giovedรฌ 4 Luglio 2024

Il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha presentato Considerazioni finali in occasione della pubblicazione della Relazione annuale sul 2022. Ecco il suo lungo intervento:

Bankitalia, Visco: “Sul Pnrr non c’รจ tempo da perdere. Sul Pil superate le attese. Per inflazione serve sforzo congiunto. Troppi i giovani ancora precari”

“Autoritaฬ€, Signori Partecipanti, Signore, Signori,

lโ€™invasione dellโ€™Ucraina da parte della Russia continua ad avere pesanti ripercussioni sullโ€™economia mondiale e a mettere in discussione lโ€™integrazione economica e finanziaria internazionale e lโ€™assetto multilaterale emerso dopo la fine della Guerra fredda. Il ritorno a una situazione di tensioni e divisioni tra blocchi contrapposti di paesi rappresenta un pericolo concreto per uno sviluppo sostenibile e bilanciato di tutte le economie. Insieme con la condanna della violazione eclatante della sovranitaฬ€ e dellโ€™integritaฬ€ territoriale di una nazione libera eฬ€ vitale perseguire con forza, nonostante tutto, la cooperazione internazionale, anche in campo economico e finanziario, e ricercare un dialogo che accolga diversitaฬ€ di valori tra paesi e culture, sulla base del rispetto dei principi fondamentali della convivenza pacifica.

Nellโ€™affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina, cosiฬ€ come nellโ€™uscita dalla pandemia, lโ€™economia italiana ha mostrato una confortante capacitaฬ€ di reazione. I processi di ristrutturazione aziendale degli ultimi dieci anni, ancorcheฬ incompleti e differenziati tra settori e territori, hanno reso piuฬ€ solido il tessuto produttivo. Lโ€™accelerazione dellโ€™accumulazione di capitale, il miglioramento della produttivitaฬ€ dopo un lungo periodo di ristagno, il recupero della competitivitaฬ€ internazionale sono segnali incoraggianti che vanno rafforzati, superando quei ritardi e quelle debolezze di fondo che ancora impediscono alla nostra economia di dispiegare appieno le proprie potenzialitaฬ€. Dalla qualitaฬ€ degli interventi con cui saranno affrontate le sfide del cambiamento climatico e della transizione digitale, dal proseguimento degli sforzi di riforma avviati, dipende la nostra capacitaฬ€ di tornare a condizioni strutturali di sviluppo meno incerte e piuฬ€ equilibrate.

Lo scenario internazionale

Nel 2022 la crescita dellโ€™economia mondiale eฬ€ rimasta al di sotto del 3,5 per cento, un punto percentuale in meno di quanto ci si attendeva alla vigilia dello scoppio del conflitto; questโ€™anno, secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), non raggiungerebbe il 3. Lโ€™inflazione ha sfiorato il 9 per cento a livello globale; nei paesi avanzati ha superato in media il 7 per cento, il valore piuฬ€ elevato da quarantโ€™anni.

In alcune economie, in particolare negli Stati Uniti, lโ€™accelerazione dei prezzi eฬ€ stata sospinta in larga misura dallโ€™impetuoso recupero dei consumi avviato nel 2021, mentre lโ€™offerta era ancora frenata dalle restrizioni imposte dalla pandemia e dagli impedimenti allo scambio internazionale di materie prime e prodotti intermedi che ne erano conseguiti. In Europa, invece, lโ€™inflazione ha trovato alimento soprattutto nei rincari dellโ€™energia, specie quelli del gas naturale, le cui quotazioni hanno raggiunto valori senza precedenti.

Dai circa 20 euro per megawattora dei primi mesi del 2021, i prezzi del gas sono progressivamente saliti, accelerando dallโ€™estate e superando in media i 100 euro nel dicembre di quellโ€™anno. Il rialzo eฬ€ stato la conseguenza del calo delle forniture di gas dalla Russia, attribuito a sua volta dapprima alle condizioni climatiche, poi principalmente alle pressioni politiche connesse con le controversie relative allโ€™apertura del gasdotto Nord Stream 2. Con lo scoppio della guerra le quotazioni hanno cominciato a subire fortissime oscillazioni; hanno toccato un massimo di 350 euro nellโ€™estate del 2022, quando tutti i paesi europei cercavano di ricostituire le scorte per assicurare un approvvigionamento minimo per lโ€™inverno. Nella media dellโ€™anno esse sono risultate oltre 6 volte piuฬ€ alte in Europa che negli Stati Uniti. Grazie a una stagione invernale mite, alla riduzione dei consumi indotta dai rincari, alle misure di risparmio varate dai governi e al conseguimento degli obiettivi di stoccaggio, i prezzi del gas sono progressivamente diminuiti, tornando al di sotto dei 30 euro.

Le previsioni di crescita dellโ€™economia mondiale nei prossimi mesi restano incerte. Pesa il persistere del conflitto in Ucraina; vi sono dubbi circa lโ€™intensitaฬ€ della ripresa dellโ€™economia cinese, che ha fatto seguito alla rimozione, alla fine dellโ€™anno passato, delle misure particolarmente restrittive mantenute per il contrasto alla pandemia. Con la discesa dei prezzi dellโ€™energia, lโ€™inflazione oggi eฬ€ in flessione, in Europa come negli Stati Uniti. La componente di fondo, calcolata cioeฬ€ al netto dei beni energetici e alimentari, si mantiene peroฬ€ elevata e si conferma, per il momento, lโ€™intonazione restrittiva delle politiche monetarie volte a tenere sotto controllo la tendenza dei prezzi nel medio periodo. Agli effetti dellโ€™adozione di tali politiche in modo pressocheฬ sincronizzato in tutti i principali paesi si possono aggiungere, sul piano internazionale, rischi di instabilitaฬ€ del sistema finanziario.

Tali rischi si sono materializzati dallo scorso marzo con alcuni dissesti bancari negli Stati Uniti e in Svizzera; ne sono conseguiti un forte aumento della volatilitaฬ€ dei mercati e significative riallocazioni di portafoglio. Le tensioni sono state in larga parte riassorbite, anche grazie alla risposta decisa e tempestiva delle autoritaฬ€ dei paesi interessati. I rendimenti delle obbligazioni societarie nellโ€™industria finanziaria dei paesi avanzati rimangono, tuttavia, apprezzabilmente piuฬ€ elevati, nel confronto con gli altri comparti, rispetto allโ€™inizio di marzo.

Le conseguenze delle tensioni internazionali, dellโ€™indebolimento della crescita e dellโ€™irrigidimento delle condizioni finanziarie si fanno sentire con particolare intensitaฬ€ nelle economie emergenti e in via di sviluppo. Si accresce la vulnerabilitaฬ€ delle finanze pubbliche, giaฬ€ gravate dallโ€™incremento del debito registrato a seguito della pandemia. Oggi circa un quarto dei paesi emergenti eฬ€ considerato ad alto rischio dallโ€™FMI: i differenziali di rendimento dei relativi titoli pubblici si avvicinano ormai a quelli degli emittenti in stato di insolvenza.

Anche alzando lo sguardo oltre il breve periodo, lโ€™incertezza resta elevata. Negli ultimi decenni lโ€™apertura commerciale e lโ€™organizzazione delle produzioni su scala globale hanno accresciuto lโ€™efficienza nellโ€™allocazione dei fattori produttivi. La pandemia ha peroฬ€ messo in luce la vulnerabilitaฬ€ delle catene di approvvigionamento internazionali complesse, i cui snodi critici possono provocare improvvise interruzioni nei flussi di beni intermedi. La guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne eฬ€ seguita hanno reso queste fragilitaฬ€ ancora piuฬ€ evidenti; diversi paesi, non solo avanzati, hanno intrapreso politiche per contenerle.

Lโ€™emergere di fratture nelle relazioni internazionali puoฬ€ avere effetti duraturi, influenzando le strategie aziendali di lungo periodo, incluse quelle di localizzazione delle produzioni. Dallโ€™invasione dellโ€™Ucraina, le indagini presso le imprese, non solo italiane, mostrano che eฬ€ in atto una tendenza, per ora moderata, alla regionalizzazione e alla diversificazione delle catene di fornitura. Almeno in Italia, la tendenza si accentua tra le aziende piuฬ€ esposte verso la Cina.

Proteggere e diversificare i flussi di approvvigionamento delle materie prime e dei beni intermedi essenziali eฬ€ un obiettivo legittimo anche per le politiche pubbliche, ma comporta costi e tempi di aggiustamento non trascurabili; incontra un limite nella distribuzione geografica delle risorse primarie e, almeno nel breve termine, nellโ€™alto livello di specializzazione di alcune produzioni. Va perseguito senza mettere in discussione le fondamenta di un ordine internazionale basato su regole condivise e aperto ai movimenti di beni, servizi, capitali, persone e idee.

La sicurezza nazionale puoฬ€ essere tutelata evitando politiche protezionistiche generalizzate, che rafforzerebbero la tendenza allโ€™aumento delle barriere agli scambi commerciali e agli investimenti diretti esteri emersa nellโ€™ultimo quinquennio. Un ricorso indiscriminato a sussidi e restrizioni nel commercio internazionale volto a influenzare la localizzazione delle imprese, oltre a introdurre distorsioni nella concorrenza rischierebbe di produrre nuove tensioni, anche nei rapporti tra paesi affini per valori, istituti e politiche. In alcuni casi misure protezionistiche potrebbero persino rivelarsi controproducenti rispetto allโ€™obiettivo di accrescere la differenziazione geografica degli approvvigionamenti.

Negli ultimi trentโ€™anni lโ€™apertura dei mercati ha fornito un contributo fondamentale al benessere, non solo economico, di unโ€™ampia parte della popolazione mondiale. Il numero di persone in condizioni di povertaฬ€ estrema eฬ€ sceso da quasi due miliardi a meno di 700 milioni; lโ€™incidenza della popolazione in condizione di malnutrizione si eฬ€ ridotta nei paesi in via di sviluppo da oltre il 25 a meno del 15 per cento. Vi si eฬ€ accompagnato un forte incremento dellโ€™alfabetizzazione e la speranza di vita si eฬ€ allungata in media di piuฬ€ di 10 anni.

