“Giovani, il 35% pronto a espatriare”. Così apre l’edizione odierna de Il Sole24 Ore.
A pagina 2: “Allarme giovani, il 35% degli under 30 è pronto a lasciare l’Italia per avere salari più alti”.
Allarme giovani, il 35% degli under 30 è pronto a lasciare l’Italia per avere salari più alti
La “generazione Z” rappresenta una risorsa cruciale per il futuro dell’Italia e della sua economia, ma c’è il rischio concreto di perderla – si legge sul quotidiano -. Un terzo dei giovani sotto i 30 anni, ovvero il 35%, infatti, è disposto a lasciare l’Italia in cerca di migliori opportunità lavorative e salari più elevati. L’85% dei giovani considera la possibilità di trasferirsi, sia all’estero che in altre regioni italiane, dimostrando così un forte spirito di iniziativa (solo il 15% non prevede di spostarsi).
Una tendenza che segnala il fallimento delle politiche governative basate su bonus temporanei e incentivi sporadici. La gravità di questa fuga di cervelli è stata evidenziata in un’indagine di Ipsos per la Fondazione Raffaele Barletta, che verrà presentata a Roma il prossimo mercoledì 10 luglio. Altre ricerche di Istat, Almalaurea, Svimez e Bankitalia hanno rafforzato questi allarmi, mostrando come tra il 2008 e il 2022 circa 525mila giovani abbiano cercato all’estero opportunità di lavoro più promettenti, con solo un terzo di loro che è ritornato in Italia.
Particolarmente allarmante è la situazione dei laureati: il 4% dei neolaureati e il 5,5% dopo cinque anni dalla laurea lavorano all’estero, e il 70% di questi esclude significativamente un rientro in Italia, attratti da salari nettamente superiori. Ad esempio, i laureati che lavorano all’estero guadagnano, a un anno dal conseguimento del titolo, una media di 2.174 euro al mese, il 56,1% in più rispetto ai 1.393 euro di chi resta in Italia. Questa discrepanza aumenta ulteriormente con il passare degli anni.
L’Istat prevede che entro il 2040 la popolazione in età lavorativa si ridurrà di 5,4 milioni di persone, nonostante un afflusso netto dall’estero di 170mila persone all’anno, un calo che potrebbe ridurre il PIL del 13%. Il Nord Italia riesce in qualche modo a bilanciare queste perdite attrarre giovani dal Sud, che però continua a soffrire una perdita netta di talenti. Questa doppia dinamica mette a dura prova la stabilità del Paese, specialmente quando i professionisti che emigrano appartengono a settori ad alto valore aggiunto come medicina, ingegneria e ICT.