La presidente della Bce Christine Lagarde ha parlato al termine della riunione del board. Ecco il suo intervento:
“Buon pomeriggio, insieme al Vicepresidente vi do il benvenuto a questa conferenza stampa. Desidero ringraziare il Governatore Stournaras per la cordiale ospitalità ed esprimere particolare gratitudine al personale della banca centrale greca per l’eccellente organizzazione della riunione odierna del Consiglio direttivo.
Bce, Lagarde: “Economia resterà debole per il resto dell’anno”
Il Consiglio direttivo ha deciso oggi di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Le nuove informazioni hanno confermato sostanzialmente la nostra valutazione precedente circa le prospettive di inflazione a medio termine. Ci si attende tuttora che l’inflazione resti troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato; inoltre perdurano le forti pressioni interne sui prezzi. Al tempo stesso, l’inflazione ha registrato un netto calo a settembre, ascrivibile anche ai forti effetti base, e gran parte delle misure dell’inflazione di fondo ha continuato a diminuire. I passati incrementi dei nostri tassi di interesse seguitano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento, frenando in misura crescente la domanda e contribuendo pertanto alla riduzione dell’inflazione.
Siamo determinati ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione al nostro obiettivo del 2% a medio termine. In base alla nostra attuale valutazione, riteniamo che i tassi di interesse di riferimento della BCE si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo. Le nostre decisioni future assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario.
Continueremo a seguire un approccio guidato dai dati per determinare livello e durata adeguati della restrizione. In particolare, le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla nostra valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria.
Spiegherò ora in modo più approfondito come valutiamo l’evoluzione dell’economia e dell’inflazione, per poi passare alle condizioni finanziarie e monetarie.
L’economia dell’area dell’euro resta debole. Le informazioni recenti indicano la continua contrazione del prodotto nel settore manifatturiero. La moderata domanda esterna e l’inasprimento delle condizioni di finanziamento gravano in misura crescente sulla spesa per investimenti e consumi. Anche il settore dei servizi mostra un’ulteriore perdita di vigore, da attribuire principalmente all’indebolimento dell’attività industriale che si propaga ad altri settori, all’attenuarsi dello stimolo derivante dagli effetti delle riaperture e all’ampliarsi dell’impatto dei più elevati tassi di interesse. È probabile che l’economia rimanga debole nella parte restante dell’anno. Tuttavia, con l’ulteriore diminuzione dell’inflazione, la ripresa dei redditi reali delle famiglie e l’aumento della domanda di esportazioni dell’area dell’euro, l’attività dovrebbe rafforzarsi nei prossimi anni.
L’economia è stata finora sostenuta dal vigore del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione si è attestato al minimo storico del 6,4% ad agosto. Al tempo stesso, vi sono segnali di un indebolimento del mercato del lavoro. Diminuisce il numero dei nuovi occupati, anche nel settore dei servizi, coerentemente con la graduale trasmissione del raffreddamento dell’economia all’occupazione.
Con il venir meno della crisi energetica i governi dovrebbero continuare a ritirare le relative misure di sostegno. Ciò è essenziale per evitare di sospingere al rialzo le pressioni inflazionistiche di medio termine, rendendo altrimenti necessaria una politica monetaria ancora più restrittiva. Le politiche di bilancio dovrebbero essere concepite per rendere la nostra economia più produttiva e ridimensionare gradualmente il debito pubblico elevato. Le riforme strutturali e gli investimenti volti a migliorare la capacità di offerta dell’area dell’euro, che beneficerebbe della piena attuazione del programma Next Generation EU, possono contribuire a ridurre le spinte sui prezzi nel medio periodo, sostenendo al tempo stesso le transizioni ecologica e digitale. A tal fine, la riforma del quadro di governance economica dell’UE dovrebbe essere conclusa entro la fine di quest’anno e andrebbero accelerati i progressi verso l’unione dei mercati dei capitali e il completamento dell’unione bancaria.
A settembre l’inflazione si è ridotta al 4,3%, livello inferiore di quasi un intero punto percentuale rispetto ad agosto. Nel breve periodo è probabile che diminuisca ulteriormente, poiché i bruschi rincari dell’energia e degli alimentari registrati nell’autunno 2022 non rientreranno più nel calcolo dei tassi sul periodo corrispondente. La flessione di settembre è stata generalizzata. L’inflazione dei beni alimentari è scesa ancora, benché rimanga storicamente elevata. I prezzi dell’energia si sono ridotti del 4,6% sui dodici mesi, ma più di recente sono tornati ad aumentare e sono meno prevedibili alla luce delle nuove tensioni geopolitiche.
L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare è diminuita, portandosi al 4,5% a settembre dal 5,3% di agosto. Questa diminuzione è stata favorita dal miglioramento delle condizioni dell’offerta, dalla trasmissione dei precedenti ribassi delle quotazioni dell’energia e dall’impatto della politica monetaria più restrittiva sulla domanda e sul potere delle imprese di determinare i prezzi. I tassi di inflazione dei beni e dei servizi hanno registrato una sostanziale contrazione, al 4,1% e al 4,7% rispettivamente, dovuta per quanto riguarda i servizi anche a pronunciati effetti base. Le pressioni sui prezzi nei settori del turismo e dei viaggi si starebbero attenuando.
