Il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha presentato Considerazioni finali in occasione della pubblicazione della Relazione annuale sul 2022. Ecco il suo lungo intervento:
Bankitalia, Visco: “Sul Pnrr non c’รจ tempo da perdere. Sul Pil superate le attese. Per inflazione serve sforzo congiunto. Troppi i giovani ancora precari”
“Autoritaฬ, Signori Partecipanti, Signore, Signori,
lโinvasione dellโUcraina da parte della Russia continua ad avere pesanti ripercussioni sullโeconomia mondiale e a mettere in discussione lโintegrazione economica e finanziaria internazionale e lโassetto multilaterale emerso dopo la fine della Guerra fredda. Il ritorno a una situazione di tensioni e divisioni tra blocchi contrapposti di paesi rappresenta un pericolo concreto per uno sviluppo sostenibile e bilanciato di tutte le economie. Insieme con la condanna della violazione eclatante della sovranitaฬ e dellโintegritaฬ territoriale di una nazione libera eฬ vitale perseguire con forza, nonostante tutto, la cooperazione internazionale, anche in campo economico e finanziario, e ricercare un dialogo che accolga diversitaฬ di valori tra paesi e culture, sulla base del rispetto dei principi fondamentali della convivenza pacifica.
Nellโaffrontare le conseguenze della guerra in Ucraina, cosiฬ come nellโuscita dalla pandemia, lโeconomia italiana ha mostrato una confortante capacitaฬ di reazione. I processi di ristrutturazione aziendale degli ultimi dieci anni, ancorcheฬ incompleti e differenziati tra settori e territori, hanno reso piuฬ solido il tessuto produttivo. Lโaccelerazione dellโaccumulazione di capitale, il miglioramento della produttivitaฬ dopo un lungo periodo di ristagno, il recupero della competitivitaฬ internazionale sono segnali incoraggianti che vanno rafforzati, superando quei ritardi e quelle debolezze di fondo che ancora impediscono alla nostra economia di dispiegare appieno le proprie potenzialitaฬ. Dalla qualitaฬ degli interventi con cui saranno affrontate le sfide del cambiamento climatico e della transizione digitale, dal proseguimento degli sforzi di riforma avviati, dipende la nostra capacitaฬ di tornare a condizioni strutturali di sviluppo meno incerte e piuฬ equilibrate.
Lo scenario internazionale
Nel 2022 la crescita dellโeconomia mondiale eฬ rimasta al di sotto del 3,5 per cento, un punto percentuale in meno di quanto ci si attendeva alla vigilia dello scoppio del conflitto; questโanno, secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), non raggiungerebbe il 3. Lโinflazione ha sfiorato il 9 per cento a livello globale; nei paesi avanzati ha superato in media il 7 per cento, il valore piuฬ elevato da quarantโanni.
In alcune economie, in particolare negli Stati Uniti, lโaccelerazione dei prezzi eฬ stata sospinta in larga misura dallโimpetuoso recupero dei consumi avviato nel 2021, mentre lโofferta era ancora frenata dalle restrizioni imposte dalla pandemia e dagli impedimenti allo scambio internazionale di materie prime e prodotti intermedi che ne erano conseguiti. In Europa, invece, lโinflazione ha trovato alimento soprattutto nei rincari dellโenergia, specie quelli del gas naturale, le cui quotazioni hanno raggiunto valori senza precedenti.
Dai circa 20 euro per megawattora dei primi mesi del 2021, i prezzi del gas sono progressivamente saliti, accelerando dallโestate e superando in media i 100 euro nel dicembre di quellโanno. Il rialzo eฬ stato la conseguenza del calo delle forniture di gas dalla Russia, attribuito a sua volta dapprima alle condizioni climatiche, poi principalmente alle pressioni politiche connesse con le controversie relative allโapertura del gasdotto Nord Stream 2. Con lo scoppio della guerra le quotazioni hanno cominciato a subire fortissime oscillazioni; hanno toccato un massimo di 350 euro nellโestate del 2022, quando tutti i paesi europei cercavano di ricostituire le scorte per assicurare un approvvigionamento minimo per lโinverno. Nella media dellโanno esse sono risultate oltre 6 volte piuฬ alte in Europa che negli Stati Uniti. Grazie a una stagione invernale mite, alla riduzione dei consumi indotta dai rincari, alle misure di risparmio varate dai governi e al conseguimento degli obiettivi di stoccaggio, i prezzi del gas sono progressivamente diminuiti, tornando al di sotto dei 30 euro.
Le previsioni di crescita dellโeconomia mondiale nei prossimi mesi restano incerte. Pesa il persistere del conflitto in Ucraina; vi sono dubbi circa lโintensitaฬ della ripresa dellโeconomia cinese, che ha fatto seguito alla rimozione, alla fine dellโanno passato, delle misure particolarmente restrittive mantenute per il contrasto alla pandemia. Con la discesa dei prezzi dellโenergia, lโinflazione oggi eฬ in flessione, in Europa come negli Stati Uniti. La componente di fondo, calcolata cioeฬ al netto dei beni energetici e alimentari, si mantiene peroฬ elevata e si conferma, per il momento, lโintonazione restrittiva delle politiche monetarie volte a tenere sotto controllo la tendenza dei prezzi nel medio periodo. Agli effetti dellโadozione di tali politiche in modo pressocheฬ sincronizzato in tutti i principali paesi si possono aggiungere, sul piano internazionale, rischi di instabilitaฬ del sistema finanziario.
Tali rischi si sono materializzati dallo scorso marzo con alcuni dissesti bancari negli Stati Uniti e in Svizzera; ne sono conseguiti un forte aumento della volatilitaฬ dei mercati e significative riallocazioni di portafoglio. Le tensioni sono state in larga parte riassorbite, anche grazie alla risposta decisa e tempestiva delle autoritaฬ dei paesi interessati. I rendimenti delle obbligazioni societarie nellโindustria finanziaria dei paesi avanzati rimangono, tuttavia, apprezzabilmente piuฬ elevati, nel confronto con gli altri comparti, rispetto allโinizio di marzo.
Le conseguenze delle tensioni internazionali, dellโindebolimento della crescita e dellโirrigidimento delle condizioni finanziarie si fanno sentire con particolare intensitaฬ nelle economie emergenti e in via di sviluppo. Si accresce la vulnerabilitaฬ delle finanze pubbliche, giaฬ gravate dallโincremento del debito registrato a seguito della pandemia. Oggi circa un quarto dei paesi emergenti eฬ considerato ad alto rischio dallโFMI: i differenziali di rendimento dei relativi titoli pubblici si avvicinano ormai a quelli degli emittenti in stato di insolvenza.
Anche alzando lo sguardo oltre il breve periodo, lโincertezza resta elevata. Negli ultimi decenni lโapertura commerciale e lโorganizzazione delle produzioni su scala globale hanno accresciuto lโefficienza nellโallocazione dei fattori produttivi. La pandemia ha peroฬ messo in luce la vulnerabilitaฬ delle catene di approvvigionamento internazionali complesse, i cui snodi critici possono provocare improvvise interruzioni nei flussi di beni intermedi. La guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne eฬ seguita hanno reso queste fragilitaฬ ancora piuฬ evidenti; diversi paesi, non solo avanzati, hanno intrapreso politiche per contenerle.
Lโemergere di fratture nelle relazioni internazionali puoฬ avere effetti duraturi, influenzando le strategie aziendali di lungo periodo, incluse quelle di localizzazione delle produzioni. Dallโinvasione dellโUcraina, le indagini presso le imprese, non solo italiane, mostrano che eฬ in atto una tendenza, per ora moderata, alla regionalizzazione e alla diversificazione delle catene di fornitura. Almeno in Italia, la tendenza si accentua tra le aziende piuฬ esposte verso la Cina.
Proteggere e diversificare i flussi di approvvigionamento delle materie prime e dei beni intermedi essenziali eฬ un obiettivo legittimo anche per le politiche pubbliche, ma comporta costi e tempi di aggiustamento non trascurabili; incontra un limite nella distribuzione geografica delle risorse primarie e, almeno nel breve termine, nellโalto livello di specializzazione di alcune produzioni. Va perseguito senza mettere in discussione le fondamenta di un ordine internazionale basato su regole condivise e aperto ai movimenti di beni, servizi, capitali, persone e idee.
La sicurezza nazionale puoฬ essere tutelata evitando politiche protezionistiche generalizzate, che rafforzerebbero la tendenza allโaumento delle barriere agli scambi commerciali e agli investimenti diretti esteri emersa nellโultimo quinquennio. Un ricorso indiscriminato a sussidi e restrizioni nel commercio internazionale volto a influenzare la localizzazione delle imprese, oltre a introdurre distorsioni nella concorrenza rischierebbe di produrre nuove tensioni, anche nei rapporti tra paesi affini per valori, istituti e politiche. In alcuni casi misure protezionistiche potrebbero persino rivelarsi controproducenti rispetto allโobiettivo di accrescere la differenziazione geografica degli approvvigionamenti.
Negli ultimi trentโanni lโapertura dei mercati ha fornito un contributo fondamentale al benessere, non solo economico, di unโampia parte della popolazione mondiale. Il numero di persone in condizioni di povertaฬ estrema eฬ sceso da quasi due miliardi a meno di 700 milioni; lโincidenza della popolazione in condizione di malnutrizione si eฬ ridotta nei paesi in via di sviluppo da oltre il 25 a meno del 15 per cento. Vi si eฬ accompagnato un forte incremento dellโalfabetizzazione e la speranza di vita si eฬ allungata in media di piuฬ di 10 anni.