I miglioramenti sono stati specialmente evidenti per le economie che in questo periodo si sono pienamente integrate nel commercio internazionale e nelle catene globali del valore. Alcuni paesi, principalmente dellโ€™Africa subsahariana, dove in buona parte si concentra lโ€™espansione demografica prevista per i prossimi decenni, ne sono invece stati toccati solo marginalmente. Negli ultimi anni lโ€™esplodere di conflitti regionali, la maggiore frequenza dei disastri naturali e la pandemia hanno frenato i progressi.

La globalizzazione e lโ€™innovazione tecnologica che lโ€™ha sostenuta e accompagnata sono stati dunque una straordinaria occasione di sviluppo. Nei paesi avanzati, tuttavia, hanno determinato anche una minore stabilitaฬ€ delle occupazioni e, in alcuni casi, un aumento delle disuguaglianze, cui le politiche pubbliche non hanno saputo dare una risposta adeguata. Allโ€™interno di quelle ampie fasce di popolazione i cui redditi hanno stentato ad aumentare eฬ€ quindi cresciuto un senso di insicurezza e di ingiustizia, accentuato โ€“ soprattutto nei paesi anglosassoni โ€“ dal continuo incremento dei redditi del segmento giaฬ€ largamente piuฬ€ ricco. Questo ha contribuito a diffondere nellโ€™opinione pubblica atteggiamenti critici nei confronti dei processi di apertura internazionale.

Sarebbe un errore sottovalutare i benefici dellโ€™integrazione dei mercati, in particolare in unโ€™economia aperta come la nostra. Neฬ si puoฬ€ dimenticare che le sfide che vanno oggi affrontate โ€“ dalla lotta al cambiamento climatico al contrasto delle pandemie, dalla riduzione della povertaฬ€ alla gestione delle pressioni migratorie โ€“ hanno natura globale e non possono essere risolte che con azioni coordinate a tale livello. Sul piano esterno, eฬ€ dunque necessario preservare il funzionamento delle istituzioni multilaterali e ridare forza alla cooperazione internazionale. Ma occorre, sul piano interno, perseguire misure economiche effettivamente in grado di migliorare il benessere di tutti i cittadini, accompagnandole con una efficace comunicazione di strumenti e obiettivi. Le politiche europee mostrano che si puoฬ€ rinsaldare la fiducia nei benefici dellโ€™integrazione economica internazionale. Nei sondaggi dellโ€™Eurobarometro, il sostegno del pubblico per il processo di integrazione del nostro continente, deterioratosi nel decennio precedente al voto sullโ€™uscita del Regno Unito dallโ€™Unione europea, eฬ€ tornato a crescere negli anni piuฬ€ recenti. Questo ha riflesso anche le misure adottate per sostenere la ripresa post-pandemica e, in particolare, il programma Next Generation EU (NGEU).

La congiuntura economica e la politica monetaria nellโ€™area dellโ€™euro

Gli effetti del conflitto in Ucraina sullโ€™economia dellโ€™area dellโ€™euro sono stati amplificati dalla forte dipendenza di molti paesi membri dalle importazioni di prodotti energetici, in particolare di gas naturale. Il loro rincaro, congiuntamente a quello dei prodotti agricoli, anchโ€™esso in larga misura provocato dalla guerra, ha inciso sul potere dโ€™acquisto delle famiglie, soprattutto di quelle meno abbienti, e sui costi di produzione delle imprese. Guardando allโ€™insieme del 2022, la domanda aggregata, lโ€™attivitaฬ€ produttiva e lโ€™occupazione hanno peroฬ€ proseguito nel recupero iniziato con lโ€™uscita dalla fase piuฬ€ acuta dellโ€™emergenza pandemica e sostenuto dalle ingenti risorse stanziate dai governi nazionali e dallโ€™Unione europea. Dallโ€™autunno, tuttavia, lโ€™attivitaฬ€ nel complesso ristagna.

Lโ€™inflazione al consumo eฬ€ salita allโ€™8,4 per cento in media dโ€™anno; ha toccato una punta del 10,6 nei dodici mesi terminanti a ottobre. Il rincaro delle materie prime si eฬ€ gradualmente trasmesso ai prezzi degli altri beni e dei servizi. Oltre i tre quarti della crescita dellโ€™indice generale dei prezzi al consumo sarebbero direttamente o indirettamente riconducibili ai rincari dellโ€™energia e a quelli delle derrate alimentari. Allโ€™aumento dei costi di produzione hanno contribuito ritardi nellโ€™adeguamento dellโ€™offerta globale di beni intermedi.

Lโ€™inflazione complessiva si eฬ€ attenuata dallโ€™ultima parte del 2022 grazie al forte calo dei corsi dellโ€™energia, scendendo al 7 per cento nella primavera di questโ€™anno; ma lโ€™inflazione di fondo ha continuato a salire, collocandosi in aprile al 5,6 per cento. Questa componente comprende voci i cui prezzi vengono rivisti con minore frequenza; sta ancora rispondendo, con ritardo, ai rincari delle materie prime importate; ci si puoฬ€ attendere che ne rifletta nei prossimi mesi la riduzione in modo altrettanto graduale.

Nel 2022 le pressioni salariali nellโ€™area dellโ€™euro sono state nel complesso contenute: la crescita delle retribuzioni orarie effettive si eฬ€ collocata poco al di sopra del 3,5 per cento, restando quindi nettamente inferiore allโ€™inflazione. Di recente hanno cominciato a essere piuฬ€ frequenti richieste di aumenti salariali elevati, talora accompagnate da una marcata conflittualitaฬ€, specialmente nei paesi dove la disoccupazione eฬ€ piuฬ€ bassa. Grazie alla limitata presenza di meccanismi automatici di indicizzazione allโ€™inflazione passata, alla natura una tantum di una parte significativa degli incrementi retributivi e in assenza di diffusi rialzi dei margini di profitto, il rischio di una rincorsa tra prezzi e salari fino a questo punto si eฬ€ mantenuto moderato.

Secondo le proiezioni piuฬ€ recenti, dopo un aumento del 3,5 per cento nel 2022 lโ€™attivitaฬ€ economica nellโ€™area dellโ€™euro rallenterebbe sensibilmente nella media di questโ€™anno, per tornare poi a espandersi in misura piuฬ€ sostenuta. Lโ€™inflazione scenderebbe nel corso dei prossimi mesi, riflettendo soprattutto lโ€™andamento dei prezzi dei beni energetici; nello scenario elaborato a marzo dalla Banca centrale europea (BCE), in corso di aggiornamento, tornerebbe al 2 per cento nella seconda metaฬ€ del 2025. Il margine di incertezza resta elevato.

Coerentemente con la determinazione a riportare lโ€™inflazione allโ€™obiettivo del 2 per cento con sufficiente rapiditaฬ€, allโ€™inizio di maggio il Consiglio direttivo della BCE ha confermato la propria azione restrittiva, sia pure limitando lโ€™aumento dei tassi ufficiali a 25 punti base. Il tasso di interesse sui depositi detenuti dalle banche presso lโ€™Eurosistema eฬ€ salito dai valori negativi del luglio scorso al 3,25 per cento. Si eฬ€ ribadito che le decisioni future continueranno a essere guidate, volta per volta, da una valutazione complessiva delle prospettive di medio periodo dellโ€™inflazione, alla luce dei nuovi dati economici e finanziari, dellโ€™andamento della componente di fondo e dellโ€™intensitaฬ€ della trasmissione della politica monetaria allโ€™economia.

La leva dei tassi ufficiali resta lโ€™elemento principale per la definizione dellโ€™orientamento della politica monetaria. Per garantire una piena coerenza con tale orientamento, si eฬ€ determinata una piuฬ€ rapida restituzione del finanziamento a lungo termine fornito alle banche; dallo scorso marzo si eฬ€ dato avvio a una riduzione, misurata e prevedibile, delle attivitaฬ€ detenute nei portafogli di politica monetaria dellโ€™Eurosistema.

La risposta del Consiglio direttivo allโ€™accelerazione dei prezzi eฬ€ stata pienamente in linea con il graduale evolversi della situazione e dei dati che via via si rendevano disponibili. Va ricordato che nel giugno del 2021, nonostante i rincari del gas naturale e le strozzature nellโ€™offerta di prodotti intermedi, lโ€™inflazione complessiva nellโ€™area dellโ€™euro non aveva ancora raggiunto il 2 per cento; quella di fondo era inferiore allโ€™1 per cento. Nello stesso periodo lโ€™inflazione si collocava attorno al 5 per cento negli Stati Uniti, in larga parte per la ripresa della domanda connessa con il forte stimolo impresso dal bilancio pubblico. Neppure i mercati segnalavano attese di una prolungata accelerazione dei prezzi: nellโ€™area dellโ€™euro quelle a due anni derivate dai contratti connessi con il rischio dโ€™inflazione (inflation-linked swaps) erano pari allโ€™1,5 per cento, contro un valore quasi doppio negli Stati Uniti.

Lโ€™incremento successivo dellโ€™inflazione nellโ€™area dellโ€™euro, straordinario e in gran parte imprevisto, eฬ€ dipeso soprattutto dal balzo altrettanto eccezionale dei prezzi dellโ€™energia. Gli ampi errori di previsione degli esperti della BCE e dellโ€™Eurosistema, cosiฬ€ come di pressocheฬ tutti gli analisti, sono stati dovuti in massima parte alla sottovalutazione generale degli effetti dellโ€™evoluzione geopolitica. Ancora alla fine del 2021, quando annunciammo lโ€™avvio del processo di normalizzazione monetaria, che si riflesse subito in un netto rialzo dei tassi di interesse a lungo termine, le quotazioni di mercato continuavano a segnalare lโ€™attesa di un deciso calo dei prezzi del gas.

