lunedì 8 Luglio 2024

“Stretta sui tassi e rischio recessione: doppio allarme dei grandi gestori”, è l’apertura de Il Sole 24 Ore. Da Pimco a Ubs, i big globali vedono un futuro nero per le attese economiche. Le mosse delle banche centrali spaventano le Borse e allontanano le quotazioni.

Caro tassi e mina recessione. Allarme dei grandi gestori

A pagina 2: “Caro tassi e mina recessione. Allarme dei grandi gestori”.

Le forze economiche continuano per il momento a mostrare una solidità insospettabile, come si è visto anche in alcuni dei dati sul mercato del lavoro Usa, ma in questo modo non fanno altro che alimentare attese di ulteriori rialzi dei tassi delle Banche centrali per calmierare i prezzi – si legge sul quotidiano economico -. L’azione di queste ultime potrebbe in seguito rivelarsi un boomerang, innescando una recessione ben più pesante delle attese e di quanto le stesse autorità di politica monetaria si augurino (non a parole, ma verosimilmente nelle intenzioni) sia necessaria per ricondurre l’inflazione nei ranghi. Lo scetticismo degli economisti Esemplari in questo senso le parole di Daniel Ivascyn, responsabile degli investimenti di Pimco, che in un’intervista al Financial Times ha ribadito pochi giorni fa di temere un «atterraggio duro» per l’economia, collegandolo senza mezzi termini ai nuovi aumenti dei tassi che la Federal Reserve (ma anche la Bce) stanno tuttora preparando. Come avviene di norma, misure del genere avranno un impatto ritardato di 5-6 trimestri: uno scarto temporale che contribuisce ad «aumentare l’incertezza» e accresce il rischio di «prospettive economiche più estreme».

«Con un rapporto fra prezzo e utili delle quotate superiore a 19 punti, Wall Street è troppo ottimista sulla prospettiva che la Fed possa combinare un rapido calo dell’inflazione con una crescita relativamente resistente e ottenere così un atterraggio morbido per l’economia statunitense», sottolinea Matteo Ramenghi, responsabile degli investimenti per l’Italia di Ubs Wm.

«Probabilmente ci saranno altri due aumenti dei tassi d’interesse quest’anno e i tagli dovranno essere rimandati al prossimo», sostiene a proposito degli Stati Uniti Steven Bell, capoeconomista di Columbia Threadneedle. Per rinforzare poi il legame appena ricordato e giungere alla conclusione che «una lieve recessione dovrebbe essere sufficiente a togliere pressione alle tensioni del mercato del lavoro e quindi a ridurre l’inflazione salariale, consentendo ai prezzi di continuare a scendere verso l’obiettivo della Fed».

 

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