I miglioramenti sono stati specialmente evidenti per le economie che in questo periodo si sono pienamente integrate nel commercio internazionale e nelle catene globali del valore. Alcuni paesi, principalmente dellโAfrica subsahariana, dove in buona parte si concentra lโespansione demografica prevista per i prossimi decenni, ne sono invece stati toccati solo marginalmente. Negli ultimi anni lโesplodere di conflitti regionali, la maggiore frequenza dei disastri naturali e la pandemia hanno frenato i progressi.
La globalizzazione e lโinnovazione tecnologica che lโha sostenuta e accompagnata sono stati dunque una straordinaria occasione di sviluppo. Nei paesi avanzati, tuttavia, hanno determinato anche una minore stabilitaฬ delle occupazioni e, in alcuni casi, un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche non hanno saputo dare una risposta adeguata. Allโinterno di quelle ampie fasce di popolazione i cui redditi hanno stentato ad aumentare eฬ quindi cresciuto un senso di insicurezza e di ingiustizia, accentuato โ soprattutto nei paesi anglosassoni โ dal continuo incremento dei redditi del segmento giaฬ largamente piuฬ ricco. Questo ha contribuito a diffondere nellโopinione pubblica atteggiamenti critici nei confronti dei processi di apertura internazionale.
Sarebbe un errore sottovalutare i benefici dellโintegrazione dei mercati, in particolare in unโeconomia aperta come la nostra. Neฬ si puoฬ dimenticare che le sfide che vanno oggi affrontate โ dalla lotta al cambiamento climatico al contrasto delle pandemie, dalla riduzione della povertaฬ alla gestione delle pressioni migratorie โ hanno natura globale e non possono essere risolte che con azioni coordinate a tale livello. Sul piano esterno, eฬ dunque necessario preservare il funzionamento delle istituzioni multilaterali e ridare forza alla cooperazione internazionale. Ma occorre, sul piano interno, perseguire misure economiche effettivamente in grado di migliorare il benessere di tutti i cittadini, accompagnandole con una efficace comunicazione di strumenti e obiettivi. Le politiche europee mostrano che si puoฬ rinsaldare la fiducia nei benefici dellโintegrazione economica internazionale. Nei sondaggi dellโEurobarometro, il sostegno del pubblico per il processo di integrazione del nostro continente, deterioratosi nel decennio precedente al voto sullโuscita del Regno Unito dallโUnione europea, eฬ tornato a crescere negli anni piuฬ recenti. Questo ha riflesso anche le misure adottate per sostenere la ripresa post-pandemica e, in particolare, il programma Next Generation EU (NGEU).
La congiuntura economica e la politica monetaria nellโarea dellโeuro
Gli effetti del conflitto in Ucraina sullโeconomia dellโarea dellโeuro sono stati amplificati dalla forte dipendenza di molti paesi membri dalle importazioni di prodotti energetici, in particolare di gas naturale. Il loro rincaro, congiuntamente a quello dei prodotti agricoli, anchโesso in larga misura provocato dalla guerra, ha inciso sul potere dโacquisto delle famiglie, soprattutto di quelle meno abbienti, e sui costi di produzione delle imprese. Guardando allโinsieme del 2022, la domanda aggregata, lโattivitaฬ produttiva e lโoccupazione hanno peroฬ proseguito nel recupero iniziato con lโuscita dalla fase piuฬ acuta dellโemergenza pandemica e sostenuto dalle ingenti risorse stanziate dai governi nazionali e dallโUnione europea. Dallโautunno, tuttavia, lโattivitaฬ nel complesso ristagna.
Lโinflazione al consumo eฬ salita allโ8,4 per cento in media dโanno; ha toccato una punta del 10,6 nei dodici mesi terminanti a ottobre. Il rincaro delle materie prime si eฬ gradualmente trasmesso ai prezzi degli altri beni e dei servizi. Oltre i tre quarti della crescita dellโindice generale dei prezzi al consumo sarebbero direttamente o indirettamente riconducibili ai rincari dellโenergia e a quelli delle derrate alimentari. Allโaumento dei costi di produzione hanno contribuito ritardi nellโadeguamento dellโofferta globale di beni intermedi.
Lโinflazione complessiva si eฬ attenuata dallโultima parte del 2022 grazie al forte calo dei corsi dellโenergia, scendendo al 7 per cento nella primavera di questโanno; ma lโinflazione di fondo ha continuato a salire, collocandosi in aprile al 5,6 per cento. Questa componente comprende voci i cui prezzi vengono rivisti con minore frequenza; sta ancora rispondendo, con ritardo, ai rincari delle materie prime importate; ci si puoฬ attendere che ne rifletta nei prossimi mesi la riduzione in modo altrettanto graduale.
Nel 2022 le pressioni salariali nellโarea dellโeuro sono state nel complesso contenute: la crescita delle retribuzioni orarie effettive si eฬ collocata poco al di sopra del 3,5 per cento, restando quindi nettamente inferiore allโinflazione. Di recente hanno cominciato a essere piuฬ frequenti richieste di aumenti salariali elevati, talora accompagnate da una marcata conflittualitaฬ, specialmente nei paesi dove la disoccupazione eฬ piuฬ bassa. Grazie alla limitata presenza di meccanismi automatici di indicizzazione allโinflazione passata, alla natura una tantum di una parte significativa degli incrementi retributivi e in assenza di diffusi rialzi dei margini di profitto, il rischio di una rincorsa tra prezzi e salari fino a questo punto si eฬ mantenuto moderato.
Secondo le proiezioni piuฬ recenti, dopo un aumento del 3,5 per cento nel 2022 lโattivitaฬ economica nellโarea dellโeuro rallenterebbe sensibilmente nella media di questโanno, per tornare poi a espandersi in misura piuฬ sostenuta. Lโinflazione scenderebbe nel corso dei prossimi mesi, riflettendo soprattutto lโandamento dei prezzi dei beni energetici; nello scenario elaborato a marzo dalla Banca centrale europea (BCE), in corso di aggiornamento, tornerebbe al 2 per cento nella seconda metaฬ del 2025. Il margine di incertezza resta elevato.
Coerentemente con la determinazione a riportare lโinflazione allโobiettivo del 2 per cento con sufficiente rapiditaฬ, allโinizio di maggio il Consiglio direttivo della BCE ha confermato la propria azione restrittiva, sia pure limitando lโaumento dei tassi ufficiali a 25 punti base. Il tasso di interesse sui depositi detenuti dalle banche presso lโEurosistema eฬ salito dai valori negativi del luglio scorso al 3,25 per cento. Si eฬ ribadito che le decisioni future continueranno a essere guidate, volta per volta, da una valutazione complessiva delle prospettive di medio periodo dellโinflazione, alla luce dei nuovi dati economici e finanziari, dellโandamento della componente di fondo e dellโintensitaฬ della trasmissione della politica monetaria allโeconomia.
La leva dei tassi ufficiali resta lโelemento principale per la definizione dellโorientamento della politica monetaria. Per garantire una piena coerenza con tale orientamento, si eฬ determinata una piuฬ rapida restituzione del finanziamento a lungo termine fornito alle banche; dallo scorso marzo si eฬ dato avvio a una riduzione, misurata e prevedibile, delle attivitaฬ detenute nei portafogli di politica monetaria dellโEurosistema.
La risposta del Consiglio direttivo allโaccelerazione dei prezzi eฬ stata pienamente in linea con il graduale evolversi della situazione e dei dati che via via si rendevano disponibili. Va ricordato che nel giugno del 2021, nonostante i rincari del gas naturale e le strozzature nellโofferta di prodotti intermedi, lโinflazione complessiva nellโarea dellโeuro non aveva ancora raggiunto il 2 per cento; quella di fondo era inferiore allโ1 per cento. Nello stesso periodo lโinflazione si collocava attorno al 5 per cento negli Stati Uniti, in larga parte per la ripresa della domanda connessa con il forte stimolo impresso dal bilancio pubblico. Neppure i mercati segnalavano attese di una prolungata accelerazione dei prezzi: nellโarea dellโeuro quelle a due anni derivate dai contratti connessi con il rischio dโinflazione (inflation-linked swaps) erano pari allโ1,5 per cento, contro un valore quasi doppio negli Stati Uniti.
Lโincremento successivo dellโinflazione nellโarea dellโeuro, straordinario e in gran parte imprevisto, eฬ dipeso soprattutto dal balzo altrettanto eccezionale dei prezzi dellโenergia. Gli ampi errori di previsione degli esperti della BCE e dellโEurosistema, cosiฬ come di pressocheฬ tutti gli analisti, sono stati dovuti in massima parte alla sottovalutazione generale degli effetti dellโevoluzione geopolitica. Ancora alla fine del 2021, quando annunciammo lโavvio del processo di normalizzazione monetaria, che si riflesse subito in un netto rialzo dei tassi di interesse a lungo termine, le quotazioni di mercato continuavano a segnalare lโattesa di un deciso calo dei prezzi del gas.
