domenica 15 Giugno 2025

Ogni volta che si parla di paradisi fiscali, ci viene subito in mente qualche isola sperduta nei Caraibi. In realtร  sono micro-Stati molto piรน vicini a noi di quanto pensiamo; i piรน importanti sono praticamente dietro l’angolo.

I primi 4 paradisi fiscali sono in UE. Sottratti al fisco italiano almeno 10 miliardi l’anno

Secondo uno studio recente del World Inequality Lab1, i primi cinque paradisi fiscali al mondo sono il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands che sono situate nel canale della Manica2. Solo al quinto posto troviamo le Bermuda, che sono l’unico paradiso fiscale non europeo di questa black list. Questi posti hanno pochissimi abitanti, ma vantano redditi pro capite che non hanno eguali nel resto del mondo. A segnalarlo รจ lโ€™Ufficio studi della CGIA.

ย Super-ricchi italiani e multinazionali che operano nel nostro Paese sono presenti soprattutto a Montecarlo e in Lussemburgo

Siano essi persone fisiche o societร , molti contribuenti italiani si sono trasferiti in particolare a Montecarlo e in Lussemburgo. Infatti, circa 8mila connazionali hanno deciso di trasferire la residenza nel Principato di Monaco per via delle tasse zero sul reddito e sugli immobili. Tra questi ci sono grandi imprenditori, sportivi e celebritร  dello spettacolo. In Lussemburgo, invece, possiamo trovare ben sei banche del nostro Paese, una cinquantina di fondi d’investimento, vari istituti assicurativi e molte multinazionali italiane e straniere che operano nel nostro territorio. Si stima che grazie ai super-ricchi con la residenza allโ€™estero, alle manovre borderline delle multinazionali3 e dei grandi gruppi industriali che si rifugiano nei paradisi fiscali di tutto il mondo, ogni anno โ€œsfuggonoโ€ all’erario italiano circa 10 miliardi di euro4.

Si restringe la base imponibile, siamo tutti piรน poveri

Quando questi elusori fanno profitti miliardari senza pagare le tasse nel nostro Paese, non fanno altro che impoverirci. Le multinazionali, ad esempio, usufruiscono delle nostre infrastrutture materiali (porti, aeroporti, strade, ferrovie), ricorrono a quelle sociali (giustizia, sanitร , scuola, universitร ), sfruttano quelle immateriali (reti informatiche), senza perรฒ contribuire con le tasse come dovrebbero. Non solo. Spesso per insediarsi in Italia queste holding usufruiscono di agevolazioni/incentivi pubblici e quando sono in difficoltร  e devono affrontare situazioni di riorganizzazione aziendale ricorrono a piene mani alle indennitร  erogate dallโ€™Inps che, molto spesso, solo in minima parte sono state compensate dai contributi versati da questi giganti industriali.

Tutto ciรฒ fa diminuire la base imponibile su cui si applicano le aliquote fiscali e conseguentemente anche il gettito che finisce nelle casse dellโ€™erario. Risultato? Le disuguaglianze aumentano e la povertร  cresce; gli altri contribuenti devono pagare di piรน per servizi spesso insoddisfacenti. Se invece tutti pagassero ciรฒ che devono, lo Stato incasserebbe di piรน e la maggior parte dei cittadini pagherebbe meno: avremmo cosรฌ maggiori risorse per aiutare chi รจ in difficoltร  e potremmo ottenere una giustizia sociale migliore.

In Italia le big tech pagano poche tasse

Secondo lโ€™Area Studi di Mediobanca, nel 2022 le societร  controllate dalle prime 25 multinazionali del web presenti in Italia5 hanno fatturato ben 9,3 miliardi, ma hanno pagato allโ€™erario solo 206 milioni di euro6 di imposte. Purtroppo, non ci sono altre statistiche in grado di dimensionare il gettito fiscale versato dallโ€™intero universo delle multinazionali presenti nel nostro Paese7. Lโ€™unico dato aggiuntivo in grado di fotografare con una maggiore precisone queste realtร  รจ di fonte Istat: il numero delle multinazionali estere presenti in Italia attraverso delle societร  controllate ammonta a 18.4348.

 

Eโ€™ arrivata la Global minimum tax, anche se non in tutta UE

Per contrastare quei paesi che applicano alle big company politiche fiscali compiacenti, dal 2024 รจ entrata in vigore la Global minimum tax (Gmt). Secondo il dossier curato dal Servizio Bilancio dello Stato della Camera9, il gettito previsto dalla sola applicazione dellโ€™aliquota del 15 per cento sulle multinazionali sarร  molto contenuto. Si stima che nel 2025 il nostro erario incasserร  381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 e nel 2027 raggiungerร  i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro. Lโ€™anno scorso la Gmt ha interessato 19 paesi UE: Spagna e Polonia, invece, lโ€™applicheranno da questโ€™anno, mentre Estonia, Lettonia, Lituania, e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. Cipro e Portogallo, infine, sono chiamate a rispondere alla sollecitazione giunta da Bruxelles che ha recapitato loro una lettera di messa in mora. Appare evidente che per le grandi holding presenti nei in UE rimane ancora la possibilitร , almeno per i prossimi cinque/sei anni, di spostare parte degli utili in alcuni paesi membri dove la tassazione continua essere molto favorevole.