Lโ€™aggressione russa allโ€™Ucraina ha trasformato uno shock temporaneo sui prezzi in un fenomeno ben piuฬ€ intenso e persistente. Nonostante tutte le incertezze connesse con il conflitto, la normalizzazione monetaria eฬ€ stata rapida. Si eฬ€ anticipata alla fine del mese di giugno la conclusione degli acquisti netti di attivitaฬ€ finanziarie. Subito dopo si eฬ€ dato inizio a un risoluto processo di innalzamento dei tassi ufficiali, dai livelli molto accomodanti cui erano stati portati negli anni precedenti per contrastare, con successo, il rischio di deflazione. Per assicurare che la trasmissione della politica monetaria avvenga nella maniera piuฬ€ omogenea possibile tra i paesi dellโ€™area, si eฬ€ deciso di reinvestire con flessibilitaฬ€ i titoli acquistati nellโ€™ambito del programma per lโ€™emergenza pandemica ed eฬ€ stato introdotto un nuovo strumento di mitigazione dei rischi di frammentazione delle condizioni finanziarie (Transmission Protection Instrument, TPI).

I rendimenti di mercato si sono rapidamente adeguati al mutato orientamento della politica monetaria. Dallโ€™avvio del processo di normalizzazione i tassi di interesse privi di rischio a un anno sono saliti da livelli di poco negativi allโ€™attuale 3,7 per cento, quelli a dieci anni da valori appena positivi al 2,9 per cento. Lโ€™efficacia dellโ€™azione del Consiglio direttivo trova riscontro nellโ€™evoluzione delle aspettative dโ€™inflazione, unโ€™ancora importante per le decisioni delle imprese sui prezzi e per la dinamica delle retribuzioni. Sullโ€™orizzonte a dodici mesi, dopo aver quasi toccato il 9 per cento a fine agosto 2022, le attese dei mercati si collocano oggi poco al di sotto del 3; segnali di un calo delle aspettative emergono anche dalle indagini condotte presso le imprese e le famiglie. Le attese a piuฬ€ lungo termine, una misura della credibilitaฬ€ dellโ€™azione della banca centrale, si mantengono in linea con la definizione di stabilitaฬ€ dei prezzi, mentre il rischio che lโ€™inflazione resti troppo a lungo superiore allโ€™obiettivo si eฬ€ decisamente ridimensionato rispetto al picco della metaฬ€ del 2022.

Lโ€™inasprimento monetario incide anche sulla dinamica del credito. Il costo dei finanziamenti bancari eฬ€ in netta risalita; le indagini condotte presso gli intermediari e le imprese indicano una forte riduzione della domanda e condizioni di accesso al credito decisamente piuฬ€ restrittive. La crescita dei prestiti alle societaฬ€ non finanziarie nellโ€™area dellโ€™euro, salita quasi fino al 13 per cento (in ragione annua) nei tre mesi terminanti ad agosto 2022, si eฬ€ recentemente arrestata; pur se in misura meno marcata, lโ€™indebolimento riguarda anche i prestiti alle famiglie. Sebbene questi andamenti siano una conseguenza necessaria della normalizzazione monetaria, occorre prestare attenzione a che lโ€™intensitaฬ€ della sua trasmissione non dia luogo a una frenata eccessiva dei consumi e degli investimenti.

La sfida eฬ€ impegnativa. Di fronte al violento shock determinato dai rincari energetici, eฬ€ necessario ricercare un equilibrio tra il rischio di una restrizione insufficiente, che potrebbe portare a un radicamento della dinamica inflazionistica nelle aspettative e nei processi di determinazione dei redditi nominali, e quello di un inasprimento sproporzionato, che potrebbe ripercuotersi troppo intensamente sullโ€™attivitaฬ€ economica, e avere riflessi negativi sulla stabilitaฬ€ finanziaria e, in ultima analisi, sulla stessa stabilitaฬ€ dei prezzi nel medio termine.

Lโ€™orientamento della politica monetaria deve continuare a essere definito in modo da garantire un rientro progressivo, ma non lento, dellโ€™inflazione verso lโ€™obiettivo. Il ritmo e la portata dellโ€™aggiustamento delle condizioni monetarie sono giaฬ€ stati senza precedenti, cosiฬ€ come lo erano state le pressioni deflazionistiche degli anni passati e i rischi connessi con la pandemia, che ci avevano spinto a condurre, e poi mantenere, i tassi ufficiali su livelli negativi. Lโ€™impatto delle nostre decisioni sullโ€™economia e sui prezzi dovrebbe manifestarsi pienamente nei prossimi mesi; dopo aver portato i tassi di riferimento in territorio restrittivo, occorre ora procedere con la necessaria gradualitaฬ€.

Come ho piuฬ€ volte osservato, il rincaro dei beni energetici eฬ€ nei fatti una tassa ineludibile per lโ€™economia dellโ€™area dellโ€™euro. Il ritorno dellโ€™inflazione su livelli in linea con lโ€™obiettivo saraฬ€ piuฬ€ rapido e meno costoso se tutti โ€“ imprese, lavoratori e governi โ€“ contribuiranno a questo fine, rafforzando lโ€™efficacia dellโ€™indispensabile ancorcheฬ equilibrata normalizzazione monetaria. Le strategie di prezzo delle imprese giocheranno un ruolo fondamentale: simmetricamente a quanto avvenuto nella fase di rialzo dei corsi dellโ€™energia del 2022, le recenti riduzioni di costo dovrebbero ora essere trasmesse ai prezzi dei beni e dei servizi.

Nelle contrattazioni nel mercato del lavoro va evitato un approccio puramente retrospettivo, poicheฬ una dinamica retributiva che replicasse quella dellโ€™inflazione passata non potrebbe che tradursi in una vana rincorsa tra prezzi e salari. Quello che occorre per un recupero del potere dโ€™acquisto eฬ€ una crescita piuฬ€ sostenuta della produttivitaฬ€. Eventuali misure di bilancio dovranno rimanere temporanee e mirate; eฬ€ bene che gli interventi si chiudano tempestivamente quando non piuฬ€ indispensabili, sia percheฬ il ritorno allโ€™obiettivo della stabilitaฬ€ dei prezzi sarebbe piuฬ€ difficile in caso di trasferimenti pubblici eccessivi, sia per non contrastare il necessario passaggio a fonti di energia rinnovabile.

 

Lโ€™architettura dellโ€™Unione economica e monetaria

Gli ultimi anni sono stati di grande rilievo per le prospettive dellโ€™Unione europea. Soprattutto, si eฬ€ messa in luce lโ€™importanza di poter contare, oltre che sulla politica monetaria unica, sullโ€™azione di una vera e propria politica economica comune. Per portare a termine il cammino avviato con lโ€™adozione dellโ€™euro sono peroฬ€ necessari altri sostanziali progressi.

Negli anni difficili della crisi dei debiti sovrani, lโ€™incompletezza dellโ€™unione monetaria e una governance economica inadeguata avevano alimentato una diffusa sfiducia nel futuro dellโ€™euro. Quelle difficoltaฬ€ diedero impulso al dibattito sulla necessitaฬ€ di muovere verso una maggiore integrazione. Le importanti riforme allora delineate, e in alcuni casi avviate, hanno peroฬ€ perso slancio: lโ€™unione bancaria rimane incompleta; quella dei mercati dei capitali eฬ€ ancora in una fase preliminare; non sono stati compiuti progressi per giungere a una vera e propria unione di bilancio.

Solo con le piuฬ€ recenti, gravi, emergenze si sono superati in modo deciso dubbi ed esitazioni. La risposta delle politiche europee alla crisi pandemica eฬ€ stata forte e tempestiva. Oltre agli imponenti sforzi coordinati compiuti per il contenimento della circolazione del virus e per lโ€™acquisto e la distribuzione tra paesi dei vaccini, anche sul piano strettamente economico lโ€™Unione europea si eฬ€ avvalsa di strumenti innovativi: sono stati concessi prestiti ai paesi membri per finanziare misure di contrasto ai rischi di disoccupazione; con la definizione del programma NGEU sono state messe a disposizione dei bilanci nazionali ingenti risorse volte a finanziare investimenti e riforme per sostenere la ripresa economica e per la doppia transizione, verde e digitale. Anche alla crisi energetica si eฬ€ risposto in modo coeso, prevedendo tra lโ€™altro di integrare nei piani nazionali definiti nellโ€™ambito del programma NGEU quelli di REPowerEU volti a ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.

Questi interventi hanno un grande rilievo non solo per la loro notevole dimensione, ma soprattutto percheฬ testimoniano la capacitaฬ€ delle istituzioni e degli Stati dellโ€™Unione europea di assumere responsabilitaฬ€ condivise per affrontare sfide comuni, in primo luogo nellโ€™interesse delle generazioni future. Pur avendo effetti intrinsecamente strutturali, essi sono tuttavia per lo piuฬ€ di natura temporanea.

Se le misure nazionali finanziate con questi programmi avranno successo, potranno costituire i primi passi nella direzione di unโ€™unione economica pienamente integrata. I paesi che beneficiano maggiormente di queste risorse โ€“ il nostro in primo luogo โ€“ oltre ad avere unโ€™occasione storica per affrontare problemi di lunga durata, hanno anche lโ€™onere di dimostrare, con risultati tangibili, lโ€™effettiva utilitaฬ€ di una tale maggiore integrazione.

Allo stesso tempo, peroฬ€, occorre essere consapevoli che il completamento del progetto europeo richiede il superamento di ostacoli significativi di natura istituzionale e politica. Condizione essenziale eฬ€ un impegno rinnovato e convinto da parte di tutti gli Stati membri a ricercare soluzioni comuni a problemi comuni. Eฬ€ necessario accrescere, e per talune questioni ripristinare, la fiducia tra i cittadini europei; mantenere vivo e costruttivo il dialogo a livello politico; ridurre la diffidenza che da piuฬ€ parti sembra nutrirsi nei confronti delle istituzioni europee.

Per quanto riguarda le politiche di bilancio, la riforma dovrebbe basarsi su due pilastri fondamentali: il ripensamento delle regole e la costituzione di unโ€™effettiva capacitaฬ€ di bilancio a fronte di risorse proprie e, quando necessario, con emissione di debito. Sul primo aspetto si eฬ€ compiuto un significativo passo in avanti con la presentazione, in aprile, della proposta di riforma della Commissione europea. La direzione prospettata eฬ€ giusta. Si pone lโ€™accento sulla sostenibilitaฬ€ dei conti pubblici nel medio termine e sulla crescita economica di lungo periodo; si riduce la complessitaฬ€ delle regole; le si rendono piuฬ€ credibili facendo leva sul coinvolgimento delle autoritaฬ€ nazionali nella definizione del percorso di aggiustamento.