Lโaggressione russa allโUcraina ha trasformato uno shock temporaneo sui prezzi in un fenomeno ben piuฬ intenso e persistente. Nonostante tutte le incertezze connesse con il conflitto, la normalizzazione monetaria eฬ stata rapida. Si eฬ anticipata alla fine del mese di giugno la conclusione degli acquisti netti di attivitaฬ finanziarie. Subito dopo si eฬ dato inizio a un risoluto processo di innalzamento dei tassi ufficiali, dai livelli molto accomodanti cui erano stati portati negli anni precedenti per contrastare, con successo, il rischio di deflazione. Per assicurare che la trasmissione della politica monetaria avvenga nella maniera piuฬ omogenea possibile tra i paesi dellโarea, si eฬ deciso di reinvestire con flessibilitaฬ i titoli acquistati nellโambito del programma per lโemergenza pandemica ed eฬ stato introdotto un nuovo strumento di mitigazione dei rischi di frammentazione delle condizioni finanziarie (Transmission Protection Instrument, TPI).
I rendimenti di mercato si sono rapidamente adeguati al mutato orientamento della politica monetaria. Dallโavvio del processo di normalizzazione i tassi di interesse privi di rischio a un anno sono saliti da livelli di poco negativi allโattuale 3,7 per cento, quelli a dieci anni da valori appena positivi al 2,9 per cento. Lโefficacia dellโazione del Consiglio direttivo trova riscontro nellโevoluzione delle aspettative dโinflazione, unโancora importante per le decisioni delle imprese sui prezzi e per la dinamica delle retribuzioni. Sullโorizzonte a dodici mesi, dopo aver quasi toccato il 9 per cento a fine agosto 2022, le attese dei mercati si collocano oggi poco al di sotto del 3; segnali di un calo delle aspettative emergono anche dalle indagini condotte presso le imprese e le famiglie. Le attese a piuฬ lungo termine, una misura della credibilitaฬ dellโazione della banca centrale, si mantengono in linea con la definizione di stabilitaฬ dei prezzi, mentre il rischio che lโinflazione resti troppo a lungo superiore allโobiettivo si eฬ decisamente ridimensionato rispetto al picco della metaฬ del 2022.
Lโinasprimento monetario incide anche sulla dinamica del credito. Il costo dei finanziamenti bancari eฬ in netta risalita; le indagini condotte presso gli intermediari e le imprese indicano una forte riduzione della domanda e condizioni di accesso al credito decisamente piuฬ restrittive. La crescita dei prestiti alle societaฬ non finanziarie nellโarea dellโeuro, salita quasi fino al 13 per cento (in ragione annua) nei tre mesi terminanti ad agosto 2022, si eฬ recentemente arrestata; pur se in misura meno marcata, lโindebolimento riguarda anche i prestiti alle famiglie. Sebbene questi andamenti siano una conseguenza necessaria della normalizzazione monetaria, occorre prestare attenzione a che lโintensitaฬ della sua trasmissione non dia luogo a una frenata eccessiva dei consumi e degli investimenti.
La sfida eฬ impegnativa. Di fronte al violento shock determinato dai rincari energetici, eฬ necessario ricercare un equilibrio tra il rischio di una restrizione insufficiente, che potrebbe portare a un radicamento della dinamica inflazionistica nelle aspettative e nei processi di determinazione dei redditi nominali, e quello di un inasprimento sproporzionato, che potrebbe ripercuotersi troppo intensamente sullโattivitaฬ economica, e avere riflessi negativi sulla stabilitaฬ finanziaria e, in ultima analisi, sulla stessa stabilitaฬ dei prezzi nel medio termine.
Lโorientamento della politica monetaria deve continuare a essere definito in modo da garantire un rientro progressivo, ma non lento, dellโinflazione verso lโobiettivo. Il ritmo e la portata dellโaggiustamento delle condizioni monetarie sono giaฬ stati senza precedenti, cosiฬ come lo erano state le pressioni deflazionistiche degli anni passati e i rischi connessi con la pandemia, che ci avevano spinto a condurre, e poi mantenere, i tassi ufficiali su livelli negativi. Lโimpatto delle nostre decisioni sullโeconomia e sui prezzi dovrebbe manifestarsi pienamente nei prossimi mesi; dopo aver portato i tassi di riferimento in territorio restrittivo, occorre ora procedere con la necessaria gradualitaฬ.
Come ho piuฬ volte osservato, il rincaro dei beni energetici eฬ nei fatti una tassa ineludibile per lโeconomia dellโarea dellโeuro. Il ritorno dellโinflazione su livelli in linea con lโobiettivo saraฬ piuฬ rapido e meno costoso se tutti โ imprese, lavoratori e governi โ contribuiranno a questo fine, rafforzando lโefficacia dellโindispensabile ancorcheฬ equilibrata normalizzazione monetaria. Le strategie di prezzo delle imprese giocheranno un ruolo fondamentale: simmetricamente a quanto avvenuto nella fase di rialzo dei corsi dellโenergia del 2022, le recenti riduzioni di costo dovrebbero ora essere trasmesse ai prezzi dei beni e dei servizi.
Nelle contrattazioni nel mercato del lavoro va evitato un approccio puramente retrospettivo, poicheฬ una dinamica retributiva che replicasse quella dellโinflazione passata non potrebbe che tradursi in una vana rincorsa tra prezzi e salari. Quello che occorre per un recupero del potere dโacquisto eฬ una crescita piuฬ sostenuta della produttivitaฬ. Eventuali misure di bilancio dovranno rimanere temporanee e mirate; eฬ bene che gli interventi si chiudano tempestivamente quando non piuฬ indispensabili, sia percheฬ il ritorno allโobiettivo della stabilitaฬ dei prezzi sarebbe piuฬ difficile in caso di trasferimenti pubblici eccessivi, sia per non contrastare il necessario passaggio a fonti di energia rinnovabile.
Lโarchitettura dellโUnione economica e monetaria
Gli ultimi anni sono stati di grande rilievo per le prospettive dellโUnione europea. Soprattutto, si eฬ messa in luce lโimportanza di poter contare, oltre che sulla politica monetaria unica, sullโazione di una vera e propria politica economica comune. Per portare a termine il cammino avviato con lโadozione dellโeuro sono peroฬ necessari altri sostanziali progressi.
Negli anni difficili della crisi dei debiti sovrani, lโincompletezza dellโunione monetaria e una governance economica inadeguata avevano alimentato una diffusa sfiducia nel futuro dellโeuro. Quelle difficoltaฬ diedero impulso al dibattito sulla necessitaฬ di muovere verso una maggiore integrazione. Le importanti riforme allora delineate, e in alcuni casi avviate, hanno peroฬ perso slancio: lโunione bancaria rimane incompleta; quella dei mercati dei capitali eฬ ancora in una fase preliminare; non sono stati compiuti progressi per giungere a una vera e propria unione di bilancio.
Solo con le piuฬ recenti, gravi, emergenze si sono superati in modo deciso dubbi ed esitazioni. La risposta delle politiche europee alla crisi pandemica eฬ stata forte e tempestiva. Oltre agli imponenti sforzi coordinati compiuti per il contenimento della circolazione del virus e per lโacquisto e la distribuzione tra paesi dei vaccini, anche sul piano strettamente economico lโUnione europea si eฬ avvalsa di strumenti innovativi: sono stati concessi prestiti ai paesi membri per finanziare misure di contrasto ai rischi di disoccupazione; con la definizione del programma NGEU sono state messe a disposizione dei bilanci nazionali ingenti risorse volte a finanziare investimenti e riforme per sostenere la ripresa economica e per la doppia transizione, verde e digitale. Anche alla crisi energetica si eฬ risposto in modo coeso, prevedendo tra lโaltro di integrare nei piani nazionali definiti nellโambito del programma NGEU quelli di REPowerEU volti a ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.
Questi interventi hanno un grande rilievo non solo per la loro notevole dimensione, ma soprattutto percheฬ testimoniano la capacitaฬ delle istituzioni e degli Stati dellโUnione europea di assumere responsabilitaฬ condivise per affrontare sfide comuni, in primo luogo nellโinteresse delle generazioni future. Pur avendo effetti intrinsecamente strutturali, essi sono tuttavia per lo piuฬ di natura temporanea.
Se le misure nazionali finanziate con questi programmi avranno successo, potranno costituire i primi passi nella direzione di unโunione economica pienamente integrata. I paesi che beneficiano maggiormente di queste risorse โ il nostro in primo luogo โ oltre ad avere unโoccasione storica per affrontare problemi di lunga durata, hanno anche lโonere di dimostrare, con risultati tangibili, lโeffettiva utilitaฬ di una tale maggiore integrazione.
Allo stesso tempo, peroฬ, occorre essere consapevoli che il completamento del progetto europeo richiede il superamento di ostacoli significativi di natura istituzionale e politica. Condizione essenziale eฬ un impegno rinnovato e convinto da parte di tutti gli Stati membri a ricercare soluzioni comuni a problemi comuni. Eฬ necessario accrescere, e per talune questioni ripristinare, la fiducia tra i cittadini europei; mantenere vivo e costruttivo il dialogo a livello politico; ridurre la diffidenza che da piuฬ parti sembra nutrirsi nei confronti delle istituzioni europee.
Per quanto riguarda le politiche di bilancio, la riforma dovrebbe basarsi su due pilastri fondamentali: il ripensamento delle regole e la costituzione di unโeffettiva capacitaฬ di bilancio a fronte di risorse proprie e, quando necessario, con emissione di debito. Sul primo aspetto si eฬ compiuto un significativo passo in avanti con la presentazione, in aprile, della proposta di riforma della Commissione europea. La direzione prospettata eฬ giusta. Si pone lโaccento sulla sostenibilitaฬ dei conti pubblici nel medio termine e sulla crescita economica di lungo periodo; si riduce la complessitaฬ delle regole; le si rendono piuฬ credibili facendo leva sul coinvolgimento delle autoritaฬ nazionali nella definizione del percorso di aggiustamento.