La maggior parte delle misure dell’inflazione di fondo continua a scendere. Allo stesso tempo, le spinte interne sui prezzi restano forti, anche di riflesso alla crescente importanza dell’incremento delle retribuzioni. Le misure delle aspettative di inflazione a più lungo termine si collocano perlopiù intorno al 2%. Nondimeno, alcuni indicatori rimangono elevati e vanno seguiti con attenzione.
I rischi per la crescita economica restano orientati al ribasso. L’espansione economica potrebbe risultare inferiore se gli effetti della politica monetaria si rivelassero più forti delle attese. L’indebolimento dell’economia mondiale peserebbe anche sulla crescita. La guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto causato dagli attacchi terroristici in Israele sono le principali fonti di rischio geopolitico. Di conseguenza, imprese e famiglie potrebbero perdere fiducia e nutrire maggiore incertezza riguardo al futuro e la crescita potrebbe indebolirsi ulteriormente. Per converso, l’espansione economica potrebbe rivelarsi maggiore delle attese se, grazie alla perdurante tenuta del mercato del lavoro e all’incremento dei redditi reali, famiglie e imprese riacquistassero fiducia e aumentassero la spesa, oppure se l’economia mondiale crescesse più di quanto atteso.
I rischi al rialzo per l’inflazione potrebbero derivare da un aumento dei costi dei beni energetici e alimentari. Le accresciute tensioni geopolitiche potrebbero sospingere al rialzo i prezzi dell’energia nel breve periodo, rendendo più incerte le prospettive di medio termine. I fenomeni meteorologici estremi, e l’evoluzione della crisi climatica più in generale, potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari più delle attese. Un incremento duraturo delle aspettative di inflazione al di sopra del nostro obiettivo oppure aumenti delle retribuzioni o dei margini di profitto maggiori di quanto anticipato potrebbero inoltre sospingere al rialzo l’inflazione, anche nel medio termine. Per contro, l’indebolimento della domanda, attribuibile ad esempio a una più intensa trasmissione della politica monetaria o a un deterioramento del contesto economico nel resto del mondo a fronte dei maggiori rischi geopolitici, allenterebbe le pressioni sui prezzi, soprattutto nel medio periodo.
I tassi di interesse a più lungo termine sono aumentati marcatamente dalla nostra ultima riunione, rispecchiando i forti incrementi nelle altre principali economie. La nostra politica monetaria continua a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento generali. La provvista è divenuta più onerosa per le banche e i tassi di interesse sui prestiti alle imprese e sui mutui ipotecari sono tornati ad aumentare ad agosto, portandosi rispettivamente al 5,0% e al 3,9%.
I più elevati tassi di indebitamento, insieme alla connessa riduzione dei piani di investimento e degli acquisti di abitazioni, hanno determinato un ulteriore brusco calo della domanda di credito nel terzo trimestre, come rilevato dalla nostra ultima indagine sul credito bancario. Inoltre, i criteri per la concessione di prestiti a imprese e famiglie hanno registrato un ulteriore inasprimento. Le banche nutrono maggiori timori circa i rischi a cui è esposta la clientela e sono da parte loro meno disposte ad assumere rischi.
In tale contesto la dinamica del credito si è indebolita ulteriormente. Il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle imprese ha subito un brusco calo, passando dal 2,2% di luglio allo 0,7% di agosto e allo 0,2% di settembre. I prestiti alle famiglie sono rimasti contenuti, con un tasso di incremento dell’1,0% ad agosto e dello 0,8% a settembre. A seguito del debole andamento del credito e della riduzione del bilancio dell’Eurosistema, il tasso di variazione sui dodici mesi di M3 è sceso al -1,3% ad agosto, il livello più basso osservato dall’introduzione dell’euro, e si è attestato al -1,2% a settembre.
Il Consiglio direttivo ha deciso oggi di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Le nuove informazioni hanno confermato sostanzialmente la nostra valutazione precedente circa le prospettive di inflazione a medio termine. Ci si attende tuttora che l’inflazione resti troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato; inoltre perdurano le forti pressioni interne sui prezzi. Al tempo stesso, l’inflazione ha registrato un netto calo a settembre, ascrivibile anche ai forti effetti base, e gran parte delle misure dell’inflazione di fondo ha continuato a diminuire. I passati incrementi dei nostri tassi di interesse seguitano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento, frenando in misura crescente la domanda e contribuendo pertanto alla riduzione dell’inflazione.
Siamo determinati ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione al nostro obiettivo del 2% a medio termine. In base alla nostra attuale valutazione, riteniamo che i tassi si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione al nostro obiettivo. Le nostre decisioni future assicureranno che i tassi di riferimento della BCE siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a garantire tale ritorno tempestivo. Continueremo a seguire un approccio guidato dai dati per determinare livello e durata adeguati della restrizione.
In ogni caso, siamo pronti ad adeguare tutti gli strumenti nell’ambito del nostro mandato per assicurare che l’inflazione ritorni al nostro obiettivo di medio termine e per preservare l’ordinato funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria”.
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