La proposta della Commissione potrebbe non soddisfare le aspettative di tutti i paesi membri, anche per ragioni tra loro diverse. Eฬ€ necessaria la buona volontaฬ€ di tutti per trovare una soluzione utile e condivisa. Le regole devono essere applicate in un mondo caratterizzato da fitte interdipendenze e da shock inattesi, nel quale i conti pubblici nazionali non possono essere valutati indipendentemente dal contesto. Ma il rispetto delle regole di bilancio e la loro credibilitaฬ€ sono nellโ€™interesse non solo dellโ€™Unione nel suo complesso, bensiฬ€ anche di ciascuno degli Stati che ne fanno parte. Sono cruciali per lโ€™Italia, che non puoฬ€ che mirare a ridurre, nel tempo, un debito pubblico troppo elevato; sono coerenti con la disciplina di bilancio riconosciuta come necessaria dalla nostra Costituzione.

Lโ€™introduzione di una capacitaฬ€ di bilancio sovranazionale, assente nella proposta di riforma della Commissione, consentirebbe di gestire in modo piuฬ€ efficiente sia shock che colpiscono singoli paesi, sia eventi avversi comuni a tutti, come la pandemia e la crisi energetica. Se gli ostacoli di ordine istituzionale e di natura politica che oggi si incontrano rendono difficile realizzare nellโ€™immediato una piena unione di bilancio, si puoฬ€ procedere in modo pragmatico, prendendo spunto dagli strumenti varati durante lโ€™emergenza pandemica: ad esempio, progettando forme di finanziamento comune degli stabilizzatori automatici, come eฬ€ giaฬ€ avvenuto con il programma di prestiti per le misure di contrasto ai rischi di disoccupazione. Per garantire che alcuni โ€œbeni pubbliciโ€ europei โ€“ come ad esempio quelli che si collocano nellโ€™ambito del digitale e dellโ€™energia, dellโ€™ambiente e della sicurezza โ€“ siano forniti in quantitaฬ€ adeguata, si puoฬ€ pensare a strumenti con caratteristiche simili a quelle del programma NGEU.

Gli shock che hanno colpito lโ€™economia europea hanno lasciato una ereditaฬ€ pesante in termini di debiti pubblici. Bisogna evitare che questi ultimi divengano causa di nuove crisi. Differenziali ampi e duraturi tra i rendimenti dei titoli dei diversi Stati dellโ€™Unione ostacolano la convergenza economica. Ricordando le numerose proposte avanzate negli ultimi anni, la gestione a livello europeo di una parte delle passivitaฬ€ giaฬ€ emesse da ciascuno Stato membro, con adeguati presidi per evitare sistematici trasferimenti di risorse tra paesi, darebbe maggiore stabilitaฬ€ allโ€™unione monetaria.

Come suggerito in diverse occasioni, un titolo di debito pubblico comune, da emettere a fronte della capacitaฬ€ di bilancio europea o determinato dalla condivisione di parte delle passivitaฬ€ nazionali, potrebbe inoltre svolgere il ruolo di safe asset, assegnato ai titoli di Stato nelle altre principali economie, e sostenere gli interventi volti a dare concretezza al disegno di unione dei mercati dei capitali. Su questโ€™ultimo fronte, le proposte avanzate dalla Commissione alla fine dello scorso anno e le discussioni in corso โ€“ in tema di diritto fallimentare, di quotazione delle imprese, in particolare di piccola dimensione, di mercati finanziari e di controparti centrali โ€“ vanno nella giusta direzione. Ma occorre proseguire speditamente, per far siฬ€ che il mercato europeo dei capitali possa meglio contribuire allโ€™impegno economico necessario per affrontare con successo la sfida climatica e quella dellโ€™innovazione digitale, in un contesto di rafforzata stabilitaฬ€ finanziaria.

Non si puoฬ€ non sottolineare infine la necessitaฬ€ di portare a compimento lโ€™unione bancaria, attraverso una revisione dellโ€™attuale disciplina di gestione delle crisi, che renda questโ€™ultima piuฬ€ rapida ed efficace, noncheฬ lโ€™istituzione di uno schema unico di garanzia dei depositi. I recenti fenomeni di instabilitaฬ€ osservati al di fuori dellโ€™Unione europea mostrano chiaramente lโ€™importanza di raggiungere questi obiettivi. Non appena saraฬ€ pienamente operativa la sua riforma, il Meccanismo europeo di stabilitaฬ€ โ€“ grazie alle risorse delle quali dispone โ€“ potraฬ€ svolgere un ruolo importante, fornendo una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico.

La stabilitaฬ€ del settore finanziario

Gli episodi di crisi occorsi negli Stati Uniti e in Svizzera ci ricordano che le banche svolgono unโ€™attivitaฬ€ intrinsecamente rischiosa e che non eฬ€ possibile azzerare la probabilitaฬ€ che si verifichino casi di dissesto. Il compito delle istituzioni e delle autoritaฬ€ di vigilanza eฬ€ di ridurre al minimo tale probabilitaฬ€, definendo regole e intervenendo con presidi preventivi. Nella gestione delle crisi eฬ€ cruciale disporre di strumenti idonei per contenere gli effetti e i costi per la societaฬ€ ed evitare che eventi isolati assumano una dimensione sistemica, con conseguenze sulle prospettive di sviluppo economico e sociale.

Nel comparto delle banche regionali statunitensi sono stati colpiti intermediari i cui modelli di business presentavano chiari elementi di vulnerabilitaฬ€, con unโ€™eccessiva esposizione al rischio di rialzo dei tassi di interesse e una provvista molto concentrata e sbilanciata verso depositi a vista di elevato ammontare e, quindi, non assicurati. Nelle crisi ha svolto un ruolo determinante una governance aziendale inadeguata. Vi hanno probabilmente contribuito la limitata applicazione degli standard regolamentari internazionali a banche ritenute non sistemiche, carenze nellโ€™attivitaฬ€ di supervisione, noncheฬ la rapiditaฬ€ con cui si sono diffusi i timori sulla solvibilitaฬ€ degli intermediari per mezzo dei canali digitali e la facilitaฬ€ con cui le nuove tecnologie consentono ai depositanti di trasferire fondi.

Nel sistema bancario dellโ€™Unione europea, anche grazie a una regolamentazione piuฬ€ stringente e a unโ€™attivitaฬ€ di supervisione attenta alla sostenibilitaฬ€ dei modelli operativi, non emergono segnali di situazioni analoghe a quelle statunitensi. Ma gli episodi di turbolenza sui mercati ci ricordano quanto velocemente la fiducia degli investitori possa deteriorarsi e come, di conseguenza, i rischi per la stabilitaฬ€ finanziaria non vadano mai sottovalutati; rafforzano lโ€™esigenza di una conduzione della politica monetaria prudente e saldamente ancorata allโ€™evoluzione dei dati.

In Italia, cosiฬ€ come negli altri paesi dellโ€™area dellโ€™euro, non si sono registrati deflussi anomali di depositi. Dal luglio dello scorso anno, quando aveva toccato il picco di quasi 1.620 miliardi, questa forma di provvista eฬ€ diminuita del 6 per cento; il calo riflette la fisiologica riduzione della liquiditaฬ€ accumulata durante la pandemia e la ricerca da parte della clientela di forme di investimento piuฬ€ remunerative, in grado di proteggere meglio i risparmi dallโ€™inflazione. La flessione dei depositi ha avuto riflessi contenuti sugli indicatori di copertura della liquiditaฬ€ e di stabilitaฬ€ della raccolta, che si mantengono ben al di sopra dei minimi regolamentari.

Il rialzo dei tassi di interesse ha comportato un calo del valore dei titoli in portafoglio. Le minusvalenze su quelli che le banche intendono detenere fino alla loro naturale scadenza (valutati in bilancio al costo di acquisto), il cui impatto medio sul coefficiente di capitale di migliore qualitaฬ€ eฬ€ stimabile in 200 punti base, si realizzerebbero solo se gli intermediari fossero costretti a venderli in anticipo. Meno del 2 per cento di queste potenziali perdite fa oggi capo a banche con un coefficiente di copertura della liquiditaฬ€ relativamente basso. Il meccanismo articolato che nellโ€™area dellโ€™euro regola il ricorso al prestito della banca centrale assistito da garanzie contribuisce, in generale, a ridurre la probabilitaฬ€ che gli intermediari debbano liquidare anticipatamente i titoli in portafoglio.

Nel suo insieme, il sistema bancario si trova in condizioni sufficientemente buone. Lo scorso anno tutti i principali indicatori di bilancio si sono collocati su valori nellโ€™aggregato soddisfacenti; in piuฬ€ casi sono migliorati. Lโ€™incidenza dello stock di crediti deteriorati si eฬ€ mantenuta stabile, su valori modesti e ormai in linea con la media europea. La redditivitaฬ€, a lungo depressa dai bassi tassi di interesse e dalle elevate perdite sui prestiti, eฬ€ salita in misura significativa, beneficiando dellโ€™aumento del margine di interesse. Eฬ€ lievemente migliorata anche la posizione patrimoniale.

Ma lโ€™incertezza sulle prospettive economiche richiede prudenza. Cโ€™eฬ€ da attendersi che il rallentamento ciclico e le piuฬ€ restrittive condizioni di finanziamento determinino un peggioramento della qualitaฬ€ del credito, con implicazioni sulle rettifiche di valore, al momento ancora basse. Lโ€™adeguamento dei tassi di interesse corrisposti alla clientela comporteraฬ€ un aumento dellโ€™onere della raccolta. Vi contribuiraฬ€ una ricomposizione della provvista verso forme piuฬ€ costose, sia per il progressivo venire a scadenza della terza serie delle operazioni mirate di rifinanziamento a piuฬ€ lungo termine, sia per la necessitaฬ€ di adeguarsi ai requisiti previsti dalle norme sulla risoluzione.