La proposta della Commissione potrebbe non soddisfare le aspettative di tutti i paesi membri, anche per ragioni tra loro diverse. Eฬ necessaria la buona volontaฬ di tutti per trovare una soluzione utile e condivisa. Le regole devono essere applicate in un mondo caratterizzato da fitte interdipendenze e da shock inattesi, nel quale i conti pubblici nazionali non possono essere valutati indipendentemente dal contesto. Ma il rispetto delle regole di bilancio e la loro credibilitaฬ sono nellโinteresse non solo dellโUnione nel suo complesso, bensiฬ anche di ciascuno degli Stati che ne fanno parte. Sono cruciali per lโItalia, che non puoฬ che mirare a ridurre, nel tempo, un debito pubblico troppo elevato; sono coerenti con la disciplina di bilancio riconosciuta come necessaria dalla nostra Costituzione.
Lโintroduzione di una capacitaฬ di bilancio sovranazionale, assente nella proposta di riforma della Commissione, consentirebbe di gestire in modo piuฬ efficiente sia shock che colpiscono singoli paesi, sia eventi avversi comuni a tutti, come la pandemia e la crisi energetica. Se gli ostacoli di ordine istituzionale e di natura politica che oggi si incontrano rendono difficile realizzare nellโimmediato una piena unione di bilancio, si puoฬ procedere in modo pragmatico, prendendo spunto dagli strumenti varati durante lโemergenza pandemica: ad esempio, progettando forme di finanziamento comune degli stabilizzatori automatici, come eฬ giaฬ avvenuto con il programma di prestiti per le misure di contrasto ai rischi di disoccupazione. Per garantire che alcuni โbeni pubbliciโ europei โ come ad esempio quelli che si collocano nellโambito del digitale e dellโenergia, dellโambiente e della sicurezza โ siano forniti in quantitaฬ adeguata, si puoฬ pensare a strumenti con caratteristiche simili a quelle del programma NGEU.
Gli shock che hanno colpito lโeconomia europea hanno lasciato una ereditaฬ pesante in termini di debiti pubblici. Bisogna evitare che questi ultimi divengano causa di nuove crisi. Differenziali ampi e duraturi tra i rendimenti dei titoli dei diversi Stati dellโUnione ostacolano la convergenza economica. Ricordando le numerose proposte avanzate negli ultimi anni, la gestione a livello europeo di una parte delle passivitaฬ giaฬ emesse da ciascuno Stato membro, con adeguati presidi per evitare sistematici trasferimenti di risorse tra paesi, darebbe maggiore stabilitaฬ allโunione monetaria.
Come suggerito in diverse occasioni, un titolo di debito pubblico comune, da emettere a fronte della capacitaฬ di bilancio europea o determinato dalla condivisione di parte delle passivitaฬ nazionali, potrebbe inoltre svolgere il ruolo di safe asset, assegnato ai titoli di Stato nelle altre principali economie, e sostenere gli interventi volti a dare concretezza al disegno di unione dei mercati dei capitali. Su questโultimo fronte, le proposte avanzate dalla Commissione alla fine dello scorso anno e le discussioni in corso โ in tema di diritto fallimentare, di quotazione delle imprese, in particolare di piccola dimensione, di mercati finanziari e di controparti centrali โ vanno nella giusta direzione. Ma occorre proseguire speditamente, per far siฬ che il mercato europeo dei capitali possa meglio contribuire allโimpegno economico necessario per affrontare con successo la sfida climatica e quella dellโinnovazione digitale, in un contesto di rafforzata stabilitaฬ finanziaria.
Non si puoฬ non sottolineare infine la necessitaฬ di portare a compimento lโunione bancaria, attraverso una revisione dellโattuale disciplina di gestione delle crisi, che renda questโultima piuฬ rapida ed efficace, noncheฬ lโistituzione di uno schema unico di garanzia dei depositi. I recenti fenomeni di instabilitaฬ osservati al di fuori dellโUnione europea mostrano chiaramente lโimportanza di raggiungere questi obiettivi. Non appena saraฬ pienamente operativa la sua riforma, il Meccanismo europeo di stabilitaฬ โ grazie alle risorse delle quali dispone โ potraฬ svolgere un ruolo importante, fornendo una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico.
La stabilitaฬ del settore finanziario
Gli episodi di crisi occorsi negli Stati Uniti e in Svizzera ci ricordano che le banche svolgono unโattivitaฬ intrinsecamente rischiosa e che non eฬ possibile azzerare la probabilitaฬ che si verifichino casi di dissesto. Il compito delle istituzioni e delle autoritaฬ di vigilanza eฬ di ridurre al minimo tale probabilitaฬ, definendo regole e intervenendo con presidi preventivi. Nella gestione delle crisi eฬ cruciale disporre di strumenti idonei per contenere gli effetti e i costi per la societaฬ ed evitare che eventi isolati assumano una dimensione sistemica, con conseguenze sulle prospettive di sviluppo economico e sociale.
Nel comparto delle banche regionali statunitensi sono stati colpiti intermediari i cui modelli di business presentavano chiari elementi di vulnerabilitaฬ, con unโeccessiva esposizione al rischio di rialzo dei tassi di interesse e una provvista molto concentrata e sbilanciata verso depositi a vista di elevato ammontare e, quindi, non assicurati. Nelle crisi ha svolto un ruolo determinante una governance aziendale inadeguata. Vi hanno probabilmente contribuito la limitata applicazione degli standard regolamentari internazionali a banche ritenute non sistemiche, carenze nellโattivitaฬ di supervisione, noncheฬ la rapiditaฬ con cui si sono diffusi i timori sulla solvibilitaฬ degli intermediari per mezzo dei canali digitali e la facilitaฬ con cui le nuove tecnologie consentono ai depositanti di trasferire fondi.
Nel sistema bancario dellโUnione europea, anche grazie a una regolamentazione piuฬ stringente e a unโattivitaฬ di supervisione attenta alla sostenibilitaฬ dei modelli operativi, non emergono segnali di situazioni analoghe a quelle statunitensi. Ma gli episodi di turbolenza sui mercati ci ricordano quanto velocemente la fiducia degli investitori possa deteriorarsi e come, di conseguenza, i rischi per la stabilitaฬ finanziaria non vadano mai sottovalutati; rafforzano lโesigenza di una conduzione della politica monetaria prudente e saldamente ancorata allโevoluzione dei dati.
In Italia, cosiฬ come negli altri paesi dellโarea dellโeuro, non si sono registrati deflussi anomali di depositi. Dal luglio dello scorso anno, quando aveva toccato il picco di quasi 1.620 miliardi, questa forma di provvista eฬ diminuita del 6 per cento; il calo riflette la fisiologica riduzione della liquiditaฬ accumulata durante la pandemia e la ricerca da parte della clientela di forme di investimento piuฬ remunerative, in grado di proteggere meglio i risparmi dallโinflazione. La flessione dei depositi ha avuto riflessi contenuti sugli indicatori di copertura della liquiditaฬ e di stabilitaฬ della raccolta, che si mantengono ben al di sopra dei minimi regolamentari.
Il rialzo dei tassi di interesse ha comportato un calo del valore dei titoli in portafoglio. Le minusvalenze su quelli che le banche intendono detenere fino alla loro naturale scadenza (valutati in bilancio al costo di acquisto), il cui impatto medio sul coefficiente di capitale di migliore qualitaฬ eฬ stimabile in 200 punti base, si realizzerebbero solo se gli intermediari fossero costretti a venderli in anticipo. Meno del 2 per cento di queste potenziali perdite fa oggi capo a banche con un coefficiente di copertura della liquiditaฬ relativamente basso. Il meccanismo articolato che nellโarea dellโeuro regola il ricorso al prestito della banca centrale assistito da garanzie contribuisce, in generale, a ridurre la probabilitaฬ che gli intermediari debbano liquidare anticipatamente i titoli in portafoglio.
Nel suo insieme, il sistema bancario si trova in condizioni sufficientemente buone. Lo scorso anno tutti i principali indicatori di bilancio si sono collocati su valori nellโaggregato soddisfacenti; in piuฬ casi sono migliorati. Lโincidenza dello stock di crediti deteriorati si eฬ mantenuta stabile, su valori modesti e ormai in linea con la media europea. La redditivitaฬ, a lungo depressa dai bassi tassi di interesse e dalle elevate perdite sui prestiti, eฬ salita in misura significativa, beneficiando dellโaumento del margine di interesse. Eฬ lievemente migliorata anche la posizione patrimoniale.
Ma lโincertezza sulle prospettive economiche richiede prudenza. Cโeฬ da attendersi che il rallentamento ciclico e le piuฬ restrittive condizioni di finanziamento determinino un peggioramento della qualitaฬ del credito, con implicazioni sulle rettifiche di valore, al momento ancora basse. Lโadeguamento dei tassi di interesse corrisposti alla clientela comporteraฬ un aumento dellโonere della raccolta. Vi contribuiraฬ una ricomposizione della provvista verso forme piuฬ costose, sia per il progressivo venire a scadenza della terza serie delle operazioni mirate di rifinanziamento a piuฬ lungo termine, sia per la necessitaฬ di adeguarsi ai requisiti previsti dalle norme sulla risoluzione.
