“Mutui, la corsa dei tassi ha già bruciato il 25% del potere di acquisto”. Così titola stamattina in prima pagina Il Sole 24 Ore.
A pagina 5: “Case, la corsa dei mutui ha già divorato il 25% del potere d’acquisto”. La simulazione. Un anno fa una rata da 527 euro era sufficiente per avere un immobile da 200mila euro, oggi da 148mila. L’effetto sui prezzi.
Il bivio: oggi la scelta è tra un tasso fisso intorno al 3,5% su durate a 30 anni o un variabile agganciato all’Euribor.
Di certo – scrive Vito Lops – chi opta per il fisso si assicura dal rischio che arrivi una seconda ondata di inflazione e che la Bce debba alzare i tassi oltremisura. Chi opta per il variabile si aggancia al ciclo economico, confidando sul fatto che qualora la Bce dovesse essere costretta a tirare troppo la leva sui tassi potrebbe innescare una dura recessione (hard landing) che, a quel punto e manuali alla mano, dovrebbe portare giù inflazione e, a ruota, tassi. Quello dei mutuatari a tasso variabile (una netta minoranza stando alle ultime rilevazioni di MutuiSupermarket.it secondo cui il 90% delle ultime richieste sono appannaggio del fisso) è in fin dei conti, traslato nel mondo degli investimenti attivi, lo stesso dubbio che hanno gli investitori se si chiedono se questi livelli siano interessanti per tornare ad acquistare obbligazioni, dopo la violenta caduta (dei prezzi) con conseguente impennata dei rendimenti nell’orribile 2022. Mutui (a tasso variabile) e obbligazioni (a tasso fisso) si muovono bene in un ambiente di rallentamento economico e disinflazione.
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