La stabilitaฬ€ del sistema bancario italiano eฬ€ il risultato di un intenso processo, realizzato negli ultimi dieci anni, di risanamento dei bilanci, di miglioramento dellโ€™efficienza, di rafforzamento del governo societario e dei controlli interni; un risultato che molti osservatori, anche autorevoli, dubitavano potesse essere raggiunto. Il percorso non eฬ€ stato privo di difficoltaฬ€. In non pochi casi lโ€™attuazione di interventi tempestivi ha consentito di gestire situazioni di fragilitaฬ€ attraverso aggregazioni con altri intermediari piuฬ€ robusti, cambiamenti degli assetti proprietari, profonde revisioni e trasformazioni dei modelli di business. In altri, alcuni dei quali riconducibili anche a episodi di mala gestio, eฬ€ stato inevitabile il ricorso a procedure di risoluzione o di liquidazione con cessione di attivitaฬ€ e passivitaฬ€ (che hanno interessato il 3 per cento del totale degli attivi del sistema). In nessun caso, nonostante i vincoli posti dal quadro normativo europeo sui quali ci siamo espressi in passato, eฬ€ stata messa a repentaglio la stabilitaฬ€ finanziaria. I depositanti sono stati tutelati. Laddove necessario si eฬ€ fatto ricorso a risorse pubbliche, il cui ammontare complessivo eฬ€ stato tuttavia decisamente basso nel confronto internazionale.

Cioฬ€ non toglie che permangano casi di debolezza e vulnerabilitaฬ€. Nel confronto con gli intermediari maggiori, gli indicatori delle banche meno significative non sono sempre altrettanto favorevoli. Le ragioni sono molteplici, dai vincoli che possono derivare dalla piccola dimensione a sistemi di governo societario a volte inadeguati. Anche per far fronte a questi elementi di debolezza sono state varate nel corso del tempo importanti riforme riguardanti le banche popolari e quelle di credito cooperativo; negli ultimi anni abbiamo tra lโ€™altro considerevolmente innalzato i requisiti di capitale cosiddetti di โ€œsecondo pilastroโ€ richiesti dallโ€™autoritaฬ€ di vigilanza in aggiunta ai minimi regolamentari.

Siamo ora concentrati sullโ€™esame della sostenibilitaฬ€ dei modelli di business e sui relativi rischi, tenendo anche conto degli effetti dellโ€™innovazione tecnologica sul sistema finanziario. Continua a rimanere centrale la valutazione degli assetti di governo societario, nel presupposto che la buona qualitaฬ€ degli organi sociali e degli esponenti aziendali costituisce il principale presidio per una sana e prudente gestione.

Per essere efficace, lโ€™azione di supervisione necessita di un quadro regolamentare robusto e pienamente allineato ai piuฬ€ rigorosi standard internazionali. Alla fine del 2021 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di recepimento dei piuฬ€ recenti accordi di Basilea, portando a compimento un percorso di revisione regolamentare avviato oltre dieci anni fa. I negoziati tra il Consiglio e il Parlamento europeo sono in corso; eฬ€ importante che le nuove regole siano rapidamente definite e rese pienamente applicabili.

In prospettiva, lโ€™esperienza delle crisi bancarie degli ultimi mesi andraฬ€ sfruttata per riflettere su possibili aggiustamenti al quadro delle regole prudenziali. Si discute in particolare del perimetro di applicazione degli standard che al momento sono destinati, in linea di principio, solo alle banche cosiddette attive a livello internazionale, bencheฬ nellโ€™Unione europea essi siano stati estesi agli istituti minori. Andraฬ€ meglio definito il concetto di intermediari sistemici: gli episodi recenti mostrano che anche le crisi di banche di media dimensione operanti a livello regionale possono determinare fenomeni di contagio e generare significative turbolenze sui mercati finanziari, non solo a livello nazionale. Sono inoltre argomento di riflessione possibili interventi sulla calibrazione dei requisiti di liquiditaฬ€, anche per tenere conto della maggiore facilitaฬ€ con cui i depositi possono essere trasferiti grazie alla digitalizzazione della finanza, noncheฬ sul trattamento prudenziale del rischio di tasso di interesse.

I mutamenti in corso a livello globale richiedono di insistere sul rafforzamento delle regole che disciplinano lโ€™intermediazione non bancaria. Le forti interdipendenze tra il settore bancario e quello dei fondi dโ€™investimento, noncheฬ quello delle assicurazioni, possono amplificare i rischi e incidere sulle scelte dei risparmiatori. In alcuni paesi, a fronte di una riduzione dei depositi bancari non coperti da garanzia, i fondi monetari hanno registrato di recente un ingente afflusso di risorse. Nel Financial Stability Board sono in corso lavori, cui contribuiamo, per una revisione tempestiva delle raccomandazioni relative ai rischi di liquiditaฬ€ nel comparto dei fondi di investimento e per la definizione di interventi volti a migliorare le prassi di gestione da parte degli intermediari.

Come per le banche, anche per le assicurazioni sulla vita lโ€™aumento dei tassi di interesse puoฬ€ comportare una contrazione della raccolta netta dei prodotti con rendimento prefissato. Le compagnie italiane sono nel complesso robuste e ben capitalizzate e sono in grado di reagire alle mutate condizioni di mercato soprattutto tornando a privilegiare la componente prettamente assicurativa della propria offerta. In un caso, caratterizzato da specifiche debolezze messe in luce dallโ€™azione di vigilanza e dalla mancata tempestiva attuazione della ricapitalizzazione prudenziale richiesta dallโ€™autoritaฬ€ di controllo, sono state assunte misure di risanamento e salvaguardia, tra cui la sospensione temporanea dei riscatti anticipati. In assenza di fondi di garanzia in grado di tutelare la clientela, sono in corso trattative per lโ€™intervento di un gruppo di banche e assicurazioni a salvaguardia dei contraenti; seguiamo attentamente la questione in collaborazione con lโ€™Ivass e in contatto con le autoritaฬ€ di governo.

Come ho ricordato, anche in presenza di una regolamentazione rigorosa e di unโ€™intensa azione di supervisione, non eฬ€ possibile escludere del tutto che emergano casi di dissesto bancario. I sistemi di garanzia dei depositi rappresentano un elemento fondamentale della disciplina di gestione delle crisi. Gli eventi piuฬ€ recenti hanno messo in evidenza lโ€™importanza di prestare la dovuta attenzione anche alla quota di depositi che eccede il limite della garanzia.

La regolamentazione internazionale ed europea in materia di gestione delle crisi richiede alle banche di maggiori dimensioni di dotarsi di riserve di passivitaฬ€ (nellโ€™Unione europea il minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL) in grado di assorbire le perdite e ricapitalizzare lโ€™intermediario in caso di crisi, minimizzando le ricadute sui depositi non protetti. In questi anni eฬ€ tuttavia parso evidente che la richiesta di tali riserve non puoฬ€ essere estesa a tutte le banche, viste le difficoltaฬ€ che quelle piuฬ€ piccole inevitabilmente incontrano nellโ€™accedere ai mercati dei capitali allโ€™ingrosso. Per questa ragione in vari modelli di gestione delle crisi โ€“ in particolare quello statunitense โ€“ il ruolo di protezione dei depositi delle banche minori continua a essere affidato allโ€™intervento degli schemi di garanzia, nelle forme del sostegno finanziario alla cessione di attivitaฬ€ e passivitaฬ€ a un terzo acquirente. Ricorrendo a tale modalitaฬ€, dal 1980 la Federal Deposit Insurance Corporation ha gestito senza traumi il dissesto di oltre 3.500 banche.

Le innovazioni contenute nella proposta della Commissione europea per la revisione della disciplina delle crisi bancarie consentirebbero, con adeguati presidi, agli schemi di garanzia dei depositi di contribuire piuฬ€ agevolmente a farvi fronte. In particolare, il superamento del loro trattamento preferenziale nella gerarchia concorsuale โ€“ che auspichiamo da tempo โ€“ consentirebbe a questi schemi di intervenire efficacemente in via preventiva o, in caso di dissesto, sostenendo la cessione di attivitaฬ€ e passivitaฬ€. Occorre peroฬ€ tenere in considerazione il giaฬ€ citato difficile accesso al mercato dei capitali da parte delle banche di piccole e medie dimensioni; per quelle che saranno soggette a risoluzione, allโ€™intervento dei sistemi di garanzia potrebbe essere associato un minore ammontare minimo di passivitaฬ€ da utilizzare in caso di crisi.

La possibilitaฬ€ di derogare in via temporanea ai vincoli che limitano lโ€™accesso a finanziamenti straordinari, pur con i dovuti presidi per scongiurarne un utilizzo indiscriminato, rafforzerebbe il quadro normativo sulla gestione delle crisi, permettendo di agire con rapiditaฬ€ in situazioni di rischio sistemico, che possono essere generate anche da intermediari di piccole dimensioni. La previsione di una tale โ€œvalvola di sicurezzaโ€ eฬ€ stata cruciale negli Stati Uniti, dove lโ€™attivazione della systemic risk exception ha permesso al sistema di garanzia dei depositi di intervenire senza limiti, proteggendo, eccezionalmente, tutti i depositanti e riducendo quindi i pericoli di contagio.

 

Le prospettive per lโ€™economia italiana

A fronte degli shock di intensitaฬ€ inusitata degli ultimi anni, lโ€™economia italiana ha mostrato una notevole capacitaฬ€ di resistenza e reazione. Giaฬ€ alla fine del 2021 il prodotto aveva recuperato il crollo registrato nei trimestri successivi allo scoppio della pandemia; ha continuato poi a espandersi lo scorso anno, nonostante le difficoltaฬ€ poste dalla guerra in Ucraina, con un incremento del 3,7 per cento, ben superiore alle attese. Anche il mercato del lavoro ha pienamente riassorbito il forte calo dellโ€™occupazione, che aveva soprattutto riguardato i giovani e le donne. Nel primo trimestre di questโ€™anno la crescita dellโ€™economia ha di nuovo superato le attese. Per il 2023 le previsioni oggi disponibili convergono su un aumento del prodotto intorno allโ€™uno per cento.

