2,0%, a fronte del +1,3% a livello nazionale). In Agricoltura la modesta crescita degli occupati (+0,4%) è in controtendenza, con un calo osservato nelle altre ripartizioni geografiche.
L’incremento del Nord-est è stato determinato dalle dinamiche dei settori dei Servizi e dell’Industria, che hanno registrato incrementi nel numero degli occupati pari, rispettivamente, al 2,4% e al 2,2%. In Agricoltura la contrazione dell’occupazione è stata più forte di quella media nazionale (-4,9% rispetto al 2022, a fronte di una diminuzione dell’1,5% registrato per l’Italia), mentre gli occupati delle Costruzioni sono cresciuti dello 0,3%.
Nel Nord-ovest la crescita complessiva dell’input di lavoro è stata trainata essenzialmente dall’aumento nel settore dei Servizi (+2,0% rispetto al 2022, in linea con la media nazionale), con una modesta variazione del settore dell’Industria (+0,6%). In lieve diminuzione gli occupati nel settore delle Costruzioni (-0,5%), mentre si è registrata un forte flessione nel settore dell’Agricoltura (-4,9%).
Nel Centro, l’aumento dell’occupazione nel 2023 si è concentrato prevalentemente nel settore delle Costruzioni (+4,0%). I settori dell’Industria e dei Servizi hanno segnato un aumento, rispettivamente, dell’1,3% e dell’1,1%, mentre il settore dell’Agricoltura ha mostrato una contenuta diminuzione (-0,7%).
Nel Mezzogiorno si conferma la maggiore incidenza dell’economia non osservata
Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata (definita dalla somma della componente sommersa e di quella illegaleii) ha rappresentato in Italia l’11,2% del valore aggiunto complessivo. Si confermano come componenti più rilevanti il valore aggiunto occultato attraverso sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (5,6%) e l’impiego di lavoro irregolare (3,9%), mentre l’economia illegale, le mance e il valore dei fitti in nero hanno inciso nel complesso per l’1,8%. L’incidenza sul Pil, in lieve aumento rispetto al 2021, è stata pari al 10,1%.
L’economia non osservata ha un peso molto alto nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 16,5% del valore aggiunto, e a seguire nel Centro (11,6%). Sensibilmente più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-est (9,3%) e nel Nord-ovest (8,8%).
Nelle ripartizioni territoriali si conferma una diversa rilevanza delle tre componenti dell’economia non osservata, già rilevata a livello nazionale. Prevale ovunque l’incidenza della rivalutazione da sotto-dichiarazione; questa raggiunge il livello più alto nel Mezzogiorno (7,7% del valore aggiunto), mentre è più contenuta nel Nord-ovest (4,6%).
Anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è particolarmente elevata nel Mezzogiorno (6,2%). La sua incidenza è in linea con la media nazionale nel Centro (3,9%), mentre è inferiore di circa 1 punto percentuale nelle altre due ripartizioni (3,0% e 2,9%, rispettivamente nel Nord-est e nel Nord-ovest).
A livello regionale, il peso dell’economia non osservata è massimo in Calabria, pari al 19,1% del valore aggiunto complessivo, e minimo nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (7,7%).
Puglia (8,5%), Calabria e Sardegna (7,7% per entrambe) presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato; l’incidenza più bassa si registra nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (3,1%) e, a seguire, nella Provincia autonoma di Trento (3,7%) e in Lombardia (4,1%).
Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (7,9% del valore aggiunto), Campania (6,8%) e Puglia (6,2%); le quote minori sono stimate in Lombardia (2,7%), Provincia autonoma di Bolzano/Bozen e Veneto (2,8% in entrambe) e Friuli-Venezia Giulia (3%).
Infine, l’economia illegale e le altre componenti dell’economia non osservata presentano un’incidenza sul valore aggiunto che oscilla tra l’1,2% della Lombardia e il 3,5% della Calabria.
Milano, Bolzano e Bologna le province con Pil per abitante più alto
Nel 2022 la provincia con il Pil per abitante, valutato a prezzi correnti, più alto è risultata Milano con un valore pari a 66,6mila euro, quasi il doppio della media nazionale (33,8mila euro). Seguono la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (56mila euro), Bologna (46,6mila euro), Modena e Roma (45mila euro in entrambe le province).
Con 17,9mila euro, Sud Sardegna presenta il Pil per abitante più basso del Paese, seguita da Agrigento con 18mila euro; in posizione marginalmente migliore si pongono Cosenza, Enna e Barletta-Andria-Trani, con valori di poco superiori ai 18mila euro.
Con riferimento al valore aggiunto per segmento produttivo, il contributo più significativo in termini assoluti alla formazione del valore aggiunto per abitante proviene, nella maggior parte delle province, dal settore dei Servizi finanziari, immobiliari e professionali (che a livello nazionale rappresenta il 28,3% del valore aggiunto complessivo), con contributi di 22,7mila euro per abitante a Milano, 12,4mila euro a Roma e 11,7mila euro a Bologna. Nel settore considerato, il valore aggiunto per abitante più basso si registra a Crotone, con 3,8mila euro.