La stabilitaฬ del sistema bancario italiano eฬ il risultato di un intenso processo, realizzato negli ultimi dieci anni, di risanamento dei bilanci, di miglioramento dellโefficienza, di rafforzamento del governo societario e dei controlli interni; un risultato che molti osservatori, anche autorevoli, dubitavano potesse essere raggiunto. Il percorso non eฬ stato privo di difficoltaฬ. In non pochi casi lโattuazione di interventi tempestivi ha consentito di gestire situazioni di fragilitaฬ attraverso aggregazioni con altri intermediari piuฬ robusti, cambiamenti degli assetti proprietari, profonde revisioni e trasformazioni dei modelli di business. In altri, alcuni dei quali riconducibili anche a episodi di mala gestio, eฬ stato inevitabile il ricorso a procedure di risoluzione o di liquidazione con cessione di attivitaฬ e passivitaฬ (che hanno interessato il 3 per cento del totale degli attivi del sistema). In nessun caso, nonostante i vincoli posti dal quadro normativo europeo sui quali ci siamo espressi in passato, eฬ stata messa a repentaglio la stabilitaฬ finanziaria. I depositanti sono stati tutelati. Laddove necessario si eฬ fatto ricorso a risorse pubbliche, il cui ammontare complessivo eฬ stato tuttavia decisamente basso nel confronto internazionale.
Cioฬ non toglie che permangano casi di debolezza e vulnerabilitaฬ. Nel confronto con gli intermediari maggiori, gli indicatori delle banche meno significative non sono sempre altrettanto favorevoli. Le ragioni sono molteplici, dai vincoli che possono derivare dalla piccola dimensione a sistemi di governo societario a volte inadeguati. Anche per far fronte a questi elementi di debolezza sono state varate nel corso del tempo importanti riforme riguardanti le banche popolari e quelle di credito cooperativo; negli ultimi anni abbiamo tra lโaltro considerevolmente innalzato i requisiti di capitale cosiddetti di โsecondo pilastroโ richiesti dallโautoritaฬ di vigilanza in aggiunta ai minimi regolamentari.
Siamo ora concentrati sullโesame della sostenibilitaฬ dei modelli di business e sui relativi rischi, tenendo anche conto degli effetti dellโinnovazione tecnologica sul sistema finanziario. Continua a rimanere centrale la valutazione degli assetti di governo societario, nel presupposto che la buona qualitaฬ degli organi sociali e degli esponenti aziendali costituisce il principale presidio per una sana e prudente gestione.
Per essere efficace, lโazione di supervisione necessita di un quadro regolamentare robusto e pienamente allineato ai piuฬ rigorosi standard internazionali. Alla fine del 2021 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di recepimento dei piuฬ recenti accordi di Basilea, portando a compimento un percorso di revisione regolamentare avviato oltre dieci anni fa. I negoziati tra il Consiglio e il Parlamento europeo sono in corso; eฬ importante che le nuove regole siano rapidamente definite e rese pienamente applicabili.
In prospettiva, lโesperienza delle crisi bancarie degli ultimi mesi andraฬ sfruttata per riflettere su possibili aggiustamenti al quadro delle regole prudenziali. Si discute in particolare del perimetro di applicazione degli standard che al momento sono destinati, in linea di principio, solo alle banche cosiddette attive a livello internazionale, bencheฬ nellโUnione europea essi siano stati estesi agli istituti minori. Andraฬ meglio definito il concetto di intermediari sistemici: gli episodi recenti mostrano che anche le crisi di banche di media dimensione operanti a livello regionale possono determinare fenomeni di contagio e generare significative turbolenze sui mercati finanziari, non solo a livello nazionale. Sono inoltre argomento di riflessione possibili interventi sulla calibrazione dei requisiti di liquiditaฬ, anche per tenere conto della maggiore facilitaฬ con cui i depositi possono essere trasferiti grazie alla digitalizzazione della finanza, noncheฬ sul trattamento prudenziale del rischio di tasso di interesse.
I mutamenti in corso a livello globale richiedono di insistere sul rafforzamento delle regole che disciplinano lโintermediazione non bancaria. Le forti interdipendenze tra il settore bancario e quello dei fondi dโinvestimento, noncheฬ quello delle assicurazioni, possono amplificare i rischi e incidere sulle scelte dei risparmiatori. In alcuni paesi, a fronte di una riduzione dei depositi bancari non coperti da garanzia, i fondi monetari hanno registrato di recente un ingente afflusso di risorse. Nel Financial Stability Board sono in corso lavori, cui contribuiamo, per una revisione tempestiva delle raccomandazioni relative ai rischi di liquiditaฬ nel comparto dei fondi di investimento e per la definizione di interventi volti a migliorare le prassi di gestione da parte degli intermediari.
Come per le banche, anche per le assicurazioni sulla vita lโaumento dei tassi di interesse puoฬ comportare una contrazione della raccolta netta dei prodotti con rendimento prefissato. Le compagnie italiane sono nel complesso robuste e ben capitalizzate e sono in grado di reagire alle mutate condizioni di mercato soprattutto tornando a privilegiare la componente prettamente assicurativa della propria offerta. In un caso, caratterizzato da specifiche debolezze messe in luce dallโazione di vigilanza e dalla mancata tempestiva attuazione della ricapitalizzazione prudenziale richiesta dallโautoritaฬ di controllo, sono state assunte misure di risanamento e salvaguardia, tra cui la sospensione temporanea dei riscatti anticipati. In assenza di fondi di garanzia in grado di tutelare la clientela, sono in corso trattative per lโintervento di un gruppo di banche e assicurazioni a salvaguardia dei contraenti; seguiamo attentamente la questione in collaborazione con lโIvass e in contatto con le autoritaฬ di governo.
Come ho ricordato, anche in presenza di una regolamentazione rigorosa e di unโintensa azione di supervisione, non eฬ possibile escludere del tutto che emergano casi di dissesto bancario. I sistemi di garanzia dei depositi rappresentano un elemento fondamentale della disciplina di gestione delle crisi. Gli eventi piuฬ recenti hanno messo in evidenza lโimportanza di prestare la dovuta attenzione anche alla quota di depositi che eccede il limite della garanzia.
La regolamentazione internazionale ed europea in materia di gestione delle crisi richiede alle banche di maggiori dimensioni di dotarsi di riserve di passivitaฬ (nellโUnione europea il minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL) in grado di assorbire le perdite e ricapitalizzare lโintermediario in caso di crisi, minimizzando le ricadute sui depositi non protetti. In questi anni eฬ tuttavia parso evidente che la richiesta di tali riserve non puoฬ essere estesa a tutte le banche, viste le difficoltaฬ che quelle piuฬ piccole inevitabilmente incontrano nellโaccedere ai mercati dei capitali allโingrosso. Per questa ragione in vari modelli di gestione delle crisi โ in particolare quello statunitense โ il ruolo di protezione dei depositi delle banche minori continua a essere affidato allโintervento degli schemi di garanzia, nelle forme del sostegno finanziario alla cessione di attivitaฬ e passivitaฬ a un terzo acquirente. Ricorrendo a tale modalitaฬ, dal 1980 la Federal Deposit Insurance Corporation ha gestito senza traumi il dissesto di oltre 3.500 banche.
Le innovazioni contenute nella proposta della Commissione europea per la revisione della disciplina delle crisi bancarie consentirebbero, con adeguati presidi, agli schemi di garanzia dei depositi di contribuire piuฬ agevolmente a farvi fronte. In particolare, il superamento del loro trattamento preferenziale nella gerarchia concorsuale โ che auspichiamo da tempo โ consentirebbe a questi schemi di intervenire efficacemente in via preventiva o, in caso di dissesto, sostenendo la cessione di attivitaฬ e passivitaฬ. Occorre peroฬ tenere in considerazione il giaฬ citato difficile accesso al mercato dei capitali da parte delle banche di piccole e medie dimensioni; per quelle che saranno soggette a risoluzione, allโintervento dei sistemi di garanzia potrebbe essere associato un minore ammontare minimo di passivitaฬ da utilizzare in caso di crisi.
La possibilitaฬ di derogare in via temporanea ai vincoli che limitano lโaccesso a finanziamenti straordinari, pur con i dovuti presidi per scongiurarne un utilizzo indiscriminato, rafforzerebbe il quadro normativo sulla gestione delle crisi, permettendo di agire con rapiditaฬ in situazioni di rischio sistemico, che possono essere generate anche da intermediari di piccole dimensioni. La previsione di una tale โvalvola di sicurezzaโ eฬ stata cruciale negli Stati Uniti, dove lโattivazione della systemic risk exception ha permesso al sistema di garanzia dei depositi di intervenire senza limiti, proteggendo, eccezionalmente, tutti i depositanti e riducendo quindi i pericoli di contagio.
Le prospettive per lโeconomia italiana
A fronte degli shock di intensitaฬ inusitata degli ultimi anni, lโeconomia italiana ha mostrato una notevole capacitaฬ di resistenza e reazione. Giaฬ alla fine del 2021 il prodotto aveva recuperato il crollo registrato nei trimestri successivi allo scoppio della pandemia; ha continuato poi a espandersi lo scorso anno, nonostante le difficoltaฬ poste dalla guerra in Ucraina, con un incremento del 3,7 per cento, ben superiore alle attese. Anche il mercato del lavoro ha pienamente riassorbito il forte calo dellโoccupazione, che aveva soprattutto riguardato i giovani e le donne. Nel primo trimestre di questโanno la crescita dellโeconomia ha di nuovo superato le attese. Per il 2023 le previsioni oggi disponibili convergono su un aumento del prodotto intorno allโuno per cento.