La ripresa eฬ€ stata piuฬ€ marcata nelle costruzioni, sostenute dagli incentivi fiscali per la riqualificazione del patrimonio edilizio, e nei servizi, tornati a espandersi significativamente con il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dei contagi. Nonostante le difficoltaฬ€ in corso dโ€™anno, anche la produzione manifatturiera si eฬ€ mantenuta in media sui livelli del 2019.

La rinnovata vitalitaฬ€ del sistema economico si eฬ€ manifestata nella robusta espansione delle esportazioni e nella forte ripresa dellโ€™accumulazione di capitale. Dal quarto trimestre del 2019 le vendite allโ€™estero di beni sono aumentate in volume dellโ€™11 per cento, piuฬ€ che negli altri grandi paesi dellโ€™area dellโ€™euro. Nellโ€™ultimo biennio gli investimenti sono cresciuti di oltre il 20 per cento, segnando una netta cesura rispetto alla protratta fase di debolezza seguita alla crisi finanziaria globale.

Questi andamenti, pur favoriti da generose politiche pubbliche, riflettono il maturare di graduali progressi. La ristrutturazione del tessuto produttivo ha permesso alle imprese di affrontare la crisi pandemica e lo shock energetico con un assetto finanziario piuฬ€ solido ed equilibrato che nei precedenti gravi periodi di crisi. Tra il 2007 e il 2019, in controtendenza rispetto alla media dellโ€™area dellโ€™euro, il loro debito era sceso di quasi 7 punti percentuali, al 68 per cento del PIL (contro una media superiore al 100 per cento nellโ€™unione monetaria). Nello stesso periodo le famiglie hanno mantenuto un livello di indebitamento complessivamente basso, pari nel 2019 al 41 per cento del prodotto (15 punti in meno della media dellโ€™area), concentrato presso i nuclei a piuฬ€ alto reddito, maggiormente in grado di sostenerlo.

Queste indicazioni e la forza della ripresa sono confortanti anche alla luce delle debolezze che ancora affliggono la nostra economia e che negli ultimi decenni si sono riflesse in un progressivo arretramento del reddito pro capite rispetto agli altri paesi avanzati. Ne abbiamo molto discusso, anche in questa sede, osservando come al protratto ristagno della produttivitaฬ€ del lavoro abbiano contribuito sia la bassa efficienza dei processi produttivi sia, nella fase successiva alla crisi finanziaria globale, la debolezza dellโ€™accumulazione di capitale.

Negli ultimi venticinque anni il prodotto per ora lavorata eฬ€ cresciuto di appena lo 0,3 per cento allโ€™anno, meno di un terzo della media degli altri paesi dellโ€™area dellโ€™euro. I margini di flessibilitaฬ€ introdotti nel mercato del lavoro non sono stati accompagnati da investimenti tecnologici adeguati al nuovo contesto; la qualitaฬ€ del capitale umano eฬ€ ancora insufficiente. Non ne hanno beneficiato neฬ la redditivitaฬ€ delle imprese, neฬ le retribuzioni orarie, la cui crescita al netto dellโ€™inflazione eฬ€ stata tra le piuฬ€ deboli in Europa.

Nonostante la diseguaglianza nelle retribuzioni orarie sia rimasta contenuta tra gli occupati dipendenti del settore privato, la quota di lavoratori con retribuzioni annue particolarmente basse โ€“ convenzionalmente inferiori al 60 per cento del valore mediano della distribuzione, pari oggi a 11.600 euro annui โ€“ eฬ€ ancora salita, fino al 30 per cento, dal 25 degli ultimi anni del secolo scorso. Con la maggiore diffusione del lavoro temporaneo e di quello a tempo parziale eฬ€ sensibilmente aumentato il numero di quanti oggi hanno un impiego solo per una parte dellโ€™anno.

Le forme contrattuali atipiche hanno accentuato la risposta dellโ€™occupazione agli andamenti ciclici dellโ€™economia e favorito in molti nuclei familiari lโ€™aumento del numero di occupati, ancorcheฬ con salari modesti. Nel 2022, con la ripresa sostenuta della domanda di lavoro, eฬ€ cresciuta notevolmente la trasformazione di contratti temporanei in permanenti. In molti casi, peroฬ€, il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietaฬ€ molto prolungate; la quota di giovani che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20 per cento. Troppi, non solo tra i giovani, non hanno unโ€™occupazione regolare o, pur avendola, non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate; come negli altri principali paesi, lโ€™introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, puoฬ€ rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale.

Lโ€™aumento dei redditi e un deciso miglioramento delle opportunitaฬ€ di impiego richiedono un innalzamento della qualitaฬ€ e della capacitaฬ€ produttiva dellโ€™intero sistema economico, oggi ancora piuฬ€ necessario alla luce dei cambiamenti demografici in corso. Nei prossimi decenni la dinamica della popolazione mondiale continueraฬ€ a essere fortemente sbilanciata: alla crescita sostenuta nei paesi in via di sviluppo si contrapporraฬ€ quella debole o negativa nei paesi avanzati; tra questi lโ€™Italia si caratterizza per un processo di invecchiamento fra i piuฬ€ rapidi. In soli tre anni, dal 2019 il numero di persone convenzionalmente definite in etaฬ€ da lavoro (tra i 15 e i 64 anni) eฬ€ diminuito di quasi 800.000 unitaฬ€. Secondo le proiezioni demografiche dellโ€™Istat, nello scenario centrale entro il 2040 la popolazione residente si dovrebbe ridurre di due milioni e mezzo di persone; quella tra i 15 e i 64 anni di oltre sei.

Il miglioramento delle condizioni di vita e di salute conseguito negli ultimi decenni potraฬ€ consentire a non poche persone di lavorare oltre il limite convenzionale dei 64 anni, in linea con le tendenze giaฬ€ in atto, sostenute anche dalle riforme pensionistiche. Sicuramente occorreraฬ€ accrescere la capacitaฬ€ di impiegare i giovani e le donne, i cui tassi di partecipazione in tutte le aree del Paese sono davvero modesti, e nel Mezzogiorno i piuฬ€ bassi dโ€™Europa.

Anche nellโ€™ipotesi molto favorevole di un progressivo innalzamento dei tassi di attivitaฬ€ dei giovani e delle donne fino ai valori medi dellโ€™Unione europea, nei prossimi venti anni la crescita economica non potraฬ€ contare su un aumento endogeno delle forze di lavoro: gli effetti del calo della popolazione nelle etaฬ€ centrali potranno essere mitigati nel medio periodo, oltre che da un allungamento dellโ€™etaฬ€ lavorativa, solo da un aumento del saldo migratorio (che pure nello scenario di base lโ€™Istat prefigura pari a 135.000 persone allโ€™anno, piuฬ€ del doppio degli ultimi dieci anni, dopo una media di oltre 300.000 nel precedente decennio). Per gestire i flussi migratori occorreranno politiche ben concepite di formazione e integrazione, indispensabili per lโ€™inserimento dei migranti nel tessuto sociale e produttivo. Un recupero della natalitaฬ€ dai livelli particolarmente bassi del 2021, per quanto auspicabile, rafforzerebbe lโ€™offerta di lavoro solo nel lunghissimo periodo.

Le prospettive di sviluppo dellโ€™economia dipenderanno comunque in larga misura dalla capacitaฬ€ di tornare a ritmi di crescita della produttivitaฬ€ del lavoro nettamente superiori a quelli degli ultimi venticinque anni e almeno pari a quelli medi osservati negli altri paesi dellโ€™area dellโ€™euro. Dal 2015 si sono fatti chiari progressi: nonostante il contributo nullo dellโ€™accumulazione di capitale, il prodotto per ora lavorata nel settore privato eฬ€ cresciuto a ritmi non lontani dalla media dellโ€™area. Il proseguimento di questa tendenza richiede che le imprese confermino la ripresa recente degli investimenti e sostengano lโ€™innovazione.

Anche se le ristrutturazioni aziendali hanno favorito il rafforzamento dellโ€™economia, alcuni tratti peculiari, di cui abbiamo piuฬ€ volte discusso in passato, continuano a condizionarne lo sviluppo. La distribuzione dimensionale delle imprese resta sbilanciata verso quelle piccole e piccolissime, a proprietaฬ€ e gestione familiare. Il problema eฬ€ accentuato nelle costruzioni e in alcuni rami dei servizi, come quelli professionali e il comparto alberghiero e dei pubblici esercizi, in cui dalla seconda metaฬ€ degli anni Novanta si registrano tassi di crescita della produttivitaฬ€ decisamente modesti, se non addirittura negativi.

Modifiche normative di rilievo, come la riduzione delle barriere allโ€™ingresso e la semplificazione dellโ€™avvio delle attivitaฬ€, hanno stimolato la concorrenza e innalzato lโ€™efficienza delle imprese. Questo conferma che eฬ€ necessario perseverare nellโ€™agenda delle riforme e superare gli ostacoli e i disincentivi alla crescita dimensionale ancora presenti, spesso impliciti nelle norme amministrative e tributarie. Lโ€™evasione fiscale e la diffusione del lavoro sommerso continuano ad alterare i meccanismi concorrenziali a danno delle imprese con maggiori potenzialitaฬ€.

Unโ€™economia innovativa richiede una forza lavoro qualificata, con conoscenze adeguate e continuamente aggiornate. La quota di laureati tra le persone di etaฬ€ compresa tra i 25 e i 34 anni eฬ€ ancora oggi inferiore al 30 per cento, contro una media europea superiore al 40. Anche le competenze sono spesso insoddisfacenti, come mostrano le indagini prodotte dagli organismi internazionali. In Italia non mancano giovani con elevate qualitaฬ€ professionali e imprese dinamiche e di successo; ma eฬ€ ancora troppo bassa la quota di quelle che puntano con decisione sulla valorizzazione del capitale umano e delle capacitaฬ€ manageriali, fondamentali per trarre beneficio dalle nuove tecnologie e accrescere la capacitaฬ€ competitiva dei prodotti e servizi offerti sui mercati nazionali e globali. Le aziende che hanno intrapreso questo percorso si distinguono dalle altre per quote di mercato crescenti, una maggiore intensitaฬ€ del capitale, una redditivitaฬ€ piuฬ€ alta e migliori condizioni lavorative e retributive.