 

Quasi la metร  del fatturato in Italia รจ prodotto dalle multinazionali

A fronte di oltre 17,6 milioni di addetti presenti nel nostro Paese10, gli occupati nelle multinazionali (siano esse estere o italiane) sono 3,5 milioni, pari al 20 per cento del totale. A livello territoriale tale quota sul totale occupati regionali sale al 24,4 in Emilia Romagna, al 25,1 in Friuli Venezia Giulia, al 25,3 in Piemonte e al 27 per cento in Lombardia. Se, invece, parliamo di fatturato, il dato annuo riferito allโ€™intero sistema produttivo del nostro Paese รจ di 4.322 miliardi di euro, mentre la quota riconducibile alle big company รจ di 1.975 miliardi di euro. Ciรฒ vuol dire che quasi la metร  del fatturato prodotto dalle imprese private nel nostro Paese, per la precisone il 45,7 per cento, รจ ascrivibile alle nostre multinazionali o a quelle estere che hanno delle societร  controllate che operano in Italia. Su base regionale, tale dato aumenta al 49,8 in Friuli Venezia Giulia, al 51,8 per cento in Liguria, al 52,6 per cento in Lombardia e addirittura al 66,9 per cento nel Lazio. Come dicevamo piรน sopra, il numero delle multinazionali estere attive in Italia attraverso delle societร  controllate ammonta a 18.434, ma non ci sono dati statistici in grado di dirci quante sono le multinazionali italiane. Gli unici dati disponibili sono riferiti alle unitร  locali11. Ebbene, in Italia tra le multinazionali estere e quelle tricolori le unitร  locali sono complessivamente 140.845 (pari al 2,8 per cento del totale nazionale). Di queste, 58.228 sono estere (41,3 per cento del totale) e 82.617 italiane (58,6 per cento del totale). Il numero totale delle unitร  locali presenti in Italia รจ di 4,9 milioni; pertanto, lโ€™incidenza delle multinazionali sul totale nazionale รจ pari al 2,8 per cento. A livello territoriale, infine, in Piemonte il 3,7 per cento delle unitร  locali รจ riconducibile a queste grandi holding, nella Provincia Autonoma di Bolzano il 4,1, in Lombardia il 4,2 e in Friuli Venezia Giulia – che possiede il record nazionale – la quota รจ del 4,4 per cento (vedi Tab. 1, Tab. 2 e Tab. 3).

 

Breve considerazione su elusori ed evasori

Facciamo una breve riflessione sulla differenza tra elusori ed evasori fiscali: non possiamo ignorare il fatto che entrambi, nel rispetto di quanto previsto dalla legge, vanno contrastati. Ma c’รจ una sottile distinzione da fare. Gli elusori โ€œscappanoโ€ con i soldi all’estero aggirando il fisco, mentre gli evasori magari non pagano quanto dovrebbero, ma, nella maggior parte dei casi, spendono gran parte dei soldi non versati allo Stato qui da noi. Certo, questo non giustifica per alcun motivo il loro comportamento, perchรฉ evadere รจ comunque un reato. Tuttavia, moralmente parlando, รจ sicuramente piรน accettabile rispetto a chi decide di fuggire, ad esempio, nei Paesi off-shore; entrambi, comunque, restano comportamenti sbagliati, riprovevoli e inaccettabili che a lungo andare minano la coesione sociale di un Paese.

 

Quando un Paese รจ considerato un paradiso fiscale

Le caratteristiche dei Paesi black list, da considerarsi come paradisi fiscali, sono state definite dallโ€™OCSE giร  nel 1998, in occasione della pubblicazione del rapporto โ€œHarmful Tax Competition โ€“ An Emerging Global Issueโ€, nei seguenti punti:

  • sostanziale mancanza di imposte sui redditi delle imprese costituite nei propri territori;
  • assenza, allโ€™interno dei rispettivi ordinamenti giuridici, dellโ€™obbligo per le societร  ivi costituite di svolgere unโ€™affettiva attivitร  dโ€™impresa nei relativi territori;
  • poca trasparenza del sistema legislativo e amministrativo, che consente a determinati soggetti di beneficiare di privilegi in termini di ridotta tassazione dei redditi;
  • assenza di alcun meccanismo di scambio delle informazioni fiscali tra tali Paesi e gli altri Stati finalizzato a garantire la potestร  impositiva di questi ultimi e a combattere i fenomeni di evasione ed elusione fiscale internazionale.

 

 

 

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