La ripresa eฬ stata piuฬ marcata nelle costruzioni, sostenute dagli incentivi fiscali per la riqualificazione del patrimonio edilizio, e nei servizi, tornati a espandersi significativamente con il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dei contagi. Nonostante le difficoltaฬ in corso dโanno, anche la produzione manifatturiera si eฬ mantenuta in media sui livelli del 2019.
La rinnovata vitalitaฬ del sistema economico si eฬ manifestata nella robusta espansione delle esportazioni e nella forte ripresa dellโaccumulazione di capitale. Dal quarto trimestre del 2019 le vendite allโestero di beni sono aumentate in volume dellโ11 per cento, piuฬ che negli altri grandi paesi dellโarea dellโeuro. Nellโultimo biennio gli investimenti sono cresciuti di oltre il 20 per cento, segnando una netta cesura rispetto alla protratta fase di debolezza seguita alla crisi finanziaria globale.
Questi andamenti, pur favoriti da generose politiche pubbliche, riflettono il maturare di graduali progressi. La ristrutturazione del tessuto produttivo ha permesso alle imprese di affrontare la crisi pandemica e lo shock energetico con un assetto finanziario piuฬ solido ed equilibrato che nei precedenti gravi periodi di crisi. Tra il 2007 e il 2019, in controtendenza rispetto alla media dellโarea dellโeuro, il loro debito era sceso di quasi 7 punti percentuali, al 68 per cento del PIL (contro una media superiore al 100 per cento nellโunione monetaria). Nello stesso periodo le famiglie hanno mantenuto un livello di indebitamento complessivamente basso, pari nel 2019 al 41 per cento del prodotto (15 punti in meno della media dellโarea), concentrato presso i nuclei a piuฬ alto reddito, maggiormente in grado di sostenerlo.
Queste indicazioni e la forza della ripresa sono confortanti anche alla luce delle debolezze che ancora affliggono la nostra economia e che negli ultimi decenni si sono riflesse in un progressivo arretramento del reddito pro capite rispetto agli altri paesi avanzati. Ne abbiamo molto discusso, anche in questa sede, osservando come al protratto ristagno della produttivitaฬ del lavoro abbiano contribuito sia la bassa efficienza dei processi produttivi sia, nella fase successiva alla crisi finanziaria globale, la debolezza dellโaccumulazione di capitale.
Negli ultimi venticinque anni il prodotto per ora lavorata eฬ cresciuto di appena lo 0,3 per cento allโanno, meno di un terzo della media degli altri paesi dellโarea dellโeuro. I margini di flessibilitaฬ introdotti nel mercato del lavoro non sono stati accompagnati da investimenti tecnologici adeguati al nuovo contesto; la qualitaฬ del capitale umano eฬ ancora insufficiente. Non ne hanno beneficiato neฬ la redditivitaฬ delle imprese, neฬ le retribuzioni orarie, la cui crescita al netto dellโinflazione eฬ stata tra le piuฬ deboli in Europa.
Nonostante la diseguaglianza nelle retribuzioni orarie sia rimasta contenuta tra gli occupati dipendenti del settore privato, la quota di lavoratori con retribuzioni annue particolarmente basse โ convenzionalmente inferiori al 60 per cento del valore mediano della distribuzione, pari oggi a 11.600 euro annui โ eฬ ancora salita, fino al 30 per cento, dal 25 degli ultimi anni del secolo scorso. Con la maggiore diffusione del lavoro temporaneo e di quello a tempo parziale eฬ sensibilmente aumentato il numero di quanti oggi hanno un impiego solo per una parte dellโanno.
Le forme contrattuali atipiche hanno accentuato la risposta dellโoccupazione agli andamenti ciclici dellโeconomia e favorito in molti nuclei familiari lโaumento del numero di occupati, ancorcheฬ con salari modesti. Nel 2022, con la ripresa sostenuta della domanda di lavoro, eฬ cresciuta notevolmente la trasformazione di contratti temporanei in permanenti. In molti casi, peroฬ, il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietaฬ molto prolungate; la quota di giovani che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento. Troppi, non solo tra i giovani, non hanno unโoccupazione regolare o, pur avendola, non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate; come negli altri principali paesi, lโintroduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, puoฬ rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale.
Lโaumento dei redditi e un deciso miglioramento delle opportunitaฬ di impiego richiedono un innalzamento della qualitaฬ e della capacitaฬ produttiva dellโintero sistema economico, oggi ancora piuฬ necessario alla luce dei cambiamenti demografici in corso. Nei prossimi decenni la dinamica della popolazione mondiale continueraฬ a essere fortemente sbilanciata: alla crescita sostenuta nei paesi in via di sviluppo si contrapporraฬ quella debole o negativa nei paesi avanzati; tra questi lโItalia si caratterizza per un processo di invecchiamento fra i piuฬ rapidi. In soli tre anni, dal 2019 il numero di persone convenzionalmente definite in etaฬ da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) eฬ diminuito di quasi 800.000 unitaฬ. Secondo le proiezioni demografiche dellโIstat, nello scenario centrale entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei.
Il miglioramento delle condizioni di vita e di salute conseguito negli ultimi decenni potraฬ consentire a non poche persone di lavorare oltre il limite convenzionale dei 64 anni, in linea con le tendenze giaฬ in atto, sostenute anche dalle riforme pensionistiche. Sicuramente occorreraฬ accrescere la capacitaฬ di impiegare i giovani e le donne, i cui tassi di partecipazione in tutte le aree del Paese sono davvero modesti, e nel Mezzogiorno i piuฬ bassi dโEuropa.
Anche nellโipotesi molto favorevole di un progressivo innalzamento dei tassi di attivitaฬ dei giovani e delle donne fino ai valori medi dellโUnione europea, nei prossimi venti anni la crescita economica non potraฬ contare su un aumento endogeno delle forze di lavoro: gli effetti del calo della popolazione nelle etaฬ centrali potranno essere mitigati nel medio periodo, oltre che da un allungamento dellโetaฬ lavorativa, solo da un aumento del saldo migratorio (che pure nello scenario di base lโIstat prefigura pari a 135.000 persone allโanno, piuฬ del doppio degli ultimi dieci anni, dopo una media di oltre 300.000 nel precedente decennio). Per gestire i flussi migratori occorreranno politiche ben concepite di formazione e integrazione, indispensabili per lโinserimento dei migranti nel tessuto sociale e produttivo. Un recupero della natalitaฬ dai livelli particolarmente bassi del 2021, per quanto auspicabile, rafforzerebbe lโofferta di lavoro solo nel lunghissimo periodo.
Le prospettive di sviluppo dellโeconomia dipenderanno comunque in larga misura dalla capacitaฬ di tornare a ritmi di crescita della produttivitaฬ del lavoro nettamente superiori a quelli degli ultimi venticinque anni e almeno pari a quelli medi osservati negli altri paesi dellโarea dellโeuro. Dal 2015 si sono fatti chiari progressi: nonostante il contributo nullo dellโaccumulazione di capitale, il prodotto per ora lavorata nel settore privato eฬ cresciuto a ritmi non lontani dalla media dellโarea. Il proseguimento di questa tendenza richiede che le imprese confermino la ripresa recente degli investimenti e sostengano lโinnovazione.
Anche se le ristrutturazioni aziendali hanno favorito il rafforzamento dellโeconomia, alcuni tratti peculiari, di cui abbiamo piuฬ volte discusso in passato, continuano a condizionarne lo sviluppo. La distribuzione dimensionale delle imprese resta sbilanciata verso quelle piccole e piccolissime, a proprietaฬ e gestione familiare. Il problema eฬ accentuato nelle costruzioni e in alcuni rami dei servizi, come quelli professionali e il comparto alberghiero e dei pubblici esercizi, in cui dalla seconda metaฬ degli anni Novanta si registrano tassi di crescita della produttivitaฬ decisamente modesti, se non addirittura negativi.
Modifiche normative di rilievo, come la riduzione delle barriere allโingresso e la semplificazione dellโavvio delle attivitaฬ, hanno stimolato la concorrenza e innalzato lโefficienza delle imprese. Questo conferma che eฬ necessario perseverare nellโagenda delle riforme e superare gli ostacoli e i disincentivi alla crescita dimensionale ancora presenti, spesso impliciti nelle norme amministrative e tributarie. Lโevasione fiscale e la diffusione del lavoro sommerso continuano ad alterare i meccanismi concorrenziali a danno delle imprese con maggiori potenzialitaฬ.
Unโeconomia innovativa richiede una forza lavoro qualificata, con conoscenze adeguate e continuamente aggiornate. La quota di laureati tra le persone di etaฬ compresa tra i 25 e i 34 anni eฬ ancora oggi inferiore al 30 per cento, contro una media europea superiore al 40. Anche le competenze sono spesso insoddisfacenti, come mostrano le indagini prodotte dagli organismi internazionali. In Italia non mancano giovani con elevate qualitaฬ professionali e imprese dinamiche e di successo; ma eฬ ancora troppo bassa la quota di quelle che puntano con decisione sulla valorizzazione del capitale umano e delle capacitaฬ manageriali, fondamentali per trarre beneficio dalle nuove tecnologie e accrescere la capacitaฬ competitiva dei prodotti e servizi offerti sui mercati nazionali e globali. Le aziende che hanno intrapreso questo percorso si distinguono dalle altre per quote di mercato crescenti, una maggiore intensitaฬ del capitale, una redditivitaฬ piuฬ alta e migliori condizioni lavorative e retributive.