L’apporto del settore del Commercio, pubblici esercizi, trasporti e telecomunicazioni è stato più elevato nella provincia di Milano (18,6mila euro per abitante); seguono la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen (14,4mila euro), Roma (10,8mila) e Firenze (10,5mila). Il valore più basso si è registrato, invece, a Enna, con 2,8mila euro, e a seguire a Caltanissetta e Agrigento, con poco più di 3mila euro per abitante.
Il contributo dei Servizi pubblici e degli Altri servizi (che a livello nazionale pesano nel complesso per il 19,5%), è stato significativo nelle province di Bolzano/Bozen (10,6mila euro il valore aggiunto per abitante), Aosta (10,3mila), Roma (9,8mila), La Spezia (9,4mila) e Cagliari (8,9mila). Il valore più basso si rileva a Barletta-Andria-Trani e Lodi (4,1mila euro in entrambe).
Il peso dell’Industria è rilevante nelle province del Nord-est, in particolare in quelle di Modena (15,2mila euro per abitante), Vicenza (14,3mila) e Reggio Emilia (13,5mila). Il valore aggiunto per abitante dell’Industria è, invece, risultato pari a circa 900 euro a Reggio Calabria e a 1.200 euro ad Agrigento e Cosenza.
Il valore aggiunto per abitante del settore delle Costruzioni ha superato i 3mila euro solo nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen. A Reggio Calabria, Taranto e Agrigento, si sono registrati i valori pro-capite minimi, di circa 1.000 euro.
Infine, l’Agricoltura ha fornito il contributo più significativo nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, nella provincia di Pistoia (in entrambe, con oltre 2mila euro di valore aggiunto per abitante) e nella provincia di Matera (2mila euro).
Nel Nord-ovest la crescita più sostenuta del reddito disponibile delle famiglie
Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici, misurato a prezzi correnti, ha segnato per il complesso dell’economia nazionale un incremento del 4,9% rispetto al 2022iii. Più pronunciata della media nazionale è risultata la crescita nel Nord-ovest (+5,7%), con aumenti superiori alla media nazionale in tutte le regioni: in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Piemonte e Lombardia il reddito disponibile è aumentato del 5,7% e in misura lievemente più contenuta in Liguria (+5,3%).
Anche nel Nord-est l’incremento del reddito disponibile delle famiglie, pari al 5,1%, è stato superiore alla media nazionale. In questa ripartizione, le regioni in cui si sono registrati gli incrementi maggiori sono state la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, il Veneto e l’Emilia Romagna (rispettivamente,
+6,0%, +5,8% e +5,0% rispetto al 2022). Si sono collocate, invece, al di sotto della media nazionale la Provincia autonoma di Trento (+3,3%) e il Friuli Venezia Giulia (+3,2%).
Il reddito disponibile è cresciuto a tassi inferiori alla media nazionale nel Mezzogiorno (+4,7%) e nel Centro (+3,9%). Nel Mezzogiorno le performance migliori si sono registrate in Abruzzo (+6,0%), Sicilia (+5,5%), Calabria (+5,3%) e Basilicata (+5,0%). Più contenuta è stata la dinamica del reddito disponibile delle famiglie in Campania (+4,3%), Molise (+4,2%), Sardegna (+4,1%) e Puglia (+3,7%).
In tutte le regioni del Centro, il reddito disponibile è aumentato a ritmi inferiori alla media nazionale. Più sostenuto è stato l’incremento registrato nelle Marche (+4,8%) e in Umbria (+4,6%), mentre la dinamica delle regioni più grandi, Lazio (+3,9%) e Toscana (+3,6%), ha contribuito a rallentare l’andamento nella ripartizione, portando alla crescita del reddito disponibile più contenuta del 2023.
Nel 2023 le famiglie residenti nel Nord-ovest hanno registrato il livello di reddito disponibile per abitante più elevato (26,3mila euro annui). A seguire sono state le famiglie residenti del Nord-est (25,2mila euro) e del Centro (23,1mila euro). Nel Mezzogiorno, il reddito disponibile per abitante ha raggiunto 17,1mila euro, dai 16,3mila euro del 2022, segnando una crescita del 5,1%.
La graduatoria regionale del reddito disponibile per abitante del 2023 ha confermato sostanzialmente la situazione dell’anno precedente: in alto si trova la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, con 31,4mila euro correnti (29,7mila euro nel 2022), seguita da Lombardia (27,2mila euro) ed Emilia-Romagna (26,1mila euro). La Calabria è risultata ultima, con 16,2mila euro (15,3mila euro nel 2022), preceduta da Campania e Sicilia (rispettivamente 16,4mila e 16,9mila euro).