Altrettanto necessario eฬ€ lโ€™innalzamento della qualitaฬ€ della pubblica amministrazione. In tutti i comparti โ€“ istruzione, sanitaฬ€, giustizia โ€“ si riscontrano, oltre ai divari rispetto alla media europea, ampie differenze territoriali. Per ridurle e conseguire i necessari miglioramenti occorrono sistemi di monitoraggio e strumenti efficaci per intervenire laddove non si raggiungono standard minimi di qualitaฬ€. Sui risultati incidono i ritardi nellโ€™uso delle tecnologie digitali, lโ€™elevata etaฬ€ media del personale, lโ€™insufficiente dotazione di competenze specialistiche. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) puoฬ€ stimolare progressi significativi nella digitalizzazione delle amministrazioni; lโ€™accentuazione del turnover giaฬ€ in atto nel pubblico impiego offre lโ€™occasione di acquisire risorse umane con un livello professionale adeguato rispetto ai servizi che lo Stato si impegna a fornire. Oltre a essere un obiettivo del Piano, il rafforzamento della pubblica amministrazione eฬ€ un fattore cruciale per utilizzarne in maniera rapida e piena le risorse messe a disposizione in tutti i comparti.

Sulle capacitaฬ€ di crescita della nostra economia grava, infine, un sistema tributario complesso, su cui si eฬ€ spesso intervenuti senza un disegno organico. Il Governo ha manifestato lโ€™intenzione di realizzare un ampio intervento di riforma, con il disegno di legge delega attualmente in discussione in Parlamento. Una ricomposizione del prelievo che riduca il peso della tassazione sui fattori produttivi puoฬ€ stimolare lโ€™occupazione e gli investimenti. La rimozione delle misure che influiscono negativamente sulle scelte dimensionali e organizzative delle imprese, preservando al contempo quelle che incentivano la patrimonializzazione, contribuirebbe ad accrescerne lโ€™efficienza. Modifiche alla tassazione personale attente agli effetti redistributivi andrebbero modulate tenendo conto dellโ€™entitaฬ€ complessiva e delle specifiche caratteristiche dei programmi di sicurezza sociale. La razionalizzazione delle norme e la semplificazione degli adempimenti possono dare certezza e stabilitaฬ€ al sistema, contenendo i costi amministrativi. Nessun intervento puoฬ€ realisticamente prescindere dai vincoli posti dal nostro elevato debito pubblico, neฬ dai principi di progressivitaฬ€ e capacitaฬ€ contributiva sanciti dalla Costituzione.

Ridurre la dimensione del debito pubblico eฬ€ una prioritaฬ€ della politica economica, indipendentemente dalle regole europee. Un alto debito impone che una quota elevata delle entrate pubbliche sia destinata al pagamento di interessi invece che a impieghi produttivi; pone seri problemi di equitaฬ€ tra le generazioni; rende piuฬ€ difficile lโ€™adozione di misure anticicliche; genera incertezza per gli operatori economici. La necessitaฬ€ di rifinanziarlo ogni anno per importi ingenti rende il Paese vulnerabile alle dinamiche avverse dei mercati, anche quando queste ultime non appaiano giustificate dalle condizioni economiche e finanziarie di fondo.

Dopo essere sceso in misura significativa nei primi anni dellโ€™unione monetaria, e poi solo marginalmente fino a poco piuฬ€ del 100 per cento nel 2007, con la duplice crisi, finanziaria e dei debiti sovrani, il rapporto tra debito e PIL eฬ€ salito bruscamente, anche a causa della bassa crescita nominale e nonostante perduranti avanzi primari, mantenendosi intorno al 135 per cento fino allo scoppio della pandemia. Nel 2020, da un lato il crollo dellโ€™attivitaฬ€ produttiva, dallโ€™altro le politiche di sostegno a imprese e famiglie hanno innalzato il rapporto di altri 20 punti percentuali. Lโ€™incremento eฬ€ stato riassorbito per metaฬ€ nellโ€™ultimo biennio, grazie al differenziale straordinariamente favorevole tra crescita nominale e costo del debito. Alla fine del 2022 il rapporto era pari al 144 per cento.

La riduzione conseguita nella prima parte degli anni Duemila avrebbe potuto essere maggiore, ma gli elevati livelli che oggi registriamo non sono tanto il risultato di politiche di bilancio poco prudenti, quanto lโ€™effetto delle gravissime crisi susseguitesi a partire dal 2007. Proprio come allโ€™avvio della moneta unica, in rapporto al prodotto il nostro debito pubblico eฬ€ ancora oggi pari a oltre una volta e mezza quello medio del resto dellโ€™area.

Indipendentemente dalle cause che lo hanno portato agli attuali livelli, eฬ€ oggi prioritario dare continuitaฬ€ al processo di consolidamento avviato nellโ€™ultimo biennio. A questo fine, dato il fisiologico, graduale, aumento dellโ€™onere per interessi, che riflette anche la normalizzazione della politica monetaria, eฬ€ necessario un ritorno a significativi avanzi primari, come quelli programmati per il medio termine nellโ€™ultimo Documento di economia e finanza. Nei prossimi anni ogni eventuale aumento di spesa o riduzione di entrata, anche nellโ€™ambito di riforme giaฬ€ annunciate quali quella del fisco o dellโ€™autonomia differenziata, non potraฬ€ prescindere dallโ€™identificazione di coperture strutturali adeguate e certe.

Il mantenimento di una gestione prudente delle finanze pubbliche costituisce un segnale importante di credibilitaฬ€; contribuisce a comprimere i rendimenti dei nostri titoli di Stato, avvicinandoli a quelli di altri grandi paesi dellโ€™area dellโ€™euro. Per la riduzione dellโ€™incidenza del debito resta centrale il conseguimento di tassi di crescita stabilmente e sufficientemente elevati. Diversamente da quanto eฬ€ spesso accaduto in passato, eฬ€ importante mantenere adeguati il livello e la qualitaฬ€ degli investimenti pubblici; saraฬ€ cruciale, anche per favorire le iniziative private di investimento, la capacitaฬ€ delle amministrazioni di selezionare i progetti migliori e metterli in atto nei tempi e ai costi previsti.

Abbiamo piuฬ€ volte sottolineato che il programma NGEU rappresenta per lโ€™Italia lโ€™occasione per ridare slancio allo sviluppo dellโ€™economia e aggredire le debolezze su cui mi sono anche oggi soffermato. Non va tra lโ€™altro sottovalutata lโ€™importanza che esso puoฬ€ rivestire per colmare gli ampi ritardi che il Mezzogiorno ha continuato ad accumulare nel tempo: ritardi che incidono profondamente sulle prospettive dei residenti e si riflettono in un insostenibile spreco di energie e risorse umane che frena lo sviluppo dellโ€™intera economia italiana.

Miglioramenti del PNRR sono possibili. Nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna peroฬ€ tenere conto del serrato programma concordato con le autoritaฬ€ europee; al riguardo, un confronto continuo con la Commissione eฬ€ assolutamente necessario, noncheฬ utile e costruttivo. Non cโ€™eฬ€ tempo da perdere. Si discute di presunte insufficienze nel dibattito collettivo riguardo al suo disegno, dellโ€™orizzonte temporale limitato per il raggiungimento degli obiettivi, delle possibili carenze nella capacitaฬ€ di attuarne le misure, ma va sottolineato con forza che il Piano rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese. Anche per questa ragione, oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, eฬ€ cruciale dare attuazione allโ€™ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto.

Si tratta quindi di uno snodo cruciale; esso deve peroฬ€ essere parte di una piuฬ€ ampia strategia di lungo periodo per agevolare la trasformazione della nostra economia. La rende ancor piuฬ€ necessaria lโ€™ineludibile, duplice sfida che ci attende: ineludibile se si vuole, da un lato, contrastare il cambiamento climatico e i suoi effetti โ€“ cosiฬ€ deleteri, come drammaticamente ancora una volta dobbiamo oggi registrare โ€“ e, dallโ€™altro, stimolare una diffusione ampia e sicura dellโ€™innovazione tecnologica, in primo luogo digitale. Serviranno tempi relativamente lunghi, tali da coinvolgere piuฬ€ legislature; gli obiettivi vanno perseguiti con costanza e lungimiranza e con il consenso diffuso dei cittadini. Il successo dipenderaฬ€ dalla capacitaฬ€ di unire allโ€™azione pubblica unโ€™adeguata risposta del sistema produttivo e finanziario. Si creeranno nuove opportunitaฬ€, ma saranno necessari anche ingenti investimenti, unโ€™efficiente allocazione del risparmio e una corretta gestione dei rischi.

Anche il sistema finanziario dovraฬ€ fare la sua parte. Per cogliere le opportunitaฬ€ connesse con il finanziamento della transizione energetica, gli intermediari dovranno dotarsi di adeguati modelli di valutazione dei rischi climatici, da incorporare nei propri processi operativi. Lโ€™obiettivo non eฬ€ abbandonare tout-court le attivitaฬ€ caratterizzate oggi da una piuฬ€ elevata impronta carbonica, ma assistere le aziende energivore, ogni volta che sia possibile e opportuno, nellโ€™intraprendere la strada di una decisa riduzione delle emissioni. Per andare in questa direzione saraฬ€ determinante che le imprese forniscano agli intermediari e agli investitori informazioni dettagliate e affidabili e predispongano piani di transizione credibili.

Gestire efficacemente le implicazioni connesse con lโ€™innovazione tecnologica eฬ€ unโ€™altra sfida cruciale per il sistema finanziario. La Banca dโ€™Italia sostiene e promuove lโ€™innovazione garantendo lโ€™efficienza e la sicurezza delle infrastrutture di mercato, lโ€™aggiornamento del quadro normativo e delle prassi per la gestione dei rischi, la tutela e lโ€™educazione finanziaria della clientela. Si tratta di presidi fondamentali per assicurare che il nostro paese benefici appieno della digitalizzazione dellโ€™economia e della finanza, minimizzandone i rischi.