Altrettanto necessario eฬ lโinnalzamento della qualitaฬ della pubblica amministrazione. In tutti i comparti โ istruzione, sanitaฬ, giustizia โ si riscontrano, oltre ai divari rispetto alla media europea, ampie differenze territoriali. Per ridurle e conseguire i necessari miglioramenti occorrono sistemi di monitoraggio e strumenti efficaci per intervenire laddove non si raggiungono standard minimi di qualitaฬ. Sui risultati incidono i ritardi nellโuso delle tecnologie digitali, lโelevata etaฬ media del personale, lโinsufficiente dotazione di competenze specialistiche. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) puoฬ stimolare progressi significativi nella digitalizzazione delle amministrazioni; lโaccentuazione del turnover giaฬ in atto nel pubblico impiego offre lโoccasione di acquisire risorse umane con un livello professionale adeguato rispetto ai servizi che lo Stato si impegna a fornire. Oltre a essere un obiettivo del Piano, il rafforzamento della pubblica amministrazione eฬ un fattore cruciale per utilizzarne in maniera rapida e piena le risorse messe a disposizione in tutti i comparti.
Sulle capacitaฬ di crescita della nostra economia grava, infine, un sistema tributario complesso, su cui si eฬ spesso intervenuti senza un disegno organico. Il Governo ha manifestato lโintenzione di realizzare un ampio intervento di riforma, con il disegno di legge delega attualmente in discussione in Parlamento. Una ricomposizione del prelievo che riduca il peso della tassazione sui fattori produttivi puoฬ stimolare lโoccupazione e gli investimenti. La rimozione delle misure che influiscono negativamente sulle scelte dimensionali e organizzative delle imprese, preservando al contempo quelle che incentivano la patrimonializzazione, contribuirebbe ad accrescerne lโefficienza. Modifiche alla tassazione personale attente agli effetti redistributivi andrebbero modulate tenendo conto dellโentitaฬ complessiva e delle specifiche caratteristiche dei programmi di sicurezza sociale. La razionalizzazione delle norme e la semplificazione degli adempimenti possono dare certezza e stabilitaฬ al sistema, contenendo i costi amministrativi. Nessun intervento puoฬ realisticamente prescindere dai vincoli posti dal nostro elevato debito pubblico, neฬ dai principi di progressivitaฬ e capacitaฬ contributiva sanciti dalla Costituzione.
Ridurre la dimensione del debito pubblico eฬ una prioritaฬ della politica economica, indipendentemente dalle regole europee. Un alto debito impone che una quota elevata delle entrate pubbliche sia destinata al pagamento di interessi invece che a impieghi produttivi; pone seri problemi di equitaฬ tra le generazioni; rende piuฬ difficile lโadozione di misure anticicliche; genera incertezza per gli operatori economici. La necessitaฬ di rifinanziarlo ogni anno per importi ingenti rende il Paese vulnerabile alle dinamiche avverse dei mercati, anche quando queste ultime non appaiano giustificate dalle condizioni economiche e finanziarie di fondo.
Dopo essere sceso in misura significativa nei primi anni dellโunione monetaria, e poi solo marginalmente fino a poco piuฬ del 100 per cento nel 2007, con la duplice crisi, finanziaria e dei debiti sovrani, il rapporto tra debito e PIL eฬ salito bruscamente, anche a causa della bassa crescita nominale e nonostante perduranti avanzi primari, mantenendosi intorno al 135 per cento fino allo scoppio della pandemia. Nel 2020, da un lato il crollo dellโattivitaฬ produttiva, dallโaltro le politiche di sostegno a imprese e famiglie hanno innalzato il rapporto di altri 20 punti percentuali. Lโincremento eฬ stato riassorbito per metaฬ nellโultimo biennio, grazie al differenziale straordinariamente favorevole tra crescita nominale e costo del debito. Alla fine del 2022 il rapporto era pari al 144 per cento.
La riduzione conseguita nella prima parte degli anni Duemila avrebbe potuto essere maggiore, ma gli elevati livelli che oggi registriamo non sono tanto il risultato di politiche di bilancio poco prudenti, quanto lโeffetto delle gravissime crisi susseguitesi a partire dal 2007. Proprio come allโavvio della moneta unica, in rapporto al prodotto il nostro debito pubblico eฬ ancora oggi pari a oltre una volta e mezza quello medio del resto dellโarea.
Indipendentemente dalle cause che lo hanno portato agli attuali livelli, eฬ oggi prioritario dare continuitaฬ al processo di consolidamento avviato nellโultimo biennio. A questo fine, dato il fisiologico, graduale, aumento dellโonere per interessi, che riflette anche la normalizzazione della politica monetaria, eฬ necessario un ritorno a significativi avanzi primari, come quelli programmati per il medio termine nellโultimo Documento di economia e finanza. Nei prossimi anni ogni eventuale aumento di spesa o riduzione di entrata, anche nellโambito di riforme giaฬ annunciate quali quella del fisco o dellโautonomia differenziata, non potraฬ prescindere dallโidentificazione di coperture strutturali adeguate e certe.
Il mantenimento di una gestione prudente delle finanze pubbliche costituisce un segnale importante di credibilitaฬ; contribuisce a comprimere i rendimenti dei nostri titoli di Stato, avvicinandoli a quelli di altri grandi paesi dellโarea dellโeuro. Per la riduzione dellโincidenza del debito resta centrale il conseguimento di tassi di crescita stabilmente e sufficientemente elevati. Diversamente da quanto eฬ spesso accaduto in passato, eฬ importante mantenere adeguati il livello e la qualitaฬ degli investimenti pubblici; saraฬ cruciale, anche per favorire le iniziative private di investimento, la capacitaฬ delle amministrazioni di selezionare i progetti migliori e metterli in atto nei tempi e ai costi previsti.
Abbiamo piuฬ volte sottolineato che il programma NGEU rappresenta per lโItalia lโoccasione per ridare slancio allo sviluppo dellโeconomia e aggredire le debolezze su cui mi sono anche oggi soffermato. Non va tra lโaltro sottovalutata lโimportanza che esso puoฬ rivestire per colmare gli ampi ritardi che il Mezzogiorno ha continuato ad accumulare nel tempo: ritardi che incidono profondamente sulle prospettive dei residenti e si riflettono in un insostenibile spreco di energie e risorse umane che frena lo sviluppo dellโintera economia italiana.
Miglioramenti del PNRR sono possibili. Nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna peroฬ tenere conto del serrato programma concordato con le autoritaฬ europee; al riguardo, un confronto continuo con la Commissione eฬ assolutamente necessario, noncheฬ utile e costruttivo. Non cโeฬ tempo da perdere. Si discute di presunte insufficienze nel dibattito collettivo riguardo al suo disegno, dellโorizzonte temporale limitato per il raggiungimento degli obiettivi, delle possibili carenze nella capacitaฬ di attuarne le misure, ma va sottolineato con forza che il Piano rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese. Anche per questa ragione, oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, eฬ cruciale dare attuazione allโambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto.
Si tratta quindi di uno snodo cruciale; esso deve peroฬ essere parte di una piuฬ ampia strategia di lungo periodo per agevolare la trasformazione della nostra economia. La rende ancor piuฬ necessaria lโineludibile, duplice sfida che ci attende: ineludibile se si vuole, da un lato, contrastare il cambiamento climatico e i suoi effetti โ cosiฬ deleteri, come drammaticamente ancora una volta dobbiamo oggi registrare โ e, dallโaltro, stimolare una diffusione ampia e sicura dellโinnovazione tecnologica, in primo luogo digitale. Serviranno tempi relativamente lunghi, tali da coinvolgere piuฬ legislature; gli obiettivi vanno perseguiti con costanza e lungimiranza e con il consenso diffuso dei cittadini. Il successo dipenderaฬ dalla capacitaฬ di unire allโazione pubblica unโadeguata risposta del sistema produttivo e finanziario. Si creeranno nuove opportunitaฬ, ma saranno necessari anche ingenti investimenti, unโefficiente allocazione del risparmio e una corretta gestione dei rischi.
Anche il sistema finanziario dovraฬ fare la sua parte. Per cogliere le opportunitaฬ connesse con il finanziamento della transizione energetica, gli intermediari dovranno dotarsi di adeguati modelli di valutazione dei rischi climatici, da incorporare nei propri processi operativi. Lโobiettivo non eฬ abbandonare tout-court le attivitaฬ caratterizzate oggi da una piuฬ elevata impronta carbonica, ma assistere le aziende energivore, ogni volta che sia possibile e opportuno, nellโintraprendere la strada di una decisa riduzione delle emissioni. Per andare in questa direzione saraฬ determinante che le imprese forniscano agli intermediari e agli investitori informazioni dettagliate e affidabili e predispongano piani di transizione credibili.
Gestire efficacemente le implicazioni connesse con lโinnovazione tecnologica eฬ unโaltra sfida cruciale per il sistema finanziario. La Banca dโItalia sostiene e promuove lโinnovazione garantendo lโefficienza e la sicurezza delle infrastrutture di mercato, lโaggiornamento del quadro normativo e delle prassi per la gestione dei rischi, la tutela e lโeducazione finanziaria della clientela. Si tratta di presidi fondamentali per assicurare che il nostro paese benefici appieno della digitalizzazione dellโeconomia e della finanza, minimizzandone i rischi.