In questo solco si inserisce anche la nuova sfida rappresentata, per lโ€™Eurosistema, dalla possibile introduzione dellโ€™euro digitale, al cui sviluppo concettuale e tecnico stiamo contribuendo attivamente. Il prossimo autunno il Consiglio direttivo della BCE decideraฬ€ se e come passare alla fase dedicata a definire le soluzioni tecniche e commerciali necessarie. Una decisione finale di procedere con la moneta pubblica digitale richiederaฬ€ in ogni caso lโ€™adozione del necessario impianto normativo da parte del Parlamento e del Consiglio dellโ€™Unione europea.

 

In condizioni di profonda incertezza, nellโ€™angoscia dellโ€™emergenza, tre anni fa ci chiedevamo quali effetti la pandemia avrebbe prodotto sui nostri comportamenti, sul sistema produttivo, il modo di lavorare, le abitudini di consumo. Riconoscendo di โ€œsapere di non sapereโ€, discutevamo, con dubbi profondi, di nuovi โ€œequilibriโ€ e nuova โ€œnormalitaฬ€โ€. E parlavamo del ruolo cruciale che straordinari interventi di bilancio e ingenti e tempestive misure di politica monetaria avrebbero avuto nellโ€™attutire e diluire nel tempo le conseguenze della crisi.

Ora, usciti dalla crisi sanitaria, recuperato il drammatico crollo della domanda e superato il โ€œdistanziamento socialeโ€, ci troviamo ad affrontare nuove sfide, nuove emergenze. Eฬ€ certamente lecito chiedersi quanto queste โ€“ dalle tensioni e dai rischi di natura geopolitica alle incertezze di natura economica e finanziaria, allo stesso ritorno dellโ€™inflazione โ€“ siano legate a quegli eventi e a quelle risposte. Nella storia, non solo economica, le analisi controfattuali sono ardue, ma non manchi, nellโ€™effettuarle, una buona dose di umiltaฬ€: quegli interventi, quelle misure non solo hanno contribuito a moderare gli effetti economici e sociali della crisi pandemica, ma hanno certamente avuto un ruolo cruciale nel trasformare in realtaฬ€ lโ€™impegno e la speranza di quando allora si diceva: โ€œinsieme ce la faremoโ€.

Per questo non possiamo dimenticare chi si eฬ€ sacrificato nella lotta, a volte impari, ai contagi. Non possiamo ignorare quanto la risposta cosiฬ€ rapida della ricerca abbia beneficiato dellโ€™assenza di invalicabili frontiere alla diffusione della conoscenza. Neฬ dobbiamo mancare di dare il giusto rilievo ai successi, anche logistici nonostante difficoltaฬ€ di varia natura, conseguiti dallโ€™attivitaฬ€ connessa con la produzione e la distribuzione dei vaccini, noncheฬ alla capacitaฬ€ di azione, anche in ambito sovranazionale.

Ma torniamo alle tensioni, alle incertezze, allโ€™inflazione. Su questโ€™ultima mi sono oggi espresso sottolineando ancora una volta lโ€™importanza di tenere dritta la barra della risposta monetaria, ma con la gradualitaฬ€ necessaria per lโ€™incertezza ancora non dissipata riguardo allโ€™evoluzione delle determinanti primarie dellโ€™accelerazione dei prezzi e ai comportamenti che ne possono prolungare durate ed effetti. Il rientro da condizioni di accomodamento monetario estremamente distese era certamente necessario; anche in questo caso ricordiamo, peroฬ€, il successo del contrasto dei rischi deflativi connessi con le crisi finanziarie, globale e dei debiti sovrani nellโ€™area dellโ€™euro. La normalizzazione monetaria e la restrizione del credito ci riporteranno a prezzi stabili; le ripercussioni sullโ€™economia della nostra area saranno tanto minori quanto piuฬ€ responsabili saranno i comportamenti di tutte le parti che contano, imprese, sindacati, governi.

Le conseguenze politiche, economiche e finanziarie del drammatico conflitto che ancora ha luogo in Ucraina, inconcepibile alla luce delle lezioni della storia del nostro Novecento e inaccettabile per la violazione dei basilari principi di diritto internazionale che ne erano seguiti, si annunciano profonde e di lunga durata. Bisogneraฬ€ farvi fronte, non abbandonando ma rafforzando lโ€™impegno nella cooperazione internazionale. Le grandi forze di cambiamento, le sfide dei nostri tempi hanno natura globale, non possono avere risposte parziali o non condivise. Soprattutto, nella competizione tra le nazioni bisogna rinunciare alla logica del gioco a somma zero, non tornare ai vecchi modelli di vinti e vincitori, ma operare per coinvolgere attori diversi โ€“ per storia, valori e prospettive โ€“ alla guida di future iniziative con lโ€™obiettivo di generare benefici diffusi per tutti.

Nellโ€™ultimo quindicennio il nostro paese ha dovuto affrontare sfide ed emergenze in una successione con pochi precedenti. In questa sede mi sono ripetutamente soffermato su come esse sono state fronteggiate, sui vincoli che hanno rallentato le nostre risposte, sui ritardi e gli errori commessi, sui successi ottenuti. Non entreroฬ€ quindi in particolari dettagli, la successione dei miei ricordi muovendo dalla crisi finanziaria globale a quella dei debiti sovrani e ai loro prolungati effetti, che ci hanno colto ancora una volta, con unโ€™efficace espressione allora avanzata, โ€œin controtempoโ€, dopo i ritardi accumulati nello scorcio del secolo scorso.

La pandemia ha colpito il Paese quando esso non aveva ancora pienamente recuperato i danni inferti da quella duplice crisi, quando ancora lโ€™introduzione lenta e frammentata delle necessarie riforme stentava a sciogliere i nodi che frenano il nostro sviluppo. Ma lโ€™Italia ha superato questa terza gravissima crisi, cosiฬ€ come lo shock energetico seguito allโ€™aggressione russa allโ€™Ucraina, meglio di quanto ci attendevamo. La ridefinizione dellโ€™organizzazione mondiale della produzione ora ci impone di rafforzare il nostro posizionamento internazionale ed evitare di essere spinti, come in anni non lontani, ai margini delle trasformazioni in corso. Queste non sono soltanto emergenze da affrontare; sono fattori che interagiscono con tendenze inarrestabili โ€“ ambientali, demografiche, tecnologiche โ€“ e che sono destinate a cambiare radicalmente gli assetti economici e sociali.

La portata di queste tendenze non puoฬ€ che generare incertezze. Nel considerare i rischi che vi sono associati, ci poniamo interrogativi sul futuro nel quale vivranno i bambini di oggi e quelli che ancora non sono nati, ci chiediamo come operare non solo per rispondere ai timori e alle resistenze a esse connesse, ma anche e soprattutto per cogliere le opportunitaฬ€ di cui sono foriere. Continueranno a emergere nuove forme di organizzazione del lavoro e della societaฬ€, nuovi stili di vita, nuovi modi di cooperare. Bisogneraฬ€ esserne consapevoli, innanzitutto a livello individuale, puntando come da tempo diciamo, sulla curiositaฬ€, lo studio, la conoscenza.

Per quanto riguarda lโ€™istituzione โ€œspecialeโ€ che ho servito, con ruoli diversi, per un cinquantennio e che mi appresto questโ€™anno a lasciare, sono sicuro che su tale consapevolezza sapraฬ€ fondare il suo operato anche negli anni a venire. Abbiamo sempre presente la necessitaฬ€ di fondare valutazioni e decisioni su informazioni e analisi il piuฬ€ possibile ampie e accurate. Questo, come disse Bonaldo Stringher nel 1900 (ce lo ricorda Gianni Toniolo nel volume sui primi cinquantโ€™anni della Storia della Banca dโ€™Italia da lui completato lo scorso anno poco prima di lasciarci cosiฬ€ allโ€™improvviso), con lโ€™intento esclusivo, in comune, non in dissidio, con lo Stato, โ€œdi migliorare le condizioni dellโ€™attivitaฬ€ nazionale e di migliorarne le sortiโ€. Estendiamo oggi questo intento, condividendolo nellโ€™Eurosistema, allโ€™area della cui stabilitaฬ€ monetaria e finanziaria da 25 anni condividiamo, nel โ€œgoverno dellโ€™euroโ€, la responsabilitaฬ€.

In effetti, come sappiamo da secoli, lโ€™acquisizione di questa consapevolezza deve avvenire anche a livello collettivo. Nelle parole del nostro sommo poeta: โ€œdice lo Filosofo che lโ€™uomo naturalmente eฬ€ compagnevole animaleโ€, per conseguire la โ€œvita felice … uno solo satisfare non puoฬ€โ€. Problemi come la riduzione del debito pubblico o lโ€™adozione di stili di vita coerenti con la difesa dellโ€™ambiente richiedono che la societaฬ€ li comprenda e faccia propri, non percheฬ โ€œce lo chiede lโ€™Europaโ€, ma percheฬ ci schermano dai rischi e dischiudono opportunitaฬ€. Eฬ€ a questo che va rivolta una nuova riflessione collettiva a tutti i livelli, per comprenderne lโ€™importanza e decidere insieme come governarne gli effetti. Lo stesso vale per lโ€™apertura internazionale, cosiฬ€ importante per la nostra economia e la nostra cultura, come anche sappiamo da secoli e nonostante il ritardo con cui negli ultimi decenni ne abbiamo tratto vantaggio.

Non siamo peroฬ€ solo โ€œanimali socialiโ€. Come scrive Yuval Noah Harari, ci contraddistingue la capacitaฬ€ โ€œnon solo di immaginare le cose, ma di farlo collettivamenteโ€. Questa capacitaฬ€ di immaginare il futuro saraฬ€ cruciale. Eฬ€ per questo che serve mantenere vivo il dialogo, rafforzare per quanto possibile la cooperazione in un mondo dove occorre garantire benefici economici, sanitari, di benessere, a tutti, e ridurre, non aumentare, le disparitaฬ€. Spetta proprio ai piuฬ€ giovani, meno condizionati dal passato, immaginare quel mondo, individuarne le opportunitaฬ€. Andranno ascoltati, aiutati dalle altre generazioni a formarsi, senza vincoli, per tradurre in interventi realistici gli schemi che sapranno elaborare per un mondo futuro, non piuฬ€ povero, ma piuฬ€ sicuro e piuฬ€ giusto”.

 

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