In questo solco si inserisce anche la nuova sfida rappresentata, per lโEurosistema, dalla possibile introduzione dellโeuro digitale, al cui sviluppo concettuale e tecnico stiamo contribuendo attivamente. Il prossimo autunno il Consiglio direttivo della BCE decideraฬ se e come passare alla fase dedicata a definire le soluzioni tecniche e commerciali necessarie. Una decisione finale di procedere con la moneta pubblica digitale richiederaฬ in ogni caso lโadozione del necessario impianto normativo da parte del Parlamento e del Consiglio dellโUnione europea.
In condizioni di profonda incertezza, nellโangoscia dellโemergenza, tre anni fa ci chiedevamo quali effetti la pandemia avrebbe prodotto sui nostri comportamenti, sul sistema produttivo, il modo di lavorare, le abitudini di consumo. Riconoscendo di โsapere di non sapereโ, discutevamo, con dubbi profondi, di nuovi โequilibriโ e nuova โnormalitaฬโ. E parlavamo del ruolo cruciale che straordinari interventi di bilancio e ingenti e tempestive misure di politica monetaria avrebbero avuto nellโattutire e diluire nel tempo le conseguenze della crisi.
Ora, usciti dalla crisi sanitaria, recuperato il drammatico crollo della domanda e superato il โdistanziamento socialeโ, ci troviamo ad affrontare nuove sfide, nuove emergenze. Eฬ certamente lecito chiedersi quanto queste โ dalle tensioni e dai rischi di natura geopolitica alle incertezze di natura economica e finanziaria, allo stesso ritorno dellโinflazione โ siano legate a quegli eventi e a quelle risposte. Nella storia, non solo economica, le analisi controfattuali sono ardue, ma non manchi, nellโeffettuarle, una buona dose di umiltaฬ: quegli interventi, quelle misure non solo hanno contribuito a moderare gli effetti economici e sociali della crisi pandemica, ma hanno certamente avuto un ruolo cruciale nel trasformare in realtaฬ lโimpegno e la speranza di quando allora si diceva: โinsieme ce la faremoโ.
Per questo non possiamo dimenticare chi si eฬ sacrificato nella lotta, a volte impari, ai contagi. Non possiamo ignorare quanto la risposta cosiฬ rapida della ricerca abbia beneficiato dellโassenza di invalicabili frontiere alla diffusione della conoscenza. Neฬ dobbiamo mancare di dare il giusto rilievo ai successi, anche logistici nonostante difficoltaฬ di varia natura, conseguiti dallโattivitaฬ connessa con la produzione e la distribuzione dei vaccini, noncheฬ alla capacitaฬ di azione, anche in ambito sovranazionale.
Ma torniamo alle tensioni, alle incertezze, allโinflazione. Su questโultima mi sono oggi espresso sottolineando ancora una volta lโimportanza di tenere dritta la barra della risposta monetaria, ma con la gradualitaฬ necessaria per lโincertezza ancora non dissipata riguardo allโevoluzione delle determinanti primarie dellโaccelerazione dei prezzi e ai comportamenti che ne possono prolungare durate ed effetti. Il rientro da condizioni di accomodamento monetario estremamente distese era certamente necessario; anche in questo caso ricordiamo, peroฬ, il successo del contrasto dei rischi deflativi connessi con le crisi finanziarie, globale e dei debiti sovrani nellโarea dellโeuro. La normalizzazione monetaria e la restrizione del credito ci riporteranno a prezzi stabili; le ripercussioni sullโeconomia della nostra area saranno tanto minori quanto piuฬ responsabili saranno i comportamenti di tutte le parti che contano, imprese, sindacati, governi.
Le conseguenze politiche, economiche e finanziarie del drammatico conflitto che ancora ha luogo in Ucraina, inconcepibile alla luce delle lezioni della storia del nostro Novecento e inaccettabile per la violazione dei basilari principi di diritto internazionale che ne erano seguiti, si annunciano profonde e di lunga durata. Bisogneraฬ farvi fronte, non abbandonando ma rafforzando lโimpegno nella cooperazione internazionale. Le grandi forze di cambiamento, le sfide dei nostri tempi hanno natura globale, non possono avere risposte parziali o non condivise. Soprattutto, nella competizione tra le nazioni bisogna rinunciare alla logica del gioco a somma zero, non tornare ai vecchi modelli di vinti e vincitori, ma operare per coinvolgere attori diversi โ per storia, valori e prospettive โ alla guida di future iniziative con lโobiettivo di generare benefici diffusi per tutti.
Nellโultimo quindicennio il nostro paese ha dovuto affrontare sfide ed emergenze in una successione con pochi precedenti. In questa sede mi sono ripetutamente soffermato su come esse sono state fronteggiate, sui vincoli che hanno rallentato le nostre risposte, sui ritardi e gli errori commessi, sui successi ottenuti. Non entreroฬ quindi in particolari dettagli, la successione dei miei ricordi muovendo dalla crisi finanziaria globale a quella dei debiti sovrani e ai loro prolungati effetti, che ci hanno colto ancora una volta, con unโefficace espressione allora avanzata, โin controtempoโ, dopo i ritardi accumulati nello scorcio del secolo scorso.
La pandemia ha colpito il Paese quando esso non aveva ancora pienamente recuperato i danni inferti da quella duplice crisi, quando ancora lโintroduzione lenta e frammentata delle necessarie riforme stentava a sciogliere i nodi che frenano il nostro sviluppo. Ma lโItalia ha superato questa terza gravissima crisi, cosiฬ come lo shock energetico seguito allโaggressione russa allโUcraina, meglio di quanto ci attendevamo. La ridefinizione dellโorganizzazione mondiale della produzione ora ci impone di rafforzare il nostro posizionamento internazionale ed evitare di essere spinti, come in anni non lontani, ai margini delle trasformazioni in corso. Queste non sono soltanto emergenze da affrontare; sono fattori che interagiscono con tendenze inarrestabili โ ambientali, demografiche, tecnologiche โ e che sono destinate a cambiare radicalmente gli assetti economici e sociali.
La portata di queste tendenze non puoฬ che generare incertezze. Nel considerare i rischi che vi sono associati, ci poniamo interrogativi sul futuro nel quale vivranno i bambini di oggi e quelli che ancora non sono nati, ci chiediamo come operare non solo per rispondere ai timori e alle resistenze a esse connesse, ma anche e soprattutto per cogliere le opportunitaฬ di cui sono foriere. Continueranno a emergere nuove forme di organizzazione del lavoro e della societaฬ, nuovi stili di vita, nuovi modi di cooperare. Bisogneraฬ esserne consapevoli, innanzitutto a livello individuale, puntando come da tempo diciamo, sulla curiositaฬ, lo studio, la conoscenza.
Per quanto riguarda lโistituzione โspecialeโ che ho servito, con ruoli diversi, per un cinquantennio e che mi appresto questโanno a lasciare, sono sicuro che su tale consapevolezza sapraฬ fondare il suo operato anche negli anni a venire. Abbiamo sempre presente la necessitaฬ di fondare valutazioni e decisioni su informazioni e analisi il piuฬ possibile ampie e accurate. Questo, come disse Bonaldo Stringher nel 1900 (ce lo ricorda Gianni Toniolo nel volume sui primi cinquantโanni della Storia della Banca dโItalia da lui completato lo scorso anno poco prima di lasciarci cosiฬ allโimprovviso), con lโintento esclusivo, in comune, non in dissidio, con lo Stato, โdi migliorare le condizioni dellโattivitaฬ nazionale e di migliorarne le sortiโ. Estendiamo oggi questo intento, condividendolo nellโEurosistema, allโarea della cui stabilitaฬ monetaria e finanziaria da 25 anni condividiamo, nel โgoverno dellโeuroโ, la responsabilitaฬ.
In effetti, come sappiamo da secoli, lโacquisizione di questa consapevolezza deve avvenire anche a livello collettivo. Nelle parole del nostro sommo poeta: โdice lo Filosofo che lโuomo naturalmente eฬ compagnevole animaleโ, per conseguire la โvita felice … uno solo satisfare non puoฬโ. Problemi come la riduzione del debito pubblico o lโadozione di stili di vita coerenti con la difesa dellโambiente richiedono che la societaฬ li comprenda e faccia propri, non percheฬ โce lo chiede lโEuropaโ, ma percheฬ ci schermano dai rischi e dischiudono opportunitaฬ. Eฬ a questo che va rivolta una nuova riflessione collettiva a tutti i livelli, per comprenderne lโimportanza e decidere insieme come governarne gli effetti. Lo stesso vale per lโapertura internazionale, cosiฬ importante per la nostra economia e la nostra cultura, come anche sappiamo da secoli e nonostante il ritardo con cui negli ultimi decenni ne abbiamo tratto vantaggio.
Non siamo peroฬ solo โanimali socialiโ. Come scrive Yuval Noah Harari, ci contraddistingue la capacitaฬ โnon solo di immaginare le cose, ma di farlo collettivamenteโ. Questa capacitaฬ di immaginare il futuro saraฬ cruciale. Eฬ per questo che serve mantenere vivo il dialogo, rafforzare per quanto possibile la cooperazione in un mondo dove occorre garantire benefici economici, sanitari, di benessere, a tutti, e ridurre, non aumentare, le disparitaฬ. Spetta proprio ai piuฬ giovani, meno condizionati dal passato, immaginare quel mondo, individuarne le opportunitaฬ. Andranno ascoltati, aiutati dalle altre generazioni a formarsi, senza vincoli, per tradurre in interventi realistici gli schemi che sapranno elaborare per un mondo futuro, non piuฬ povero, ma piuฬ sicuro e piuฬ giusto”.
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